ALLA RICERCA DEL GIAGGIOLO PERDUTO
Convegno sulle erbe officinali ed aromatiche in provincia di Firenze – Un mercato in crescita del 7% annuo. - Come rilanciare la filiera e farle vincere la sfida contro la chimica e l’Oriente
Fino all’inizio degli anni ’90 il giaggiolo, simbolo di Firenze, era anche una importante materia prima per l’industria profumiera, soprattutto d’Oltralpe. Poi la concorrenza dei produttori nordafricani e dell’Estremo oriente e i miracoli della chimica hanno fatto sì che i giaggioli nostrani perdessero quasi completamente il loro mercato.
Ora però, mentre cresce la domanda di piante officinali ed aromatiche (la tendenza nel nostro Paese è di un +7% annuo), il territorio fiorentino si caratterizza per le sue condizioni climatiche favorevoli alla coltivazione di specie officinali di una più elevata qualità. Ed anche il giaggiolo può tornare ad essere, nel Chianti come nel Mugello e nel Valdarno, fonte di reddito per gli agricoltori.
Il valore del mercato nazionale è di circa 2 miliardi di euro. Le vendite nelle erboristerie (che sono 4.500, mentre vendono prodotti erboristici anche 6.500 farmacie) assommano a 700 milioni. I compratori occasionali sono 23 milioni e quelli abituali 11,5 milioni. 9 milioni di italiani si curano con la medicina non convenzionale.
Annualmente vengono prodotte 4.000 tonnellate di erbe. Le aziende specializzate sono 330, con 12.000 addetti. 136 le aziende produttrici in Toscana, 17 delle quali specializzate. 25 le aziende in provincia di Firenze, sparse in tutte le aree (con il Mugello e il Chianti in maggiore evidenza) su una estensione molto modesta: appena 7,6 ettari.
Per aprire un confronto fra amministratori, ricercatori e operatori economici per rilanciare la filiera produttiva delle pianti officinali, l’Amministrazione provinciale, insieme al Dipartimento di Economia agraria dell’Università, ha organizzato alla Officina Profumo–Farmaceutica di Santa Maria Novella un convegno su “Le erbe officinali ed aromatiche in provincia di Firenze”.
I lavori sono stati aperti dagli interventi del direttore dell’Officina di Santa Maria Novella Eugenio Alphandery, dell’assessore provinciale all’agricoltura Luigi Nigi e del professor Silvio Menghini.
Franco Francesco Vinceri, Concetta vazzana, Gianluca Stefani e Manuela Nelli, Rita Pierotti, Fabrizio Morgenni, Elena Facdouelle, Gionni Pruneti e Lapo Baglioni hanno poi trattato sia temi generali della ricerca, dell’economia e della produzione sia aspetti particolari.
Per il giaggiolo, che viene impiegato, dopo la distillazione, prevalentemente come fissante per i profumi, il rilancio passa – si è detto oggi - attraverso la creazione di un “brand” che faccia risaltare la superiorità del rizoma fiorentino sui suoi concorrenti e lo faccia affermare come valore aggiunto superiore dei prodotti in cui viene impiegato.
Identici percorsi quelli delineati per le altre officinali: sottolineare marchi e legame col territorio per catturare in nome della qualità la domanda in crescita. E mescolare tradizione e innovazione, come nel caso della “balsamite”, un’antica erba dalle qualità calmanti e digestive dalla quale si traeva l’”acqua antistorica” e che ora si continua a produrre soprattutto nella zona di Barberino di Mugello, area favorevolissima alle officinali, che danno spesso il meglio di sé nei terreni poveri.
“La provincia di Firenze – ha rilevato nel suo intervento l’assessore Nigi - è caratterizzata da un territorio nel quale una agricoltura di qualità recita un ruolo fondamentale. Scelte di sviluppo competitivo del settore nel nome della qualità in uno scenario oggi ispirato ai principi dello sviluppo sostenibile consentono di conciliare i principi di salvaguardia ambientale con quelli di crescita economica. Nella nostra tradizione rurale non ci sono solo la vite e l’olivo. Le piante officinali costituiscono una risorsa naturale da sempre utilizzata che da qualche tempo dimostra un rinnovato e crescente interesse sia culturale che economico. Il consumo di piante medicinali ed aromatiche da parte delle industrie farmaceutiche, erboristiche, alimentari, cosmetiche, liquoristiche è in continuo aumento in tutto il mondo, ma nel nostro Paese l’intero comparto risulta penalizzato dalla competitività esercitata in termini di prezzo dal prodotto importato dai paesi dell’Europa dell’Est e extracomunitari. Tuttavia, in questi ultimi tempi le industrie utilizzatrici esprimono una sempre più elevata preferenza per standard qualitativi superiori, tornando ad apprezzare la qualità dell’offerta interna”.
“Le caratteristiche climatiche e quelle dei suoli – ha poi sottolineato Nigi - rendono il territorio fiorentino altamente vocato alla coltivazione di piante officinali, fatto confermato dalla storia, che ha avuto in Firenze un attivo ed importante centro commerciale per queste produzioni agricole. Soprattutto l’Iris, fiore simbolo di Firenze e caratteristico elemento del paesaggio delle colline, dopo un lungo periodo di abbandono è ritornato ad essere un prodotto intorno al quale si sono riaccesi specifici interessi e prospettive di mercato. Anche le politiche comunitarie favoriscono iniziative capaci di diversificare gli ordinamenti colturali, promuovere le coltivazioni a basso o nullo impatto ambientale tutelando la biodiversità. La rivitalizzazione delle produzioni officinali rappresenta un’ulteriore opportunità per contribuire allo sviluppo rurale della provincia fiorentina. Un’operazione comunque impegnativa, che presuppone il recupero di specifiche competenze professionali e la ricostruzione di una filiera locale”.
“L’agricoltura svolge per il territorio fiorentino – ha aggiunto infine il professor Menghini – una funzione ambientale e sociale, oltre a quella economica. Il rilancio della filiera delle piante officinali ed aromatiche va sostenuto per questo con strumenti che non sono solo quelli del mercato”.