PICCOLI AMBASCIATORI DI PACE IN PROVINCIA
I bambini Saharawi ospiti a Scandicci hanno incontrato in Palazzo Medici Riccardi il presidente del Consiglio provinciale Pietro Roselli e il consigliere Renato Romei
Grandi occhi neri, “occhi di pace”: sono loro, oggi, i principali ambasciatori del popolo Saharawi, un popolo che resta senza terra dopo anni di occupazione marocchina del Sahara occidentale e che è tuttora costretto a vivere in tendopoli nel deserto algerino nonostante le risoluzioni dell’Onu in favore del suo diritto all’autodeterminazione.
Sono 250 i bambini saharawi ospiti fino al 3 settembre in Toscana, una quindicina dei quali a Scandicci. Un viaggio che per i bambini rappresenta un parentesi speciale in una vita trascorsa nelle sabbie del deserto e nelle tende, e che riporta all’attenzione italiana ed internazionale la vicenda del popolo Saharawi, i cui esponenti denunciano in queste settimane gravi violazioni dei diritti umani nei confronti di 300 detenuti politici, fra i quali i più noti sono Ali Salem Tamek e Aminetto Haidar.
I bambini saharawi ospiti a Scandicci hanno un’età che va dai 7 ai 10 anni. Trascorrono il loro soggiorno in una struttura di San Vincenzo a Torri, partecipano alle attività dei campi estivi del Comune e sono assistiti dal mondo dell’associazionismo scandiccese che, oltre ad offrire i pasti, ha regalato vestiti, libri ed altro materiale didattico.
Nel pomeriggio di oggi hanno incontrato in Palazzo Medici Riccardi il presidente del Consiglio provinciale Pietro Roselli ed il consigliere dei Democratici di Sinistra Renato Romei.
“La Provincia di Firenze conferma una tradizione di amicizia e di vicinanza al popolo Saharawi. Dare ospitalità a questi bambini – ha detto il Presidente del Consiglio Roselli – significa dare una speranza. E questi piccoli sono una speranza per un mondo più giusto e più degno di essere vissuto. Questi bambini hanno la possibilità, per un paio di mesi, di alimentarsi correttamente e di conoscere una cultura diversa dalla loro. La loro situazione ci mette di fronte al loro problema di non avere una terra da abitare”.