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#normativa-accesso - Trasparenza. Differenze tra accesso documentale e generalizzato
L'uno specificato dalla Legge 241/1990, l'altro introdotto dal D.lgs. 97/2016

'''Che differenze ci sono tra il diritto di accesso documentale ex L. 241/1990 e il diritto di accesso generalizzato (introdotto con il D.lgs. n. 97/2016) ex art 5 comma 2 del decreto trasparenza?'''

L’istanza di accesso ex L. 241/1990 ha ad oggetto la visione o la copia di documenti amministrativi detenuti dalla Pubblica Amministrazione.
Invece l’istanza di accesso generalizzato ha ad oggetto dati, informazioni e documenti detenuti dalla Pubblica Amministrazione, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi del decreto trasparenza.
L’istanza di accesso documentale ex L. 241/1990 deve essere motivata, con riferimento alla titolarità in capo all’istante di un interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso.
L’istanza di accesso generalizzato, invece, non richiede motivazione e può essere proposta da chiunque,“allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico”, come specificato nel comma 2 dell’art. 5 del decreto trasparenza, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall’art. 5 bis del decreto trasparenza.
L’accesso previsto dalla L. 241/90 è collegato alle specifiche esigenze del richiedente ed è caratterizzato dalla connotazione strumentale agli interessi individuali dell’istante, posto in una posizione differenziata rispetto agli altri cittadini che legittima il diritto di conoscere e di estrarre copia di un documento amministrativo.
Invece l’accesso generalizzato è uno strumento di tutela dell’interesse generale al precipuo scopo di consentire una pubblicità diffusa ed integrale in rapporto alle finalità indicate nell’art. 5, comma 2 del decreto trasparenza, e consiste nel diritto ad una larga diffusione di dati, documenti e informazioni, fermi i limiti posti dall’art. 5 bis del decreto trasparenza a salvaguardia di interessi pubblici e privati suscettibili di vulnerazione.
Emblematica di tale diversità è la constatazione che mentre la L. n. 241 del 1990 esclude espressamente l’utilizzabilità del diritto di accesso per sottoporre l’amministrazione a un controllo generalizzato, il diritto di accesso generalizzato è riconosciuto proprio “allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico”.
Né vanno trascurate le differenti tecniche di bilanciamento degli interessi contrastanti. Per quanto riguarda l’accesso ai documenti amministrativi, nell’impianto definito dagli artt. 22 ss. della l. n. 241 del 1990, dal combinato disposto della disciplina primaria e di quella secondaria, costituita dai regolamenti di cui all’art. 24 del medesimo testo legislativo, possono essere individuate le tipologie di atti sottratti all’accesso. Invece, con riferimento all’accesso civico generalizzato, la fonte primaria non reca prescrizioni puntuali – individuando una classificazione di interessi, pubblici (art. 5 bis, comma 1) e privati (art. 5 bis, comma 2) suscettibili di determinare una eventuale esclusione dell’accesso, cui si associano i casi di divieto assoluto (art. 5 bis, comma 3) – rinviando ad un atto amministrativo non vincolante (linee guida ANAC, adottate d’intesa con il Garante per la protezione dei dati personali) quanto alla precisazione dell’ambito operativo dei limiti e delle esclusioni dell’accesso civico generalizzato (linee guida ANAC in materia di accesso civico di cui alla Deliberazione n. 1309 del 28 dicembre 2016, recante indicazioni operative e le esclusioni e i limiti all’accesso civico generalizzato, adottata dall’ANAC d’intesa con il Garante per la protezione dei dati personali e sentita la Conferenza Unificata in base all’art. 5 bis, comma 6 del decreto trasparenza).
Sussistono diversità, altresì, sul piano procedurale e processuale.
Nel caso di accesso ex L. 241/1990, in caso di mancata risposta entro il termine di 30 giorni dalla presentazione dell’istanza, si forma il silenzio rigetto sulla stessa, ai sensi dell’art. 25 comma 4 della L. 241/1990, ed avverso tale silenzio rigetto l’interessato può proporre direttamente ricorso innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale ai sensi dell’art. 116 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Codice del processo amministrativo), attivando lo speciale rito in materia di accesso (proponibile anche in caso di diniego, totale o parziale, o di differimento dell’accesso).
Invece nel caso di accesso generalizzato, nell’ipotesi di mancata risposta entro il termine di 30 giorni dalla presentazione dell’istanza, non si forma silenzio rigetto sulla stessa, ma il richiedente può contestare l’inerzia dell’amministrazione attivando lo specifico rito sul silenzio di cui all’art. 117 del Codice del processo amministrativo e, successivamente, in ipotesi di diniego espresso ai dati o documenti richiesti, il rito sull’accesso ex art. 116 del Codice del processo amministrativo.
Altrimenti, in caso di diniego totale o parziale all’istanza di accesso generalizzato, di differimento dello stesso o di mancata risposta entro il termine di 30 giorni dalla presentazione dell’istanza il cittadino, ai sensi del comma 7 dell’art. 5 del decreto trasparenza, può presentare richiesta di riesame al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, il quale decide con provvedimento motivato, entro il termine di venti giorni. Tale procedura di tutela amministrativa interna trova radice nell’esigenza di assicurare al cittadino una risposta, chiara e motivata, attraverso uno strumento rapido e non dispendioso, con il coinvolgimento di un soggetto, il responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, che svolge un ruolo fondamentale nell’ambito della disciplina di prevenzione della corruzione e nell’attuazione delle relative misure. Avverso la decisione del responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza il cittadino può proporre ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale ai sensi dell’art. 116 del Codice del processo amministrativo di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, attivando lo speciale rito in materia di accesso.
In caso di diniego totale o parziale all’ istanza di accesso generalizzato o di differimento della stessa, il cittadino può altrimenti proporre direttamente ricorso innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale ai sensi dell’art. 116 del Codice del processo amministrativo, attivando lo speciale rito in materia di accesso. ('''Lina Cardona''', 19 aprile 2019)

Fonti: Tar Lazio Roma Sez. II bis, sentenza n. 7326 del 2/07/2018. 

14/11/2019 09.59
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