PRESENTATA A ROMA LA MOSTRA “APOXYÒMENOS – L’ATLETA DELLA CROAZIA”
Insieme al Presidente Renzi presente anche l’ambasciatore croato Vidosevic
E’ stata presentata stamani a Roma, in una conferenza stampa presso la sede della Stampa Estera, la mostra dedicata al bronzo di Lussino dal titolo: “Apoxyòmenos l’atleta della Croazia” organizzata dalla Provincia di Firenze, l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze e Istituto Croato per il Restauro di Zagabria.
All’incontro con i giornalisti erano presenti il Presidente della Provincia di Firenze, Matteo Renzi e l’ambasciatore della Croazia a Roma, Tomislav Vidosevic. Con loro anche Damien Milijenko, Direttore generale del Ministero della Cultura della Croazia; Giovanna Cornaro Folonari, Assessore provinciale alla Cultura e Turismo; Antonio Preiti, Direttore dell’Apt di Firenze; Cristina Acidini, Soprintendente dell’Opificio delle Pietre Dure; Maurizio Michelucci, Direttore della sezione archeologica dell’Opificio.
“Questo grande evento a Palazzo Medici Riccardi – ha detto Matteo Renzi - rafforza la nostra vocazione ad ospitare mostre d’arte e l’idea che la cultura è un elemento fondamentale per lo sviluppo economico della Provincia”.
Il Presidente della Provincia ha poi rivolto un invito ai rappresentanti della stampa estera per visitare Firenze in occasione della mostra, considerata come un evento culturale di portata internazionale. Per la prima volta, infatti, potrà essere ammirato nella prestigiosa sede di Palazzo Medici Riccardi a Firenze dal 1 ottobre 2006 al 30 gennaio 2007, dopo un lungo e delicato restauro, “Apoxyòmenos - l’atleta della Croazia”, una splendida statua romana del I secolo a.C., copia di un’originale greco del IV sec. a.C, Questo capolavoro dell’arte antica è stato recuperato nel 1999 nel mar Adriatico vicino l’isola croata di Lussino dove era rimasto semisepolto nella sabbia a 45 metri di profondità per oltre 2000 anni. E’ di una mole imponente ( è alta un metro e 93 centimetri), e rappresenta probabilmente un atleta mentre si deterge il sudore della gara. La mostra dedicata a “L’atleta della Croazia” dimostra ancora una volta come l’Opificio delle Pietre Dure rappresenta un punto di eccellenza per il restauro delle opere d’arte mentre Firenze si conferma una vetrina a livello mondiale.
Gli impegnativi e delicati lavori di restauro sono durati 4 anni e si sono svolti in collaborazione fra l'Istituto Croato del Restauro di Zagabria e l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze. Una conferma del rapporto di costruttiva fiducia che si è instaurato, negli anni, tra l’Opificio e le autorità della conservazione e della tutela del patrimonio della Croazia e che ha reso possibile organizzare la mostra dedicata a “L’atleta della Croazia” che viene a Firenze per la sua unica tappa italiana. Questo legame storico trova origine nel 1992 quando in piena guerra tra Serbia e Croazia la rivista “Archeologia Viva” organizzò in Palazzo Vecchio una conferenza internazionale per la salvaguardia del patrimonio della Croazia. La pubblicazione diretta da Piero Pruneti è stata la prima a dare spazio a questo capolavoro della bronzistica presentando in anteprima la scoperta nell’alto Adriatico e poi l’eccezionale restauro.
IL RITROVAMENTO
La scoperta di un bronzo antico è un evento così raro e coinvolgente che molto spesso si tinge di contorni drammatici soprattutto se si trova in profondità. Per prima cosa c’è il timore di non ritrovarlo una volta individuato e poi c’è tutto il delicato aspetto delle operazioni di recupero che sono finalizzate a non rovinare il reperto e che talvolta hanno tempi molto lunghi. Come altri bronzi ritrovati in mare, anche questo è stato un rinvenimento fortuito. Il 12 luglio del 1997 al largo dell’isola croata di Lussino un sommozzatore belga, Renè Wouters, durante una immersione individua poco fuori il porto di Lussino (Veli Losìnj) a 45 metri di profondità una figura maschile adagiata sul fondo che si rivela essere una statua di bronzo alta circa 2 metri del tipo definito “apoxyòmenos”. La notizia all’inizio viene tenuta segreta ma alla fine trapela e per evitare il rischio di un furto nel giugno 1999 la statua viene recuperata e trasportata presso il Centro Sommozzatori della Polizia Croata a Lussino dove viene immersa nella piscina delle esercitazioni. Da qui inizia una avventura legata alle delicatissime operazioni di restauro del bronzo, una delle poche opere d’arte dell’antichità che ci sono state restituite dal Mediterraneo dimora di tanti altri capolavori di dei e eroi greci strappati dai loro piedistalli dai saccheggi e mai giunti alle loro destinazioni. Il bronzo infatti era irriconoscibile e deturpato a causa dei depositi calcarei organogeni che lo ricoprivano interamente e ne alteravano i tratti. Il fatto positivo ed eccezionale invece è stato quello che la statua, a parte un pezzo mancante sulla gamba sinistra, era praticamente intatta.
IL RESTAURO
Il restauro della statua viene realizzato in Croazia ma vede la partecipazione decisiva dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze da sempre una delle realtà più importanti nel panorama mondiale per quanto riguarda il restauro delle opere d’arte. Appena recuperata l’opera nel 1999 Miljenko Domijan, capo conservatore dei beni culturali della Croazia, chiede la collaborazione dell’Opificio diretto in quell’epoca da Giorgio Bonsanti e dall’anno seguente da Cristina Acidini. In particolare viene richiesto l’intervento di Giuliano Tordi per operare sulla statua bronzea e togliere lo strato di incrostazioni che la ricopre. Tordi è uno dei pochi restauratori ad aver lavorato su materiali ( ceramiche, metalli, legni ecc) provenienti da relitti marini. La direzione del restauro viene affidata a Ferdinand Meder, direttore dell’Istituto Croato di Restauro che si avvale fin dall’inizio del coordinamento di Maurizio Michelucci direttore della sezione archeologica dell’Opificio. Per tutta la durata del restauro la statua è stata sottoposta a continui lavaggi in acqua non demonizzata. Il bronzo è stato svuotato per sezioni e strati procedendo alle opportune campionature di quanto conteneva all’interno. Il distacco della testa, che si era separata dal tronco per lo sfaldamento della lega saldante dovuto alla lunga permanenza in acqua, ha reso possibile questo intervento. I restauri si sono conclusi nel novembre del 2003. Dopo si è presentato il problema di ricollocare la statua in verticale. Essendo staticamente fragile la gamba destra di appoggio è stato necessario realizzare una sofisticata struttura interna di acciaio e bronzo con tensori regolabili che sostengono tutta la figura, ancorandola ad un basamento antisismico.
L’OPERA
Dopo il restauro è emersa tutta la bellezza di questo bronzo che rappresenta probabilmente un “apoxyòmenos”, cioè un atleta dopo la gara che si deterge degli unguenti di cui si era cosparso il corpo e dal sudore. Si tratta di un’opera di straordinaria qualità formale, una delle poche statue di bronzo che ci sono giunte dall’antichità. E’ databile al I° secolo a.C ed è stata realizzata da maestranze greche su un archetipo del IV° secolo a.C. L’opera protende lontano dal corpo braccia e gambe secondo le caratteristiche formali maturate dalle conquiste tecniche dell’arte ellenistica che saranno successivamente rappresentate al massimo livello da Lisippo. Si tratta di una spazialità più libera rispetto a quella statuaria del periodo classico che ha avuto come massimo rappresentante Policleto (V secolo a.C). Queste caratteristiche di movimento e la spazialità sono state rese possibili dalla fusione a “cera persa con metodo indiretto” e dalla tecnica delle saldatura. In questo modo i greci potevano fondere a parte gli arti, la testa e il triangolo penico e poi assemblare accuratamente tutto fino a comporre l’opera finale. La ripulitura e il restauro hanno messo in luce raffinati dettagli tecnici che all’inizio potevano essere solo ipotizzati, come gli inserti in rame nei capezzoli e nelle labbra, segno di una raffinata volontà di separazione cromatico e la “lama di luce” tra le cosce. E’ anche sicura la presenza in origine di occhi in avorio e pasta vitrea, purtroppo non conservatici. In particolare i capelli “intrisi di sudore” sulla fronte sono un realistico dettaglio di carattere già tardo classico, segno di una profonda crisi del classicismo. Poi c’è l’affascinante tema dell’attribuzione dell’archetipo: non sappiamo ancora l’autore del bronzo originale dalla quale, mediante i calchi vennero realizzate le non molte repliche del tipo pervenute sino a noi. Un altro aspetto interessante è la mancanza dei perni sotto i piedi della statua usati generalmente per l’ancoraggio ad un piedistallo. Durante il recupero della statua è stata rinvenuta anche la base decorata con meandro a svastica su tre lati che doveva essere posta a rivestimento di un plinto in pietra o marmo che può far pensare ad una collocazione del bronzo all’interno di una nicchia a parete. Per quanto riguarda la sua storia fino adesso gli esperti dell’Opificio delle Pietre Dure hanno formulato l’ipotesi che dopo la sua realizzazione del I° secolo a.C. il bronzo sarebbe stato posto in magazzino; qui un topolino fece la sua tana al suo interno attorno al 20 a.C. ( secondo la datazione al carbonio 14 sui resti organici rinvenuti) e infine nella prima metà del II° secolo d.C, fu sottoposto ad un restauro, e trasportato verso un porto dell’alto Adriatico destinato probabilmente ad una ricca villa romana. Questo è stato l’ultimo viaggio del nostro “apoxyòmenos” perché probabilmente durante una tempesta i marinai gettarono il carico in mare per alleggerire il vascello.
Altre immagini ad uso delle redazioni: http://met.provincia.fi.it/ai
Apoxyòmenos, la statua di atleta ritrovata nel mare di Lussino