BATTAGLIA DI ANGHIARI
LA RELAZIONE DEL PROFESSOR RAB HATFIELD
Dove si trova l'affresco, perchè è possibile un recupero
Nei Ricordi di Bartolomeo Cerretani, pubblicati dodici anni fa — dodici anni fa! — leggiamo:
In questo tempo Lionardo da Vinci, maestro grandissimo et fiorentino di pittura, cominciò a dipignere la Sala del Consiglio in quella faccia sopra dove stanno e 12 Buoni Huomini, et fessi amattonare quel’andito del Palazo in Sala con matoni quasi tonddi, et apichòsi in Sala detta nove bandiere toltte al signore Bartolomeo d’Alviano più giorni fa.
Rileggo la parte più importante:
Im questo tempo . . . Lionardo . . . cominciò a dipignere la Sala del Consiglio in quella faccia sopra dove stanno e 12 Buoni Huomini.
La Sala è quella che oggi, molto trasformata, chiamiamo il Salone dei 500 — in Palazzo Vecchio, naturalmente. Ai tempi di Leonardo si diceva “Sala Grande” e “Palazzo dei Signori” (o semplicemente “Palazzo”). Il tempo di cui parla il Cerretani è l’estate del 1505 (le nove bandiere furono appese in Sala il 19 agosto di quell’anno). I Dodici Buonuomini costituivano uno dei due “Collegi” della Signoria della Repubblica Fiorentina e, come vedremo, stavano accanto ai Signori nella Sala Grande.
Il dipinto, che aveva per soggetto la cattura di una bandiera da parte di due soldati fiorentini e sarebbe diventato parte di una immensa pittura murale rappresentante la Battaglia di Anghiari, era una delle massime espressioni della pittura italiana del Rinascimento — nonché dell’arte di tutti i tempi. Scrivando del cartone preparatorio nel 1564, quando il dipinto ancora si vedeva, lo storico Benedetto Varchi disse:
E Lionardo vi fece un gruppo tanto terribile, e in così nuova maniera, che insino all’hora non s’era veduto cosa non che più bella, che a gran pezzo la pareggiasse.
Benvenuto Cellini lo descrive come:
una battaglia di cavalli con certa presura di bandiere, tanto divinamente fatti quanto imaginar si possa . . . era bellissima e mirabile.
Nel 1549, scrivendo ad un amico che doveva visitare Firenze, Anton Francesco Doni disse come segue:
E entrato in Palazzo . . . e salito le scale della Sala Grande, diligentemente date una vista a un gruppo di cavalli e d’uomini, che vi parrà una cosa miracolosa.
Questa “cosa miracolosa,” “tanto divinamente fatt[a] quanto imaginar si possa,” forse esiste ancora. E per sapere dove Leonardo l’ha cominciata, basta stabilire dove stavano i Dodici Buonuomini e quanto spazio prendevano — impresa che non dovrebbe essere tanto difficile. Io spero di potervi convincere che ci sono già riuscito. Ma anche se ho fatto degli errori e mi sto ingannando, la soluzione corretta verrà fuori prima o poi. Che un serio tentativo verrà fatto di ritrovare il famoso dipinto è quindi inevitabile. È solo questione di tempo — speriamo breve.
Cercherò adesso di convincervi che:
1) I Signori e Collegi della Repubblica Fiorentina stavano al centro del muro est della Sala Grande, cioè nel centro del muro che ci sta di fronte quando entriamo in Sala. O, se volete, intorno a dove si trova ora la Vittoria di Michelangelo.
2) I Dodici probabilmente stavano alla sinistra dei Signori, cioè alcuni metri verso la nostra destra (o verso Via della Ninna) quando guardiamo verso il centro del muro est.
3) Lo spazio in cui stavano i Dodici probabilmentre cominciava a non più di 6,2 metri dal centro del muro.
4) Questo spazio in cui stavano i Dodici probabilmente prendeva non più di 4 metri e mezzo.
5) Il dipinto di Lenardo aveva un’area di poco meno di 15 metri quadri e pertanto una larghezza di un po’ meno di 5 metri e un’altezza di quasi 3. Questo è molto importante: cerchiamo un oggetto largo poco meno di 5 metri e alto quasi 3 — quindi abbastanza grande.
6) Il dipinto si trovava piuttosto in alto ma non in cima al muro, che allora aveva un’altezza di 11 metri.
Adesso cercherò di fondare queste conclusioni una per una. Cercherò di indicare il più possibile quando le mie informazioni si basano su una documentazione sicura. Dovrò citare parecchie cifre; per questo voglio scusarmi; spero che capirete che per una ricerca di questo tipo sono assolutamente fondamentali. Finalmente mi scuso per il mio italiano; avevo speranze di fare ripassare questa relazione da qualcuno che sapesse scrivere correttamente — magari anche con un po’ di eleganza — ma purtroppo non c’era tempo.
C’è stata una tendenza negli ultimi decenni di affermare che i Signori della Repubblica Fiorentina — e pertanto anche i Collegi — stavano nel centro del muro ovest della Sala Grande, cioè dove oggi c’è l’entrata. Giorgio Vasari invece dice che essi si trovavano a est. Dice inoltre che la tribuna della Signoria era fiancheggiato da porte che che nel mezzo del muro c’erano due finestre. E dice bene, perché da materiali saltati nella pubblicazione fondamentale della documentazione della Sala di Karl Frey del 1909, risulta che infatti c’erano due “porticciuole” che separavano i Signori dai Dodici da un lato e dall’altro Collegio, conosciuto come i Sedici Gonfalonieri delle Compagnie, dall’altro; nonché che sopra alla tribuna dei Signori, che allora si chiamava la loro “residenza”, c’erano delle finestre. Non solo. Tali finestre si sono rimurate negli ultimi mesi del 1504, e cioè circa mezz’anno prima che Leonardo ha cominciato a dipingere.
? Ora, vi sembra probabile che il Vasari, che ha passato più di dieci anni a ristrutturare e ridecorare la Sala Grande, non si sia accorto di tracce della tribuna, o della cappella che le stava di fronte, o delle porticciuole, o delle finestre? Il Vasari ha probabilmente conosciuto la Sala durante gli anni 1527-1529, quando essa ancora serviva per il Consiglio Maggiore e probabilmente aveva un arredamento molto simile a quello conosciuto da Leonardo, in quanto Baccio d’Agnolo, il legnaiuolo-architetto che ha restaurato la Sala dopo la seconda cacciata dei Medici nel 1527, era lo stesso che l’aveva smontato nel 1512, quando i Medici sono rientrati una prima volta. Il Cerretani ci dice che in quell’occasione i legnami si sono portati altrove ma non distrutti.
In breve, quello che narra il Vasari deve essere in gran parte esatto. Ma non abbiamo bisogno del suo testimonio per provare che i Signori e Collegi stavano a est. Dietro alle due porticciuole accanto alla tribuna della Signoria c’erano ovviamente degli spazi. Queste stanze, che sono ampiamente documentate e servivano per lo più per scopi elettorali, erano communicanti tra di loro. In più vi ricorderete che sopra alla tribuna c’erano almeno due finestre fino a quando esse non si sono rimurate alla fine del 1504. Grazie all’architetto Giovanni Micheli e all’Ingegnere Seracini, abbiamo delle informazioni abbastanza precise sul muro ovest della Sala. In questo muro c’erano almeno quattro finestre, le quali erano alte 4 metri e mezzo e poste ad un’altezza di 1,7 metri — cioè, erano piccole e basse. Ora, una finestra posta a 1,7 metri difficilmente poteva stare dove c’era una stanza dietro, né poteva stare sopra la tribuna della Signoria, la quale doveva avere un’altezza di almeno 4 metri e mezzo. Né si sono mai ritrovate tracce di due porticciuole nel muro ovest della Sala.
Pertanto: i Signori e Collegi, e con loro il dipinto divinamente fatto di Leonardo, si trovavano sicuramente a est.
Or ci rivolgiamo ai Dodici. Tutto ciò che sappiamo dei due Collegi ci indica che i Dodici venivano considerati meno importanti dei Sedici. E la persona o le persone più importanti generalmente stanno a destra. Per esempio: nel “Credo” che molti di voi reciterete Cristo sta seduto alla destra del Padre. Altro esempio: dove ci sono Cristo, Maria, e San Giovanni insieme, troviamo che Cristo è sempre al centro e la Maria alla sua destra. E così via. I Dodici pertanto dovevano stare alla sinistra della Signoria, cioè alla nostra destra quando guardiamo verso il centro del muro.
Due ulteriori considerazioni sembrano confermare questa ipotesi. Prima: In tutte le copie dell’impareggiabile dipinto di Leonardo, la luce arriva, un po’ insolitamente, da destra. Ora, troviamo spesso nell’arte del Rinascimento che i pittori fanno coincidere le fonti della luce che sembra arrivare nel dipinto con quelle vere che si trovano nell’ambiente in cui il dipinto si trova. In altre parole, la luce nei quadri sembra venire dalle vere finestre. Se il “terribile” dipinto di Leonardo si trovava verso destra sul muro est, la fonte appariscente dell’illuminazione più vicina infatti sarebbe stata le grandi finestre poste sul muro sud, cioè quelle su Via della Ninna. (Ricordiamoci che le finestre nel muro in cui Leonardo dipingeva non esistevano più.) Seconda: Sappiamo da documenti per la maggior parte pubblicati dal Frey che c’erano due “anditi” o corridoi che dall’entrata principale della Sala portavano una alla tribuna della Signoria e l’altra alla cappella di fronte ad essa. L’entrata principale si trovava nell’angolo nordovest della Sala. Da uno dei documenti impariamo che uno di questi corridoi passava davanti ai Gonfalonieri, cioè i Sedici. Sicché i Sedici dovevano stare a nord, cioè a destra, della Signoria. I Dodici, invece, dovevano stare alla sinistra di essa, che per noi vuole dire un po’ a destra sul muro est, o se volete un po’ verso Via della Ninna.
E, allora, quanto a destra stavano i Dodici? In una dichiarazione ben conosciuta di quanto aveva guadagnato Baccio d’Agnolo per diversi lavori eseguiti nella Sala, leggiamo che lui ha fatto 12 braccia di architrave, fregio, e cornice per la tribuna della Signoria. 12 braccia corrispondevano a 7 metri. Se l’architrave, fregio, e cornice correvano diritte, senza angoli, allora la larghezza della tribuna era di 7 metri. Se invece esse decoravano, diciamo, i tre lati di una copertura sporgente tipo baldacchino, allora la larghezza della tribuna era minore, ma certamente di non meno di 8 braccia o 4,7 metri.
Accanto alla tribuna, ricordiamo, c’era una porticciuola. Le porticciuole che ancora oggi danno accesso alla Cappella della Signoria misurano 120 centimetri compresi gli stipiti. Con un poco di muro a ciascun lato siamo forse a 170 centimetri.
E poi viene lo spazio occupato dai Dodici, che poteva iniziare ad una distanza dal centro del muro che dovrebbe essere compreso tra i 3,7 ed i 6,2 metri. Dati i cambiamenti e le irregolarità della Sala, non sappiamo dove si trovava il centro del muro in epoca repubblicana. Comunque esso non poteva essere molto distante da dove si trova oggi. Se l’Ingegnere Seracini riesce a ritrovare o le porticciuole o le finestre, avremo la posizione esatta.
Quanto era grande lo spazio riservato ai Dodici? Secondo il Vasari, i magistrati della Repubblica (con eccezione, ovviamente, dei Signori) stavano su una ringhiera di legno alta e profonda tre braccia (1,75 metri) con “sederi a uso di teatro” (sue parole, ovviamente), che correva tutto intorno alla Sala. Ciò lascerebbe supporre che i magistrati erano seduti in due filari e che i Dodici, pertanto, prendevano da 3,1 a 4,5 metri, calcolando per ciascuno di loro lo stesso spazio che deve avere preso ciascuno dei Signori. Da un documento tralasciato dal Frey risulta che la misura data dal Vasari per l’altezza della ringhiera potrebbe essere esatta. Per la misura che egli dà per la profondezza, che è quella che ci interessa, possiamo solo sperare che sia giusta. Alcune altre considerazioni ci portano a credere che lo sia. Sembra difficile, per esempio, che l’immenso numero dei magistrati fiorentini si sia potuto accomodare in un solo filare. E la Sala del Maggior Consiglio di Venezia, ovvio modello della Sala fiorentina, aveva due filari di sedie per i magistrati che correva tutto intorno. Se invece a Firenze di filari ce n’era uno solo, le cifre che vi o appena date ovviamente vanno raddoppiate, e i Dodici hanno occupato da 6,2 a 9 metri di spazio.
Riassumendo: Leonardo da Vinci probabilmente ha cominciato a dipingere in una zona che doveva cominciare tra 3,7 e 6,2 metri e finire tra 6,8 e 10,7 metri a destra del centro della Sala Grande. Quello che definiremo la “zona calda” dovrebbe trovarsi tra i 5 ed i 9 metri dal centro. È questa la zona in cui Leonardo deve avere cominciato. Ora, a giudicare dalle copie, lui ha lavorato da sinistra a destra. Il guerriero più a destra non è stato dipinto, né è state dipinta la bandiera, che sarebbe venuta a destra. La scena, dipinta in così nuova maniera, si è probabilmente estesa verso destra man mano che Leonardo procedeva, forse superando di qualche metro le distanze che vi ho appena date, e cioè forse finendo fino a 15,7 metri a destra del centro del muro.
E allora quanto era grande il bellissimo dipinto che dovava trovarsi entro questo spazio che probabilmente cominciava a non meno di 3,7 e finiva a non più di 15,7 metri dal centro del muro — questo spazio di non più di 12 metri, insomma? Dare una risposta è cosa facilissima: il mirabile dipinto aveva una superficie di un po’ meno di 15 metri quadri. Questo semplice fatto si desume da un altro documento saltato dal Frey, il quale aveva, avrete notato, un grande talento per tralasciare quelli importanti. A voi potrebbe sembrare che io ce lo con il Frey, ed avete ragione. Ma gli sono anche grato. Se lui non avesse fatto tutti gli errori che adesso vi racconto, io non sarei qui in questo momento. Neanche voi, per quello. Possibilmente ci troveremmo invece nel Salone dei Cinquecento ad ammirare il grande dipinto di Leonardo, nel presunto cinquecentesimo anniversario della sua nascita.
Dice il documento in questione:
Da Francesco di Capello e compagni, lengniaiuolj . . . disse per fare un’armadura jn Sala dela Guardia ala pictura fecie Leonardo da Vincj perché non si guastassj, cioè: 29 asse d’albero dj terzo, le quale furono braccia 43 quadre.
Siamo all’inizio del 1513, quando la Sala Grande è diventata, dopo il ritorno dei Medici, una caserma per i tanti soldati che li proteggevano. 43 braccia quadre corrispondevano a 15 metri quadri. Ma il dipinto doveva essere alquanto più piccolo, perché o alcune delle asse dovevano servire per fare un telaio sul quale fissare le altre; oppure, se non c’era nessun telaio e le asse erano semplicemente inchiodate al muro, i chiodi — almeno si spera — dovevano essere fissati all’infuori della superficie dipinta. Ora, le proporzioni del dipinto, a giudicare dalle copie, erano intorno a 8:5. Ne consegue che nel punto più largo il dipinto doveva essere largo un po’ meno di 5 metri, e nel punto più alto doveva essere alto quasi 3.
In quale altezza si trovava questo mirabile dipinto che misurava un po’ meno di 5 metri per quasi 3 e pertanto aveva delle figure un po’ più grande del naturale? La questione è molto difficile. Ecco comunque i pochi fatti veramente rilevanti che posso darvi al riguardo. La Sala Grande all’epoca di Leonardo era alta 11 metri. Ma la superficie dipingibile non superava i 7,5 metri, in quanto sotto il soffitto c’era un corniccione, ampiamente documentato, di almeno 60 centimetri, e la ringhiera, con dietro delle spalliere, doveva raggiungere almeno 2 metri e 90 di altezza. La tribuna della Signoria doveva essere alta almeno 4 metri e mezzo.
Ora, uno dei primi osservatori parla di un tentativo di Leonardo di fare asciugare il suo intonaco con un fuoco di carboni. Il tentativo sarebbe fallito perché “lassù alto, per la distantia grande, non vi aggiunse il calore, et colò.” Che Leonardo abbia mai fatto una cosa simile è da dubitare. Resta il fatto che parte del suo dipinto evidentemente stava “lassù alto”. Ma alla stessa volta la grandezza delle figure — probabilmente un po’ più grande del naturale — lascia supporre che esse si trovavano davanti nello spazio e quindi verso il bordo inferiore del dipinto. Di questi poche dati si potrebbe stimare che il dipinto potrebbe iniziare in un’altezza di non meno di 4,5 metri ma non più di 6,2, perché oltre quell’altezza non c’era più spazio a sufficenza.
Riassumendo di nuovo: Leonardo da Vinci probabilmente ha cominciato la sua immensa decorazione murale con una scena quasi compiuta che misurava poco meno di 5 metri per quasi 3 e si trovava almeno in parte da 3,7 a 10,7 metri a destra del centro del muro est della Sala Grande. Il bordo inferiore di questa scena — e probabilmente dell’intera decorazione murale — forse si trovava ad un’altezza di non meno di 4,5 ma non più di 6,2 metri.
Adesso vorrei presentare alcune riflessioni conclusive. ? È possibile che il miracoloso dipinto di Leonardo esiste ancora sotto uno degli affreschi che vediamo nel Salone odierno? Certo che lo è. Anche se c’è poco che ci lascia supporre che questa suprema opera ci sia ancora, altrettanto poco ci lascia supporre che non ci sia. C’è un solo modo per sapere se c’è si o no, e questo è di andare a guardare. Ecco che cosa ci aspetta secondo le fonti storiche:
Da una documentazione molto completa sappiamo che il Vasari, dopo di avere innalzato i muri della Sala Grande (che ai suoi tempi si è cominciata a chiamarsi “Salone”), ha prima fatto fare delle immense cornici di pietra serena e poi ha riempito queste cornici con sei “incrostature”, fatte di mezzane rozze alla campigiana, per dipingervi sopra i suoi immensi affreschi. Tali incrostature (noi forse diremmo “intercapedini”), a giudicare dal numero delle mezzane impiegate, avevano — ed hanno — lo spessore della larghezza di una vecchia mezzana più un po’ di intonaco, e quindi intorno ai 16 centimetri. Queste incrostature sono straordinariamente regolari e piatte per i muri dell’epoca. Sembra evidente che lo scopo del Vasari era quello di creare con esse delle superficie su cui affrescare che fossero prive di tutti i difetti della maggior parte dei muri dell’epoca, quali discontinuità, buche, crepe, umidità, e così via.
I muri originali della Sala Grande, costruiti in grande fretta, indubbiamente soffrivano di almeno alcuni di questi difetti. Visto ciò, sembra evidente che le incrostature del Vasari, in quanto non solo straordinariamente piatte ma anche molto uniforme (cioè, sempre avente uno spessore di poco superiore alla larghezza di una mezzana), non sempre fanno contatto con i muri sottostanti. Infatti, l’Ingegnere Seracini ha potuto osservare mediante il sonar che nel caso del grande affresco del Vasari più a destra sul muro est — e cioè dove crediamo che Leonardo abbia dipinto — c’è quasi ovunque dello spazio tra l’incrostatura il il muro originale.
È quindi questa incrostatura che si dovrà vedere attraverso in qualche modo per controllare se il famoso dipinto di Leonardo esiste ancora. Con le tecniche di oggi, ciò non dovrebbe essere difficile. I problemi semmai verranno dopo. Se risulta che il grande dipinto c’è — o almeno che ci sia qualche cosa — allora che si fa? Si decide che, per non sciupare l’affresco del Vasari, ci si limita ad osservare il capolavoro di Leonardo con l’endoscopia ma non lo si scopre? Impensabile! Allora si decide di fare un’enorme buco nell’affresco del Vasari per consentire a tutti la visione del mirabile dipinto? Orrendo! Allora si stacca l’affresco del Vasari, si tira fuori il dipinto di Leonardo e lo si espone altrove, e poi si rimette quello del Vasari? Se un comitato internazionale — autocreatosi peraltro — è riuscito a bloccare il restauro dell’Adorazione dei Magi ora agli Uffizi, cosa farà se viene informato di una proposta di rimuovere quello che esiste della Battaglia d’Anghiari, opera indubbiamente, se esiste, di massima delicatezza? Insomma, saranno guai.
Esattamente 500 anni fa Leonardo stesso scrisse come segue:
Addì 6 di g[i]ugno 1505 in venerdì al tocho delle 13 ore comj[n]c[i]aj a colorire in Palazo, nel qual punto del posare il pennelo si guastò il tempo, e ssonò a bancho richiedendo li omjnj a ragione; il cartone si straccò, l’acqua si versò, e rupesi il vaso dell’acqua che ssi portava, e subito si guastò il tempo, e ppiovè insino a sera acqua grandjssima, e stette il tempo come notte.
Non è troppo facile. Leonardo una volta si è definito “uomo sanza lettere”, e un po’ bisogna dargli ragione. Comunque il brano, una volta decifrato, ci dice che Leonardo cominciò a dipingere verso le 8.30 di mattino il giorno 6 giugno 1505, e mentre che stava posando il pennello, cioè finendo, perché la campana del Palazzo aveva suonato a Consiglio (che poteva essere verso le 1.30 di pomeriggio), il tempo si guastò, vennero gran pioggia e vento, l’acqua si versò, un vaso per l’acqua si ruppe, e il cartone si stracciò. Il tempo cattivo andò avanti fino a sera, ed era molto buio. Per alcuni studiosi questo brano ci dice soltanto che un giorno Leonardo stava dipingendo e si guastò il tempo. Per altri, a cui mi associo, vuole dire che Leonardo ha cominciato a dipingere in Sala il giorno 6 giugno 1505 e che alla fine di questa prima giornata di pittura il tempo si guastò con alcune sfortunate conseguenze, e questa piccola disgrazia fu visto da lui come un augurio cattivo. Altrimenti non si spiega perché Leonardo dice che ha cominciato in un tale giorno se il tempo si è guastato solo quando stava finendo, e non era usuale per Leonardo — come invece lo era per molti dei suoi coetanei — di scrivere tutte le volte che c’erano delle curiosità meteorologiche o che gli fosse successa qualche piccola disgrazia.
Comunque sia, nessuno può negare che per il 6 giugno 1505 Leonardo stava dipingendo. Il Cerretani, però, dice che Leonardo ha cominciato un paio di giorni dopo la Rotta di San Vincenzo, quando nove bandiere prese in quella vittoria furono appese nella Sala Grande. E questo fu solo il 19 agosto dello stesso anno. Ora, è possibile che il Cerretani semplicemente è molto impreciso. Ma è anche possibile che la sua informazione è esatta. E se lo è, questo può solo significare che Leonardo abbia ri-cominciato con una scena rappresentante la presa di una bandiera nemica alcuni giorni dopo che le truppe fiorentine ne avevano prese nove — con grande giubilo del popolo fiorentino — alla Rotta di San Vincenzo. Se è così, ci dovrebbero essere gli inizi di un’altra scena su qualche altra parte del muro est, e probabilmente in fondo a destra, nell’angolo accanto al muro sud (quello su Via della Ninna). Qui probabilmente iniziava, o sarebbe iniziata, l’intera sequenza, che quasi sicuramente si doveva svolgere da destra a sinistra, proprio come la scena della presa della bandiera. Quest’altra scena avrebbe rappresentato delle truppe di riserva — forse nemiche — che aspettavano di entrare in azione, come leggiamo in una ricetta scritta di Leonardo per una grande rappresentazione di battaglia, e come vediamo in un suo disegno ora a Windsor. Questa scena, probabilmente in forma di cartone, è stata copiata da diversi altri artisti, tra cui anche Raffaello. In altre parole era ben conosciuta. L’Ingegnere Seracini mi ha fatto presente che se infatti Leonardo stava lavorando vicino al muro sud, con le sue grandi finestre, quando il tempo si è guastato il 6 giugno 1505, allora è facilmente spiegabile perché il suo cartone si è stracciato, l’acqua si è versato, e così via.
Da una lettura attenta dei documenti pubblicati dal Frey, impariamo una cosa veramente sorprendente: per assemblare il suo cartone sembra che Leonardo abbia usato almeno 950 fogli reali bolognesi — almeno 252 metri quadri di carta. Dopo ne ha usati altri 22 metri quadri ancora, forse per fare un duplicato della parte del cartone rappresentante la scena di cui ci occupiamo oggi pomeriggio, per poterla mettere in opera. 252 metri quadri bastavano, dopo l’assemblaggio, per creare una superficie utile di 223 metri quadri. Si tratta di una distesa immensa, molto simile a quella degli affreschi del Vasari che vediamo oggi.
Saprete sicuramente che Leonardo non era l’unico sommo artista che doveva dipingere la Sala Grande. Un anno dopo di lui, forse perché i governanti fiorentini ormai si rendevano conto di quanto era lento, veniva commissionato anche Michelangelo. Normalmente leggiamo, come nel celebre saggio del 1944 di Johannes Wilde, che Leonardo doveva fare un grande quadro alla destra del muro (che anche Wilde credeva essere quello est) e Michelangelo un quadro altrettanto grande alla sinistra dello stesso muro. Ma come potevano entrare due pitture delle dimensioni che vi ho appena date su un unico muro? Non era possibile. E come mai tutti i primi scrittori implicano che si doveva dipingere tutta la Sala Grande? E perché, in un ambiente con grande bisogno di luce, si sono tenute basse e piccole le finestre nel muro ovest? A me sembra altamente probabile che Michelangelo doveva dipingere il muro di fronte a quello su cui lavorava Leonardo. Infatti, il Vasari dice che avrebbe dipinto “l’altra facciata”, cioè l’altro muro. Michelangelo stesso scrive che avrebbe dipinto “la metà della Sala del Consiglio”.
Adesso vi invito a cercare di immaginare la Sala Grande, con da un lato un’immensa decorazione di Michelangelo, due volte più bella degli affreschi della volta della Cappella Sistina secondo il Cellini. E dall’altro lato la Battaglia di Anghiari di Leonardo, “bellissima, miracolosa, fatta in così nuova maniera che all’hora non s’era veduto cosa non che più bella, che a gran pezzo la pareggiasse.” La decorazione di Michelangelo non la vedremo mai, perché il grande artista non ha neanche cominciato a dipingerla. Ma una piccola parte — un “piccolo principio”, secondo il Gonfaloniere a vita della Repubblica Fiorentina — di quella di Leonardo ci potrebbe essere ancora, nascosta sotto una delle incrostature del Vasari. E se c’è, auguriamoci che la vedremo presto.