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Normativa e Accesso - Il diritto di accesso in materia di ambiente è molto ampio
Garantire la massima trasparenza al fine di realizzare un controllo diffuso

Il diritto di accesso in materia di ambiente è molto ampio.

La Convenzione di Aarhus del 25 giugno 1998, ratificata in Italia con legge n. 108 del 16/03/2001, stabilisce infatti che “chiunque” può accedere alle informazioni sull’ambiente.

In ambito europeo la Direttiva 2003/A/CE del 28/01/2003 recepisce, in tema di diritto di accesso alle informazioni ambientali, la Convenzione di Aarhus.

Tale direttiva è stata attuata nell’ordinamento italiano dal D.Lgs. 19 agosto 2005 n. 195, che all’art. 3 comma 1 prevede che le autorità pubbliche sono tenute a mettere a disposizione “l’informazione ambientale” detenuta a “chiunque ne faccia richiesta, senza che questi debba dichiarare il proprio interesse”.

Questo vuol dire che qualsiasi persona, fisica o giuridica, ha diritto di chiedere ed ottenere un’informazione ambientale senza bisogno di dimostrare uno specifico interesse o una specifica ragione in relazione alla propria richiesta.

La ratio della previsione normativa è quella di garantire la massima trasparenza sulla situazione ambientale, al fine di realizzare un controllo diffuso sulla stessa ed un completo ed esauriente accesso alle informazioni sullo stato dell’ambiente.

Il concetto di “informazione ambientale” è infatti estremamente ampio.

Costituisce “informazione ambientale”, ai sensi dell’art. 2 del D.Lgs. 195/2005, comma 1 lett. a): “qualsiasi informazione disponibile in forma scritta, visiva, sonora, elettronica od in qualunque altra forma materiale concernente:

1) lo stato degli elementi dell’ambiente, quali l’aria, l’atmosfera, l’acqua, il suolo, il territorio, i siti naturali, compresi gli igrotopi, le zone costiere e marine, la diversità biologica ed i suoi elementi costitutivi, compresi gli organismi geneticamente modificati, e, inoltre, le interazioni tra questi elementi;

2) fattori quali le sostanze, l’energia, il rumore, le radiazioni od i rifiuti, anche quelli radioattivi, le emissioni, gli scarichi ed altri rilasci nell’ambiente, che incidono o possono incidere sugli elementi dell’ambiente, individuati al numero 1);

3) le misure, anche amministrative, quali le politiche, le disposizioni legislative, i piani, i programmi, gli accordi ambientali e ogni altro atto, anche di natura amministrativa, nonché le attività che incidono o possono incidere sugli elementi e sui fattori dell’ambiente di cui ai numeri 1) e 2), e le misure o le attività finalizzate a proteggere i suddetti elementi;

4) le relazioni sull’attuazione della legislazione ambientale;

5) le analisi costi-benefici ed altre analisi ed ipotesi economiche, usate nell’ambito delle misure e delle attività di cui al numero 3);

6) lo stato della salute e della sicurezza umana, compresa la contaminazione della catena alimentare, le condizioni della vita umana, il paesaggio, i siti e gli edifici d’interesse culturale, per quanto influenzabili dallo stato degli elementi dell’ambiente di cui al punto 1) o, attraverso tali elementi, da qualsiasi fattore di cui ai punti 2) e 3);”.

L’informazione ambientale è riferita all’ambiente inteso come “ambiente salubre”, ponendo così al centro della tutela l’uomo e non soltanto l’ambiente inteso come ecosistema.

Per “autorità pubblica”, ai sensi dell’art. 2 comma 1 lett. b) del D.Lgs. 195/2005, si intendono “le amministrazioni pubbliche statali, regionali, locali, le aziende autonome e speciali, gli enti pubblici ed i concessionari di pubblici servizi, nonché ogni persona fisica o giuridica che svolga funzioni pubbliche connesse alle tematiche ambientali o eserciti responsabilità amministrative sotto il controllo di un organismo pubblico”.

L’autorità pubblica, ai sensi dell’art. 3 comma 2 del D.Lgs. 195/2005, mette a disposizione del richiedente l’informazione ambientale quanto prima possibile e, comunque, entro 30 giorni dalla data del ricevimento della richiesta ovvero entro 60 giorni dalla stessa data nel caso in cui l’entità e la complessità della richiesta sono tali da non consentire di soddisfarla entro il predetto termine di 30 giorni. In tale ultimo caso l’autorità pubblica informa il richiedente, tempestivamente e, comunque, entro il predetto termine di 30 giorni, della proroga e dei motivi che la giustificano.

Ai sensi dell’art. 3 comma 7 del D.Lgs. 195/2005, l’autorità pubblica mantiene l’informazione ambientale detenuta in forme o formati facilmente riproducibili e, per quanto possibile, consultabili tramite reti di telecomunicazione informatica o altri mezzi elettronici.


a cura di Lina Cardona


Fonti: Convenzione di Aarhus del 25 giugno 1998; Direttiva 2003/4/CE del 28/01/2003; D.Lgs. 19 agosto 2005 n. 195.

10/05/2023 10.18
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