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FIRENZE, LE FOTO DI ANGELA CHITI IN PALAZZO MEDICI RICCARDI

Limonaia, Via Cavour 1 / 3. Sabato 28 marzo 2009 ore 17.00 inaugurazione della mostra a cura di Alessandra Borsetti Venier

Una delle opere fotografiche esposte

Palazzo Medici Riccardi ha ormai da tempo una consolidata attività espositiva attenta non solo alle grandi opere del Rinascimento o della classicità, ma anche, in una sorta di dialogo virtuoso tra passato e presente, a quelle degli artisti contemporanei. Nella sua prestigiosa Limonaia, trova accoglienza dal 28 marzo al 18 aprile la mostra di opere fotografiche di Angela Chiti. Esposizione singolare, già a partire dal paradossale titolo “a occhi chiusi”, nella quale sentimenti, emozioni e memoria escono da misteriose aggregazioni materiche.
È soltanto nel 2007 che Angela Chiti inizia a utilizzare il colore e realizza la serie a occhi chiusi. Si tratta di una svolta decisiva nel suo percorso artistico ed espressivo. Non casualmente, il suo talento e la sua passione avevano finora ritenuto opportuno utilizzare esclusivamente il bianco e nero, scanditi nelle loro infinite variazioni. Nella raffinata eleganza dei suoi microcosmi informali a volte è difficile capire se si tratta di fotografie o di opere pittoriche fotografate. È come se pittura e fotografia fossero entrate in simbiosi, compenetrandosi in risultati emblematici e fortemente suggestivi, evolvendo in una dimensione “altra”. Sono immagini in assenza di peso specifico, aliene alla gravità, al tempo e a qualsiasi anatomia. Vi si possono immaginare lievi tracce materiche di realtà, ma forse è soltanto una necessità razionale di chi guarda e non accetta di lasciarsi andare al “vuoto” di pochi elementi immersi nella luce e nel colore. Un vuoto permeato da un’ “essenza” silenziosa che l’artista ha intuito e fermato attraverso la fotografia. Con l’intenzione - forse - di sospendere, anche solo per un istante, il ritmo convulso del vivere, e spostare l’attenzione su tutto ciò che ogni giorno sfugge, cancellato dall’urgenza.
“Angela Chiti - scrive Luca Landi - abita poeticamente il mondo, gli ambienti che la circondano e che si offrono al suo sguardo, secondo un’estetica dell’incontro e dell’esperienza che non è passiva registrazione di ciò che c’è, ma attivo posizionarsi nei confronti dell’immagine e della forma”.
Anche dalla poesia l’artista prende spunto per le sue opere ed ecco perché nel libro/catalogo, pubblicato da Morgana Edizioni per questa occasione espositiva, sono inseriti vari testi di quegli autori preferiti, come Emily Dickinson, Hatsuo Basho, Dino Campana, Cristina Campo, Giorgio Caproni, che la accompagnano e la ispirano nella ricerca della visione di un altro orizzonte di senso.

Il percorso espositivo di Angela Chiti inizia a Firenze nel 1986 a Palazzo Pitti con la collettiva L’etrusco immaginato, esposizione organizzata dalla Scuola Internazionale F64 di Luciano Ricci, anche se già nel 1985 lo stesso Ricci, partecipando al “SICOF” a Milano, aveva esposto una foto dell’allieva.
Fin dagli esordi nella sua ricerca si evidenzia il morbido uso del bianco e nero, la capacità di cogliere i soggetti con naturalezza, dotando le immagini di un taglio lirico-realistico. Agli inizi degli anni Novanta l’artista si dedica al ritratto ed espone in una personale ritratti di bambini della comunità cinese dell’area fiorentina in rapporto all’integrazione scolastica. Dal 1995 al 2003 contribuisce all’arricchimento dell’archivio fotografico dell’Istituto Ernesto de Martino di Sesto Fiorentino (Fi), documentandone tutte le iniziative svolte nell’ambito della cultura e della musica popolare italiana.
Nel 1996, durante un viaggio in Algeria con l’Associazione Ban Slout Larbi, Italia-Saharawi, realizza un rèportage incentrato proprio sul ritratto, cogliendo la profondità espressiva e la grande dignità di questo popolo.
Sempre nel 1996, la fotografa Maria Teresa Giancoli svolge una tesi su di lei all’Hunter College (NYC) e scrive: “Angela Chiti ha sviluppato due corpi di lavoro: uno ambientato all’interno di un teatro abbandonato e l’altro ambientato nei caffè e in altri luoghi d’incontro, entrambi realizzati in giro per la Toscana. Il primo è coincidentalmente legato al lavoro sui teatri svolto da Hiroshi Sugimoto (Metropolitan Museum of Art, New York, novembre 1995 - gennaio 1996). Mentre Sugimoto fotografa ciascun teatro usando la stessa rigorosa posizione frontale, Angela Chiti fotografa da diversi punti di vista; per lei lo spazio teatrale è una celebrazione di umanità. Con pochi elementi e la luce naturale, Angela Chiti accende la particolare vita del teatro abbandonato e di tutto il suo vissuto”.
Contemporaneamente si dedica sempre più al ritratto non ambientato. L’artista pone la figura umana come fulcro delle sue immagini, nel tentativo di rivelare la persona, “il tessuto di storia dell’anima, come vera espressione del sé”. L’uso del bianco e nero, l’assenza di artificio, la luce naturale, sono scelte estetiche volte a far emergere l’autenticità dell’essere, cercando la poesia che anima la vita. Nel 1997 avviene un cambiamento importante: ha inizio una ricerca visiva incentrata sugli elementi primari della natura. Nasce la serie Lito-grafia del Tempo, immagini di segni e astrazioni raccolte nell’elemento terra, lasciati nel tempo dal Tempo. Siamo di fronte a un invito, quasi un’indicazione etica, a cogliere l’intrinseca poesia della natura. In seguito, dal 1998 al 2003 affronta, sempre con il consueto uso del bianco e nero, l’elemento acqua. La serie dal titolo Fonti, si basa esclusivamente sul movimento e sulla luce, cogliendo quei connotati simbolici e ancestrali che da sempre le vengono attribuiti. La qualità e la novità di questa serie vengono segnalate da “Il giornale dell’Arte”.

MULTIMEDIA - ARTE 055 6811728 Info Provincia: 055 2760473/427 - 334 339 6562
Orari: aperto tutti i giorni ore 9.00 - 19.00, escluso mercoledì - Ingresso libero

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