LE ACQUE METEORICHE DILAVANTI I PIAZZALI DI CAVA SONO SOGGETTE AD AUTORIZZAZIONE
Obbligo dell’autorizzazione per lo scarico di acque meteoriche dilavanti dai piazzali di cava
Il TAR ha respinto il ricorso della Spa Berti Sisto & C.
La prima sezione del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana con la sentenza n. 1044 del 2007 ha respinto il ricorso presentato dalla ditta Berti Sisto & C. Lavori stradali s.p.a. contro la Provincia di Firenze, Arpat e Comune di Barberino di Mugello. La Berti Sisto & C. s.p.a, che esercita attività di coltivazione di una cava a Pallereto, nel comune di Barberino di Mugello, ha impugnato il provvedimento del Comune nonché i pareri della Provincia di Firenze e di Arpat per i quali sussiste l’obbligo di chiedere l’autorizzazione per lo scarico di acque meteoriche provenienti dai piazzali di cava, cd. “acque dilavanti”.
La società sosteneva che la nozione di “scarico” (immissione di acque tramite una condotta) non comprende le acque meteoriche (che non sono coinvolte né sono mescolate con acque reflue), ove nell’attività produttiva non si faccia uso di inquinanti.
Secondo la tesi prospettata dalla Provincia e da Arpat le acque dilavanti i piazzali di cava cessano la loro natura di acque meteoriche ed assumono quella di acque reflue da assimilarsi a quelle industriali, quindi soggette ad autorizzazione. Il problema è annoso. Già a partire dal 1999 le norme di settore rimandavano alle Regioni la regolamentazione di tali scarichi. La Regione Toscana ad oggi non ha ancora provveduto in merito. A seguito del perdurare dell’assenza delle previste indicazioni regionali la Provincia di Firenze nel 2003, per fronteggiare una situazione diffusa di inquinamento delle acque dovute ai dilavamenti, espresse un parere che equiparava le acque di dilavamento inquinate, a seguito del trascinamento di contaminanti, alle acque reflue ritenendole soggette pertanto ai previsti regimi autorizzatorio e di controllo.
Una posizione forte, all’inizio isolata e contrastata anche da alcuni Comuni alla quale seguirono immediate contestazioni e contenziosi per l’annullamento dei pareri suddetti.
La recente sentenza del TAR della Toscana riconosce, quindi, la fondatezza della tesi della Provincia affermando che: “le acque di dilavamento venute in contatto con sostanze o materiali connessi con lavorazioni industriali (…) perdano la loro natura di “acque scese dal cielo” e stabilisce “l’assimilazione delle acque meteoriche provenienti dai piazzali di cava alle acque reflue industriali”.
Nel caso della cava di Pallereto, la trasformazione delle acque sarebbe confermata dalla circostanza che esse fuoriescono dalle vasche di decantazione, nelle quali sono depositati i fanghi, e confluiscono nei fiumi Stura e Casaglia arrivando nel corpo recettore finale costituito dal lago di Bilancino “che per la sua natura di invaso deve essere salvaguardato dall’immissione di solidi sospesi totali al fine di ritardare l’accumulo di fanghi”.