CALÒ E VERDI (PRC/PDCI/SC) SULLA CADUTA DEL MURO DI BERLINO
“E’ stato un fatto necessario, ma non costituisce di per sé un nuovo inizio per l’umanità”
20 anni fa cadeva il muro di Berlino. La caduta del muro di Berlino venne salutata come la vittoria della libertà sulle barbarie, come la possibilità di un nuovo inizio fondato sulla libertà, la cooperazione, la solidarietà, l’integrazione, su un nuovo periodo di pace e di integrazione. Sappiamo che non è andata così. Doveva sorgere un’era di pace e invece abbiamo avuto un proliferare di guerre atroci sotto vari pretesti, nel Golfo Persico, nei Balcani, in Afghanistan, in Iraq oltre quelle meno evidenti: Palestina, Angola, Uganda, Cecenia, Ruanda. Oltre 60 conflitti armati dal 1989. Doveva sorgere un’era di giustizia e invece si è cresciuto il divario tra paesi ricchi e paesi poveri, doveva sorgere un’era di democrazia e invece il potere politico e economico si è accentrato nelle mani di un’oligarchia globale. Doveva sorgere un’era di cooperazione e invece si è propagato un individualismo feroce, sordo al dolore e alle legittime aspirazioni degli altri. Il dopo ‘89 si afferma e trionfa come propensione ad un capitalismo aggressivo, senza alcuna remora, nella sua variante selvaggia, speculativa e iperliberista, che fa aumentare le diseguaglianze tra essere umani e che tra una guerra e l’altra ha prodotto devastazione nell’ambiente.
Gli Stati Uniti hanno colto l’occasione della sconfitta del nemico storico, per affermare la propria egemonia incontrastata su scala mondiale e il capitalismo ha preso l’abbrivio per aprire una nuova fase della propria storia: quello della globalizzazione neoliberista. I cantori del capitalismo hanno colto l’occasione per dire che eravamo alla fine della storia. La caduta del muro è stata usata per dare al capitalismo un valore “naturale” per affermare che viviamo nel migliore dei mondi possibili e che essendo il capitalismo “naturale” ogni tentativo di superarlo diventa un atto “contro natura” in qualche modo barbarico.
Questa rilegittimazione del capitalismo ha un sapore mortifero, sa di falsa coscienza, come prova il fatto che a distanza di 20 anni ancora si costruiscono barriere con la scusa di proteggersi dai diversi, siano essi migranti, richiedenti asilo o più semplicemente dai poveri, ovvero dai “dannati della terra”. Nella civilissima e democratica Israele ci è toccato vedere sorgere un altro muro, decisamente più robusto, tecnologico e invalicabile di quello di Berlino, 600 chilometri di robusto cemento armato e di check point che tengono segregati gli abitanti della Cisgiordania. E che dire delle recinzioni dell’unica frontiera che unisce l’Europa e l’Africa, quella di Ceuta e Melilla voluta da Aznar e ampliata, successivamente, da Zapatero: dotata di sofisticati mezzi di controllo. La barriera di Melilla è alta appena 6 metri e dotata di sensori notturni, radar e gas lacrimogeni; oppure la barriera di sassi e sabbia lunga 2575 chilometri che a più riprese ha segnato l’appropriazione, da parte del Marocco, del territorio Saharawi: barriere intervallate da fortini militari. 500 chilometri di rete elettrificata corrono tra il Botswana e lo Zimbabwe dal 2003 con la scusa di un’epidemia di afta, diventata poi strumento xenofobo di repressione. Infine c’è la barriera costruita con la scusa di contenimento dell’immigrazione clandestina iniziata nel ‘94 tra Messico e gli stati americani di Arizona, California, Nuovo Messico e Texas. Attualmenteconta appena 554 chilometri ma è destinata ad ampliarsi fino a 1200. Questi muri, barriere e recinzioni sono la prova estrema, decisiva, che le grandi parole celebrate nel novembre 1989 erano ingannevoli ed ipocrite. In questa dialettica sta il nostro giudizio politico sulla caduta del muro di Berlino: è stato un fatto necessario, ma non costituisce di per sé un nuovo inizio per l’umanità. E’ stato, anzi, utilizzato per costruire un nuovo inizio e una nuova rilegittimazione dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo e della guerra.
Celebriamo allora la caduta di quel muro con l’auspicio che ne possano cadere tanti altri. Noi, da parte nostra, non ci uniremo al coro retorico e propagandistico di chi vorrebbe legare quell’evento con l’inizio di una nuova e migliore società. Del resto la storia dei comunisti è la storia di chi può andare orgoglioso del proprio passato, è la storia di chi da sempre ha lottato dalla parte degli ultimi, della democrazia e della libertà: Noi siamo orgogliosi di essere nipoti della lotta partigiana.
Andrea Calò
Lorenzo Verdi
PRC/PDCI/SC
Provincia di Firenze