UNA STORIA NEL CUORE. L’AFFONDAMENTO DELLA MOTONAVE PAGANINI, 28 GIUGNO 1940
Il libro di Daniele Finzi su una tragedia che coinvolse molte famiglie toscane all’inizio della Seconda Guerra Mondiale presentato in Provincia
“Il mare era mosso, molto mosso. Noi eravamo giù nella stiva. C’erano i lettini a castello e c’avevano detto di stare fermi perché il mare era mosso (...). C’era un fittacchiume incredibile, non si respirava. Mi alzai e andai sul ponte. Mi ricordo che le scale erano strette ed io che sono grosso ci passavo appena. Dopo una quindicina di minuti che ero sul ponte, la nave si inclinò e io mi ritrovai in mare”. Comincia così il racconto dell’ex alpino Aldo Piccini, classe 1919, intervistato da Daniele Finzi per il suo libro sull’affondamento della Motonave Paganini, avvenuto all’alba del 28 giugno 1940 nelle acque albanesi.
Il volume è stato presentato dai Presidenti dei Consigli provinciali di Firenze e Arezzo in Palazzo Medici Riccardi.
Si tratta di una tragedia dimenticata dagli storici, che riviste però un’importanza notevole sia per il numero delle vittime – oltre 200 e in gran parte provenienti dalla Toscana – sia per il contesto in cui si svolse. Questo affondamento fu infatti il primo anello della lunga catena di sciagure che caratterizzarono la campagna contro la Grecia voluta con forza da Galeazzo Ciano: i soldati della Paganini si stavano dirigendo in Albania, per la preparazione dell’attacco che avrebbe dovuto portare l’esercito italiano diritto a Salonicco “in ventiquattro ore” e che invece rivelò l’impossibilità da parte dell’Italia fascista di condurre una guerra parallela rispetto all’alleato tedesco, allora trionfante su tutti i fronti. L’improntitudine, la faciloneria, la colpevole incapacità da parte delle autorità nel predisporre gli strumenti adeguati a condurre a buon fine le operazioni militari si vede molto bene anche nei fatti della Motonave Paganini: soldati, animali, armi e macchinari sistemati a forza in coperta, mancanza di scialuppe di salvataggio e di vie di fuga – la nave passeggeri affittata alla Tirrenia non aveva scalette abbastanza larghe per far uscire i soldati in massa – nessun tipo di addestramento per le operazioni di evacuazione.
Il libro rivela come la tragedia sia ancora viva nei ricordi della gente che l’ha vissuta sulla propria pelle e come susciti ancora molte discussioni. Al sabotaggio come volle la versione delle autorità del tempo, Daniele Finzi contrappone la tesi di un attacco inglese, testimoniata dalle modalità dell’incendio e dalla presenza di sottomarini inglesi nelle acque adriatiche. La ricerca, condotta nell’arco di tre anni tra diverse province e negli archivi di molti enti e istituti anche esteri, ha messo in luce come le vittime della Paganini fossero in gran parte toscani. Soldati e ufficiali giovanissimi provenienti da tutta la regione, molti anche nelle vesti di tecnici, come gli sfortunati stampatori dell’Istituto Geografico militare di Firenze. Tra “i caduti rurali” della Paganini, figli di quell’Italia contadina che si immolerà tra le nevi dell’Ucraina e le dune del Sahara, ci furono anche molti mezzadri e coloni di Arezzo, San Sepolcro, Calenzano e Greve in Chianti.
Il libro è anche un saggio sulle modalità con cui si effettuano le ricerche sul campo, si vagliano le fonti e la documentazione e si ricostruisce filologicamente un avvenimento complesso e dalle molte implicazioni storico-politiche. E’ soprattutto un doveroso omaggio alla memoria delle vittime, “una storia nel cuore”, che merita il giusto spazio tra gli avvenimenti che caratterizzarono la storia locale e nazionale durante la Seconda Guerra Mondiale.