PROVINCIA DI FIRENZE: COMMEMORAZIONE DELLA STRAGE DI VIA DEI GEORGOFILI
L’intervento del Presidente della Provincia di Firenze Michele Gesualdi
Signor Presidente della Repubblica, presenti tutti,
il poeta fiorentino Mario Luzi, in un recente incontro, ha individuato tre episodi, storicamente rappresentanti le più gravi tragedie sofferte dalla città di Firenze negli ultimi 60 anni: il passaggio della guerra, l’alluvione del 1966, l’attentato di via dei Georgofili.
Tre drammi completamente diversi tra loro, eppure un’anima così sensibile ed attenta alle cose fiorentine come Mario Luzi li ha equiparati.
I tre avvenimenti, infatti, ognuno in riferimento alle specifiche caratteristiche, hanno in comune di aver violentato in pari misura Firenze.
Il dramma dell’attentato di via dei Georgofili è stato vissuto, dalla nostra città, con uno sdegno così forte che a distanza di 10 anni è ancora vivo nella coscienza dei fiorentini e si placa con più lentezza persino del dramma della guerra e dell’alluvione.
Se il passaggio della guerra e i bombardamenti, che tanti danni hanno fatto, era considerato la conseguenza di una drammatica situazione storica di fronte alla quale la città si sentiva impotente, se l’alluvione del ‘66 è stata vissuta come la conseguenza della furia di elementi naturali e in quel momento la città si è trovata inerme e nulla poteva fare contro la forza delle acque, in via dei Georgofili invece tutto è avvenuto per mano di una regia sapiente e demoniaca che malvagiamente ha voluto colpire il cuore di Firenze. Quella stessa mano che per anni con altrettanta lucidità aveva insanguinato l’Italia senza che lo Stato riuscisse a mettere in luce il misterioso intreccio criminale che legava gli stragisti e le complicità di cui godevano.
Colpire così clamorosamente il cuore di una città dalle forti radici democratiche e mondiale com’è Firenze, ha significato nel contempo colpire i valori basilari della nostra Costituzione e sfidare ed umiliare il nostro Stato di fronte all’Europa e al mondo.
Si è voluta devastare una zona vicino al Palazzo della Signoria che rappresenta la nostra continuità democratica. Vicino alla Galleria degli Uffizi, un tesoro del mondo, nel contesto del Porticato Vasariano, che testimoniano tanta storia della nostra città, col preciso significato di colpire la fiorentinità, non come espressione di un campanile, bensì come espressione di una cultura ed una tradizione che passano attraverso gli Etruschi, l’umanesimo ed il rinascimento, per irradiarsi prima in Europa e poi nel mondo.
Quella terribile mattina del 27 maggio 1993 Firenze si svegliò incredula e sdegnata di fronte a quanto era avvenuto. Uno sdegno e una rabbia che si trasformarono in una delle risposte più alte e significative contro la sciagurata strategia delle stragi e del terrore.
Firenze non si chiuse nella paura e nel terrore, ma scese in piazza, fece fronte unico contro il terrorismo, si strinse in un grande abbraccio di solidarietà con le famiglie dei colpiti. Confermò con determinazione l’impegno per la legalità e la democrazia.
In quella occasione Firenze dimenticò ogni divisione e distinguo politico di parte, per trovarsi unita con le Istituzioni, che seppero essere punto di riferimento per tutti i fiorentini.
Raramente si era vista Firenze scendere così convinta e così massicciamente in piazza come fece il giorno dopo la strage.
Proprio tutta Firenze era per le strade a testimoniare la sua volontà di lotta contro la morte e il terrore, per dire ai promotori dei tragici disegni che le loro azioni non sarebbero passate ma che avrebbero ottenuto esattamente il contrario di quello che si proponevano.
Le iniziative di questi giorni, 10 anni dopo la strage, rappresentano uno strumento educativo importante per le nuove generazioni e la volontà di non dimenticare; di non dimenticare le immagini dei corpi straziati dei morti, di non dimenticare le macerie degli edifici, di non dimenticare la paura e lo sgomento di quei giorni, di non dimenticare le opere d’arte danneggiate, di non dimenticare la cultura offesa e contribuire così a mantenere vivo quell’impegno verso la ricerca della piena verità che consenta di rompere il mistero che ancora avvolge mandanti, esecutori ed obiettivi delle tante stragi che hanno colpito il nostro paese negli anni della tensione.
Perché se molto è stato chiarito, almeno sugli esecutori, grazie a sentenze ormai passate in giudicato, molto rimane però da scoprire sugli ispiratori e mandanti occulti delle stragi e la gente aspetta ancora giustizia.
In tal senso va accolto con sollievo e speranza quello che ha dichiarato pochi giorni fa il Procuratore nazionale antimafia Pier Luigi Vigna, che “per le bombe del ’93 siamo forse vicini a scoprire i mandanti”.
Sta di fatto che Firenze fu colpita nel momento in cui la società si stava stringendo intorno a chi lottava e lotta contro la mafia, all’indomani delle uccisioni di Capaci e via Amelio. Venne scelta prima Roma, poi Firenze e Milano.
Il giudice Antonino Caponnetto, indimenticabile figura d’uomo e di magistrato, ne parlò nei termini di “attacco mafioso terroristico stabilizzante” con lo scopo di ricompattare un asse affaristico-politico- mafioso. “La mafia – osservava Caponnetto - è crudele regina dell’immobilismo”.
Firenze non è rimasta in mezzo alle rovine e all’immobilismo, ma si è raccolta intorno alle proprie macerie ed al proprio dolore e come ai tempi della ricostruzione post-bellica, come al tempo degli angeli del fango, ha ripreso in silenzio l’opera della ricostruzione.
Le Istituzioni si costituirono parte civile nel processo poiché percepirono la minacciosa esistenza di una barbaria capace di uccidere innocenti e sfregiare opere d’arte allo scopo di intimidire, ricattare, sopraffare persone e Istituzioni.
Un disegno mostruoso contro lo Stato e la democrazia che andava combattuto e ostacolato con coraggio e determinazione senza mai abbassare la guardia.
Proprio per continuare in un impegno da non attenuare, la Provincia di Firenze ha voluto accompagnare questa commemorazione con un gesto simbolico: abbiamo portato nel giardino di Palazzo Medici Riccardi, sede della Provincia di Firenze, un monumento in memoria della piccola Nadia Nencioni, che morì con i suoi familiari nell’attentato di Firenze. Il monumento raffigura l’ultima pagina del quaderno di Nadia, dove la bambina aveva scritto una poesia bella e al tempo stesso piena di presagi: questo è il testo:
“Il tramonto”
“Il pomeriggio se ne va.
Il tramonto si avvicina,
un momento stupendo,
il sole sta andando via
(a letto) è già sera
tutto è finito.”
Il monumento resterà come simbolo della vita, contro la morte, come impegno di lotta contro il terrore e la guerra.
Signor Presidente, Firenze e la sua provincia vivono questo anniversario come momento di forza e di determinazione contro tutti coloro che intendono ferire il valore della democrazia e della libertà ed è per noi motivo di orgoglio vivere questo momento alla Sua presenza, Signor Presidente della Repubblica, convinti come siamo che nessuna bomba, ancorché demolitrice di beni materiali, potrà mai scalfire il nostro credo per la libertà di ogni persona e di ogni popolo.
Firenze, 27 maggio 2003