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DA FIRENZE AI CAMPI DI CONCENTRAMENTO. RICORDATO IL DRAMMA DI SESSANTASEI ANNI FA
Una cerimonia dell’Aned, in Piazza Santa Maria Novella, per commemorare lo sterminio nazista

foto commemorazione

Una giornata per non dimenticare i tanti giovani innocenti deportati da Firenze per motivi politici. Con una cerimonia in Piazza Santa Maria Novella stamani, lunedì 8 marzo, si è celebrato il 66° anniversario della deportazione dei fiorentini nei campi di concentramento e sterminio nazisti e il primo anniversario del patto di Fratellanza fra il Comune di Firenze e quello di Mauthausen.
All’evento, organizzato dalla sezione fiorentina dell’Aned, hanno partecipato amministratori degli enti locali e studenti delle scuole medie e superiori.
Ad aprire la cerimonia è stato Mario Piccioli, segretario di Aned Firenze ed ex deportato. Una testimonianza, la sua, diretta e pungente, che ha ripercorso il terribile calvario della deportazione, illustrando ai molti giovani presenti le condizioni disumane in cui i fiorentini vivevano nei campi di concentramento.
Sotto il loggiato delle ex scuole Leopoldine di Piazza Santa Maria Novello erano presenti i Gonfaloni dei Comuni del territorio, oltre a quello di Firenze, della Provincia e della Regione Toscana.

In allegato tre fotografie dell’evento.

NOTA STORICA. La Deportazione politica e lo sciopero generale del marzo 1944: il treno da Firenze – Santa Maria Novella
Decine di migliaia di cittadini italiani, uomini e donne arrestati dopo I'8 settembre 1943 per motivi politici e razziali, finirono nell'ingranaggio della macchina della morte delle SS naziste. Ricordiamo la tragedia delle persecuzioni, della deportazione e dell'atroce fine nei campi di sterminio nazisti di intere famiglie di ebrei italiani. Vi è poi la vicenda dei deportati politici, antifascisti, partigiani e operai, questi ultimi arrestati e deportati dopo lo sciopero generale del marzo 1944, finiti nei campi di concentramento (KL o KZ) nazisti. L'arresto e la deportazione dei "politici" fu motivato sui documenti con la dizione Schutzhaft, appiglio "legale" escogitato dal nazismo per trasferire nei lager a scopo preventivo i propri avversari, le persone considerate pericolose per la sicurezza del Reich.
Lo sciopero generale del marzo 1944, di dimensioni impressionanti per le condizioni in cui si svolse in piena occupazione nazista, organizzato nell'Italia centro-settentrionale dal Comitato di Liberazione Nazionale, e quindi da tutti i partiti antifascisti, ebbe tra le sue finalità quelle di far cessare il trasferimento di mano d'opera per il lavoro coatto in Germania, opporsi allo sfruttamento degli impianti produttivi a favore dell'industria bellica del Terzo Reich e impedire lo smontaggio dei macchinari da parte dei tedeschi, iniziato in alcuni centri industriali. Ma l'obiettivo principale fu quello di contribuire in modo decisivo, attraverso un'opposizione sociale di massa, ad abbattere il nazifascismo.
L'importanza di tale sciopero, già compreso da alcuni organi di stampa internazionali all'indomani del suo svolgersi, è ben riassunto in un articolo del New York Times del 9 marzo 1944: "In fatto di dimostrazioni di massa non è mai avvenuto nulla di simile nell'Europa occupata che possa somigliare alla rivolta degli operai italiani....". In Toscana, come altrove, le parole d'ordine sono: pane, pace, lavoro e libertà. A Firenze scioperano gli operai delle Officine Galileo, del Pignone, della Ginori e di altre fabbriche, ad Empoli e comuni vicini gli operai delle vetrerie, a Prato gli operai tessili.
La repressione a seguito dello sciopero generale è dura e possibile grazie all'apporto essenziale della milizia fascista. I rastrellamenti sono indiscriminati, si arrestano gli operai che avevano scioperato ma anche quelli che non avevano scioperato. Per gli occupanti nazisti, benché irritati per il crescente affermarsi di una Resistenza civile in Italia, ogni occasione di repressione e pretesto di rappresaglia era utile per deportare in massa gli uomini e donne in grado di lavorare a favore dell'industria bellica. Infatti, dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 e la susseguente occupazione dell'Italia, anche l'ex alleato era visto come un enorme serbatoio di manodopera ed oltre ad intensificare anche qui la deportazione di ebrei per la "soluzione finale", si procedeva a rastrellamenti spesso indiscriminati di uomini e di donne, identificati come "avversari del Reich". Dei quasi 40.000 deportati italiani nei campi di concentramento e di sterminio, tra cui ca. 10.000 ebrei, solo il 10%, ca. 4000, riuscì a sopravvivere.
Gli scioperi iniziarono la mattina del 4 marzo, quando vennero fatti saltare tratti della linea tranviaria. Il 5 marzo quasi tutta la provincia era in sciopero ed iniziarono i rastrellamenti.
La mattina del 6 il Comando delle Brigate Garibaldi, per alleggerire la situazione a Firenze, decise di attaccare Vicchio di Mugello, operazione che fu conclusa dalle formazioni di Gattaia e Monte Giovi. La sera del 7 ci fu l’attacco e il paese restò nelle mani dei partigiani per molte ore.
In città i fascisti repubblichini sotto la guida di Carità e del prefetto Manganello, il quale aveva minacciato di trucidare gli operai delle Officine Pignone che avevano abbandonato lo stabilimento malgrado che ai cancelli fossero state piazzate le mitragliatrici, iniziarono i rastrellamenti e gli arresti di massa di quanti fossero sospettati di aver preso parte allo sciopero.
Nella notte furono arrestati 5 operai della Pignone, fra cui il compagno Luigi Leporatti del comitato di agitazione e membro della cellula clandestina del P.C.I.; 5 del Fabbricone di via Arnolfo, oltre 50 delle vetrerie Taddei di Empoli, 480 lavoratori lanieri di Prato, 24 delle ceramiche di Montelupo Fiorentino. Numerose altre persone furono arrestate e rastrellate in Piazza Dalmazia , in prossimità della Galileo e a San Frediano.
Le persone catturate furono trasferite alle Scuole Leopoldine, centro di raccolta regionale dove erano stati portati altri centinaia di rastrellati in tutta la Toscana. Alcuni furono rilasciati per interventi vari, ma la maggioranza, nel pomeriggio del giorno 8, fu portata alla stazione di Santa Maria Novella, rinchiusa in carri bestiame sigillati e avviata verso la Germania. II convoglio, strada facendo, agganciò a Fossoli e a Verona vetture provenienti da Torino e Milano con altri lavoratori arrestati e I'11 marzo arrivò a Mauthausen, una località austriaca già nota per aver ospitato un campo di prigionia durante la prima guerra mondiale. II KZ (abbreviazione dal tedesco Konzentrationslager) di Mauthausen in Austria (dal 1938 annessa al Reich Germanico), con i suoi 49 sottocampi, fu tra i peggiori dell'intero universo concentrazionario nazista, classificato dalle stesse SS di terzo livello, "per gli incorreggibili".
Nella neve alta, bastonati e scortati dalle SS, i deportati raggiunsero sulla collina il recinto del lager. Seguirono la solita trafila: immatricolazione, rasatura, disinfezione, doccia, trasferimento nella "quarantena", dove subirono umiliazioni e torture. Poi, intorno al 25 marzo, in maggioranza furono trasferiti al sottocampo di Ebensee, ancora in costruzione, mentre altri rimasero al campo madre di Mauthausen dove furono adibiti al lavoro-schiavo nella cava di pietra delle SS. Altri ancora finirono, per morirvi, nei campi di Gusen, Bad Goisem e Linz e al centro di "eutanasia" di Hartheim. II decreto Nacht und Nebel (notte e nebbia) del 12 dicembre 1941 impose di lasciare parenti, amici e conoscenti in patria all'oscuro della sorte dei deportati. Molte famiglie a Firenze, attesero invano, per mesi, il ritorno dei propri cari.
Fonte: Centro di documentazione storica della Resistenza

08/03/2010 12.53
Provincia di Firenze