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NORME PER LE CONCESSIONI RELATIVE AL DEMANIO IDRICO
L’assessore Lepri ha risposto ad una domanda di Sottani (Ds)

L’assessore all’urbanistica e difesa del suolo Tiziano Lepri ha risposto, in Consiglio provinciale, ad una domanda d’attualità del consigliere Massimo Sottani (Ds) sulle concessioni relative al demanio idrico. “La prima disposizione di legge che imponeva l’obbligo di denunciare i pozzi da parte dei privati risale al 1963. Nel 1994 la legge Gallo ha dichiarato pubbliche, cioè di proprietà dello Stato, tutte le acque ad eccezione di quelle piovane. Questo ha comportato che anche i privati che vivono di acqua proveniente da pozzi collocati in proprie proprietà, si sono trovati a utilizzare dell’acqua pubblica e l’uso di acqua pubblica comporta la necessità di chiedere e ottenere una concessione demaniale. Originariamente la competenza al rilascio delle concessioni era del Genio Civile ma dal 1998 il demanio idrico è stato trasferito alla regione e successivamente alla Provincia, che ha quindi acquisito tutta la documentazione depositata dai diversi uffici nel corso di tutti questi anni; documentazione che va istruita, pratica per pratica per capire se c’è la necessità di chiedere e ottenere la concessione, o se si tratta di semplici pozzi. Da una prima lettura abbiamo estrapolato 12.329 domande, su 150.000, interessate dall’obbligo di ottenere la concessione. Per presentare la documentazione c’è tempo fino al 31 dicembre prossimo. Sull’uso domestico la Legge Galli recita: è facoltà del proprietario del fondo utilizzare liberamente le acque sotterranee limitatamente agli usi domestici; sono comprese negli usi domestici l’innaffiamento dei giardini e di orti. L’uso domestico non può cioè che essere riferito alla necessità di un’abitazione familiare, un immobile che sia stabilmente e inequivocabilmente destinato ad abitazione civile di persone”. Per Sottani: “La domanda era nata dalla sollecitazione che ho ricevuto anche da parte di Associazioni, Enti, Parrocchie, le quali fanno un uso di tipo domestico, cioè hanno un pozzo che gli serve per innaffiare piccolissimi appezzamenti di giardino e l’acqua non è usata nemmeno per fini potabili, quindi fanno un uso uguale o inferiore a quello domestico consentito; ecco, questi qui solo per il fatto di essere Enti e non persone fisiche devono pagare 170 euro più tutta la documentazione: quindi, a situazioni uguali, si vanno a produrre effetti molto diseguali e molto ingiusti, per lo meno se applicati ad associazioni od enti senza scopo di lucro, che hanno attinenza alla vita sociale dei nostri paesi. Mi chiedo se non sia possibile, in fase d’interpretazione, introdurre l’idea di uso di tipo domestico, che possa essere allargata anche ad altri”.

17/09/2005 13.12
Provincia di Firenze