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BRUNELLESCHI, IL “BADALONE” E LA CUPOLA DEL DUOMO. “AI TEMPI IN CUI L’ARNO ERA NAVIGABILE”

Ecco come i marmi arrivavano nella Città del Fiore per realizzare la Cattedrale.
Una mostra e una relazione del Professor Massimo Ricci lunedì 8 settembre in Palazzo Medici Riccardi

Una veduta della cupola del Duomo di Firenze

(5 settembre 2003) – L’assessore all’Edilizia e alla Didattica ambientale Alberto Di Cintio e l’assessore alla Cultura Elisabetta Del Lungo hanno presentato stamani la mostra ‘Il badalone e i marmi della cupola’, che verrà inaugurata lunedì 8 settembre alle 18, nella Limonaia di Palazzo Medici Riccardi, e sarà preceduta, alle 17, nella Sala Est Ovest di via Ginori 12, da una conferenza tenuta da Ricci su ‘Il battello a pale del Brunelleschi’.
“La storia del battello chiamato ‘Il Badalone’ – osserva l’architetto Ricci - si lega alla costruzione della Cupola del Duomo di Firenze ed alla fornitura dei bianchissimi marmi che da Carrara (spiaggia dell’Avenza), venivano portati al “porto di mezzo” , lo scalo fluviale che precedeva la pescaia prima di Ponte a Signa”. Il suo nome vuol rappresentare un “oggetto enorme” o “ingombrante”, addirittura chiamato “il Mostro”. Tale doveva essere per trasportare almeno tre tonnellate di marmo per volta. Il natante fu inventato e realizzato a cura e spese del Brunelleschi e sembra che gli sia costato circa mille fiorini d’oro, una cifra enorme . L’idea di questo battello fu probabilmente dovuta al fatto che il trasporto di carichi molto pesanti, via Arno, era molto oneroso e rischioso.
Il trasporto veniva effettuato come per gli inerti del fiume con grosse imbarcazioni chiamate “Navi”.
Queste “navi” non erano altro che grossi barconi a fondo piatto, come moderni “pontoni”, che avevano la prua e la poppa squadrate ed aperte per permettere la salita e la successiva discesa di enormi blocchi di pietra o marmo con speciali carri o “lizze” . La maggior parte di questi venivano costruiti nei cantieri di Limite sull’Arno dove, fin dai tempi del Brunelleschi, si era sviluppata un'importante attività cantieristica e formata una nutrita schiera di Maestri d’ascia che fino a pochi anni fa ha costruito importanti “navi” e barche, in legno, compreso i famosi “Mas” di D’Annunzio.
Si trattava quindi di grosse imbarcazioni che, nonostante la loro chiglia piatta, correvano il rischio di arenarsi nelle anse del fiume con poco fondo. Questo fatto non deve trarre in inganno. Uno degli ultimi Maestri d’ascia di Limite sull’Arno ha detto che la profondità media del fiume nel tratto fra Signa e Pisa era di circa nove metri. Il fiume ha perso quasi tutto il suo alveo in tempi molto recenti per la mancata attività di drenaggio .
La maggior parte del viaggio vedeva l’imbarcazione trainata da terra tramite pariglie di bovi e l’uso di grossi canapi per vincere la corrente del fiume. Per questo motivo era molto costoso il suo trasporto. Brunelleschi tentò di ovviare a questo problema inventando un battello mosso dalla forza del vento che riducesse (quasi della metà) i costi di trasporto ed i tempi di consegna!
Il “Badalone” viene citato ufficialmente (e pubblicamente) nel certame poetico fra il Nostro Pippo ed il nemico più acerrimo, Giovanni di Gherardo da Prato. Quest’ultimo ci fa sapere che il Badalone naufragò nel suo primo viaggio. Attacca il Brunelleschi in questo che si può considerare uno dei suoi pochi fallimenti.
In verità, sembra che una grossa piena mise in crisi la “nave” e la fece naufragare con il carico di cento “migliaia” (migliaio o migliario = mille libbre fiorentine = trecentotrentachili) di marmo di Carrara, vicino a Empoli.
A differenza di altri studiosi che basano i loro scritti più sull’immaginazione che su i documenti d’archivio, “io – spiega Ricci - non concordo sul fatto che il Badalone fosse distrutto in questo evento, ma semplicemente ‘spiaggiato’ in qualche ansa del fiume. Ne sia prova il fatto che il Brunelleschi prese in prestito un grosso canapo dall’Opera del Duomo per recuperarlo e che l’Opera attese alcuni mesi per il recupero del marmo che trasportava”.
Al di là di quello che può essere l’esito della storia di questo battello, quello che importa è l’invenzione del genio brunelleschiano che ancora una volta offre alla storia ed ai suoi contemporanei un’invenzione fantastica : un battello meccanico mosso dal vento. “Sono convinto – aggiunge Ricci - come immagina anche il Pedretti che il disegno di Leonardo da Vinci si riferisca proprio a questo battello”. Come per tutte le altre meravigliose invenzioni “adoperate” dal Maestro, divenne il capostipite, l’archetipo, di simili imbarcazioni fino al secolo successivo. Ne sia esempio la “paratia idraulica” inventata per l’assedio di Lucca e per tutte le macchine della Cupola. Anche il Badalone finì sui “taccuini” dei più importanti architetti ed ingegneri del Rinascimento, come il Taccola e come lo stesso Leonardo da Vinci. Sembra proprio che quest’ultimo fosse un fine conoscitore e “copiatore” delle invenzioni brunelleschiane e dei principi di meccanica inventati dal grande Maestro. Riguardo al Badalone, forse rimase in vista sul corso dell’Arno come relitto e permise a studiosi come il Da Vinci di analizzarne la struttura ed il funzionamento.
Brunelleschi fu infatti un vero e proprio “pozzo di meraviglie” per gli ingegneri ed architetti del suo tempo e del secolo successivo. A differenza di Leonardo, egli usò e mise in pratica tutte le sue invenzioni, esponendole alla “copiatura”. Era tanto convinto di questo che per il “Badalone” pretese addirittura il primo “brevetto” della storia. Fece impegnare l’Opera del Duomo di Firenze per tale condizione contrattuale.
A differenza di altri studiosi un po’ troppo legati alla facile immaginazione ed ai racconti “romanzati”, “io – dice Ricci - credo che il Badalone fu veramente il primo battello mosso da un’energia diversa da quella dell’uomo o degli animali trasmessa meccanicamente e non con la vela: fu sicuramente il primo a funzionare con delle vere e proprie eliche”.
Scrittori come il Ross King ne sminuiscono l’importanza ed i riferimenti tecnici, affidandosi a rappresentazioni di differenti tecnologie di trasporto.
Se il battello fosse stato a semplice “traina animale” o da parte di navi come una semplice zattera, “non capisco dove sarebbe stata l’innovazione e soprattutto la velocità che permetteva di dimezzare i tempi di trasporto rispetto ai sistemi tradizionali”. Se Brunelleschi pretese il primo “brevetto” della storia dell’uomo che prevedeva l’incendio delle “copie” del suo battello eventualmente realizzate illecitamente, ci sarà stata una ragione importante e soprattutto dei principi di funzionamento rivoluzionari e nuovi per tutti. Era quindi veramente un battello “meccanico” che faceva uso di un sistema propulsivo ad eliche.
Nella rappresentazione di Leonardo, che Ricci ha preso come base per la ricostruzione, troviamo infatti che la “nave” è mossa da pale azionate dal vento. La tecnologia per lo sfruttamento di questa risorsa energetica era già molto nota e raffinata, Brunelleschi ne trovò semplicemente, si fa per dire, una nuova e rivoluzionaria applicazione. Ovviamente il genio del Maestro non si contenta di copiare un mulino. Per esempio, grazie all’attenta analisi fatta da Leonardo “ho potuto capire (fra tante altre raffinatezze) che le pale del battello erano di un’estrema razionalità”.
In pratica funzionano come un “sacchetto” che si apre sotto la spinta del vento e si richiude automaticamente quanto questa cessa, per offrire minore resistenza all’aria nel corso della rotazione.
“La mia ricerca - conclude il Professor Ricci - cominciata nel 1997, mi ha portato a questa ricostruzione integrale, analizzando minuziosamente la meccanica del battello attraverso il disegno citato e ricostruendone integralmente tutti i principi di funzionamento meccanico. Per lo scafo ho invece preferito utilizzare una ‘comune nave’. Nonostante che Leonardo avesse teso a mascherare la sua “copiatura” dando una forma diversa allo scafo, proprio da alcune soluzioni tecniche che egli riporta nel disegno, ho potuto capire che Brunelleschi utilizzò appunto una comune imbarcazione da carico del tempo alla quale apportò solo le modifiche utili al suo funzionamento con la forza del vento”. La rappresentazione in computer grafica “statica” del Badalone è stata da Ricci illustrata per la prima volta nella conferenza inaugurale dell’Anno Accademico 2002-2003, dell’Università Politecnica di Valencia (Ottobre del 2002).
Il modello fisico del battello e la ricerca illustrata su tavole inerente il trasporto dei marmi per la costruzione della Cattedrale via Arno e sui porti fluviali utilizzati nel tratto Pisa-Signa è invece la prima volta che viene mostrata pubblicamente e sarà oggetto della conferenza inaugurale della Mostra, all’interno della quale sarà presentata anche la ricostruzione “animata” in computer grafica del battello: i visitatori potranno vederlo in azione.
Il Professor Ricci è consulente (dal 1992) della Chiesa Cattedrale di Pienza per i problemi statici della medesima, dal 1997 di Tecnologia Antica della Graduate School of Design della Harvard University. Dal ‘97 è anche titolare del Laboratorio di Tecnologia dell’Architettura della Facoltà di Architettura dell’Università degli studi di Firenze.Esperto del Forum Unesco “Università e Patrimonio” (dal 2002), è Direttore del Dipartimento di Tecnologia dell’Architettura Antica del Forum Unesco di Lucca e, al suo interno, titolare della Cattedra Internazionale di Tecnologia dell’Architettura Antica.

05/09/2003 13.46
Provincia di Firenze