LA GIORNATA DELLA MEMORIA IN CONSIGLIO PROVINCIALE
La testimonianza di Alessio Ducci, Vice Presidente ANED
Un Consiglio provinciale sulla “Giornata della Memoria” si è tenuto in Palazzo Medici Riccardi alla presenza del Presidente dell’ANED Mario Piccioli e del Vice Presidente Alessio Ducci. “La giornata della memoria – ha aperto i lavori il Presidente del Consiglio provinciale Massimo Mattei – cade, quest’anno, nel pieno della crisi tra Israeliani e Palestinesi. In un momento in cui registriamo una crescita di attacchi antisemiti in tutta Europa. Pesanti fatti d’intolleranza si sono verificati anche a Firenze e la città ha risposto come sa sempre rispondere Firenze in certe situazioni, con il presidio di Domenica mattina davanti alla Sinagoga. Questo rigurgito non viene portato avanti soltanto da bande neonaziste. Ormai la matrice si è allargata costringendo le forze dell’ordine a tenere sempre vigile l’attenzione. L’antigiudaismo corre sempre più su internet con siti web strettamente negazionisti dello stato di Israele. E la guerra a Gaza ha sicuramente alimentato le manifestazioni di negazione dello stato di Israele. Anche quest’anno sono state tantissime le iniziative ma tanti sono anche gli interrogativi che mai come quest’anno cercano di trovare una risposta, un chiarimento a un sentimento collettivo, a una percezione politica nell’intento di creare un giorno nella memoria veramente condiviso da tutti e veramente utile. Il giorno della memoria ricorda solennemente le vittime inermi e invita a conoscere e a serbare memoria tra tutti noi, come recita l’articolo 2 della legge istitutiva, di quanto accaduto al popolo ebraico, ai deportati militari e politici italiani, ai rom, agli omosessuali, agli zingari nei campi di sterminio nazisti: Il giorno della memoria non appartiene solo alle vittime, non ha natura parziale, ma riguarda e coinvolge tutti noi. Noi soprattutto venuti dopo e le generazione future e neppure soltanto noi europei. Il senso di questa commemorazione interessa la comunità intera, anzi il senso stesso dell’umanità. In una stagione in cui si ama relativizzare ricordare a metà, usare la storia a piacimento e edulcorare la memoria, non possiamo dimenticare mai che l’antisemitismo e l’odio per i diversi furono elementi importanti dell’ideologia nazista, che con leggi razziali non solo prepararono la soluzione finale, atteggiamenti e mentalità ignobili”. Alessio Ducci ha ricordato la figura del padre, italiano anche lui internato in un campo di concentramento. “La giornata della memoria – ha detto – è stata istituzionalizzata per ricordare tutte le vittime dell’olocausto. Milioni di uomini e donne e bambini che sono stati deportati all’interno dei campi di concentramento e di sterminio nazisti, per diverse motivazioni. Motivazione di tipo razziale, motivazioni politiche, e persone considerate diverse. Mio padre, come Mario Piccioli, è stato un deportato politico, fu arrestato nei primi del marzo del 1944, in seguito ai primi scioperi antifascisti. In questi rastrellamenti che avvennero al di fuori delle fabbriche di Prato, Empoli Montelupo, Firenze, furono arrestati circa 930 ragazzi. Questi 930 ragazzi furono portati all’interno dell’ex scuole leopoldine e l’8 marzo 1944 andarono attraverso la stazione di Santa Maria Novella, furono messi su vagoni di bestiame piombati, e dopo 3 giorni di viaggio raggiunsero il campo di Mauthausen. Lì vennero denudati completamente e lì è iniziato l’annientamento della personalità, l’annientamento dell’essere umano. Tolsero ogni oggetto personale, li depilarono completamente, una doccia e poi gli dettero un disinfettante per i pidocchi. Furono schedati e gli venne dato un triangolo rosso da mettere sulla divisa, una casacca di flanella. Un triangolo rosso che li identificava come politici, con la IT di Italia. Il numero di mio padre era 57101 e da quel giorno lì sarebbe stato il suo nome, non avrebbe avuto più un’identità, quella sarebbe stata l’unica identità che aveva. Fu poi trasferito ed iniziò a lavorare nelle gallerie. Rimase in questi campi per 16 mesi, fino all’arrivo degli americani. Al momento in cui è stato liberato aveva 18 anni e pesava intorno ai 27 chili. Probabilmente essere ridotto quasi allo sfinimento è stata forse anche la sua fortuna, in quanto molti deportati, al momento della liberazione, sono morti proprio perché le truppe americane che sono arrivate a liberare, non erano attrezzate per affrontare un’emergenza e gli davano da mangiare quello che loro avevano nei loro zaini: cioccolata, ceci e fagioli. Molti morirono perché non essendo abituati a mangiare niente, una botta calorica del genere li fece morire in seguito. Ricoverato presso la Croce Rossa internazionale è tornato a casa che pesava 37 chili. Quando ha cominciato a raccontare di queste esperienze nessuno gli credeva, perché erano cose talmente assurde e talmente incredibili. Solo negli anni ‘50, con i primi filmati americani, perché gli americani hanno filmato tutto al momento della liberazione, queste parole hanno cominciato a trovare dei video, delle fotografie, e quindi sono diventate credibili. Tutti i reduci hanno fatto un giuramento di testimoniare e di ricordare in memoria di coloro che purtroppo non erano sopravvissuti affinché le future generazione sapessero, conoscessero quello che era accaduto lì dentro, affinché nessuno più dovesse subire tali atrocità”.
Consiglio Giorno della Memoria 2009