FOIBE, FIRENZE RACCONTA LA TRAGEDIA CON UNA MOSTRA
Apre, nel 'Giorno del ricordo', nella galleria ‘Via Larga’ di Firenze da giovedì 10 al 17 febbraio. Storie e immagini di quei terribili 38 anni: dalle barbarie nazionalista all’orrore delle stragi, fino all’esodo di migliaia di profughi italiani
Il Convento di Sant’Orsola, da poco riportato dalla Provincia alla sua dignità storica nel contesto fiorentino, fu uno dei luoghi di accoglienza dei profughi istriani e veneto-giuliani, che, nel passaggio dalla seconda guerra mondiale alla pace, furono costretti a un esodo drammatico, preceduto dalla stagione degli eccidi nelle foibe. Più in generale fu una vera tragedia quella vissuta del confine orientale italiano nel periodo che va dal 1918 al 1956. I drammi patiti da quella terra e da quelle popolazioni rivivono ora in una mostra in dieci pannelli, ‘Fascismo, Foibe, Esodo’, che sarà ospitata da domani, giovedì 10 febbraio (con inaugurazione alle 17), fino al 17 febbraio, nella galleria “Via Larga” della Provincia di Firenze, in via Cavour 7/r. La mostra è stata presentata stamani dall’assessore provinciale alla Pubblica Istruzione, Giovanni Di Fede, e da Silva Rusich, rappresentante dell’Aned (Associazione nazionale ex deportati).
Ad aggravare la già difficile situazione degli esuli – è stato ricordato stamani – contribuì un’accoglienza ostile, un’opinione pubblica nazionale non sensibilizzata al dramma da cui questi profughi fuggivano, un’ideologia malata ed in crisi che porta all’identificazione dello straniero con il cattivo. Come gli italiani venivano identificati con i fascisti, gli slavi con l’esercito di Tito, così i profughi erano visti come reietti. “Con questa mostra – dichiara Silva Rusich - cogliamo l’occasione di diffondere la conoscenza della storia e delle vicende drammatiche del confine orientale con una particolare attenzione agli anni ’40, al processo di italianizzazione forzata condotto dai fascisti italiani. La mostra pone l’accento su tre momenti storici in particolare: il ’43, il ’45 e l’esodo”. La famiglia di Rusich arrivò a Firenze negli anni successivi al Trattato di Parigi (1947). “Le organizzazioni ecclesiastiche – ricorda ancora Silva Rusich – offrirono un sostegno a quella che solo con il tempo diverrà un’effettiva integrazione; tra i luoghi non possiamo dimenticare Sant’Orsola”. Per il vicepresidente dell’Aned Alessio Ducci, “la giornata del ricordo offre a tutti l’occasione per rendere giustizia alle vittime della difficile situazione del confine orientale: gli jugoslavi prima e gli italiani poi caddero sotto il colpo della furia nazionalista. Se di responsabilità si deve parlare, è bene che ognuno assuma le proprie davanti alle vittime”. Il travisamento del concetto di nazione raggiunse i suoi esiti più feroci: il confine orientale, crogiolo di etnie e popolazione di lingua diversa, sull’onda del disgregamento dell’impero austro-ungarico, cadde preda della follia nazionalista, da parte degli italiani prima, dei tedeschi poi, infine degli slavi.