ESPOSTO AL PUBBLICO IL KOUROS MILANI
Alla mostra “ModaCostumeBellezza nell’antichità” fino al 19 ottobre in Palazzo Medici Riccardi
La statua, di dimensioni lievemente superiori al vero, raffigura un giovane nudo, in posizione rigidamente frontale, con la gamba sinistra leggermente avanzata e le braccia distese lungo il corpo, con le mani chiuse a pugno.
La figura ha una solida impalcatura ossea ed una complessione massiccia, con gli ampi pettorali che si aprono sulle spalle larghe e possenti e gli arti dai muscoli robusti che creano un forte contrasto con la vita stretta e in tensione.
Il volto ovale è illuminato dai grandi occhi con le pupille incise, mentre la bocca è atteggiata nel caratteristico “sorriso” che sottolinea l’articolazione dei volumi e rende al contempo l’interiore sentimento di kalokagathìa, la nobiltà e bontà di sentimenti da cui consegue l’ideale serenità emotiva.
L’elaborata capigliatura, ripartita dalla scriminatura centrale, si suddivide in una zona frontale, con due ordini di riccioli sovrapposti (hélikes), ed una ondulata, che scende sulla nuca in dieci lunghe e corpose ciocche che ricadono sulle spalle come una cascata di perle. Ad essa si sovrappone un complicato diádema, costituito da una fascia (tainìa) che si allarga gradualmente sulla fronte per accogliere una fila di venti fogliette dal profilo ondulato e con incisioni quadrettate, disposte ai lati di una rosetta ad otto petali; la tainìa passa poi al di sopra delle orecchie per annodarsi sulla zona occipitale ricadendo in due lunghi lembi lisci.
Opera di uno scultore ateniese che la realizzò intorno al 550 a. C., la statua doveva essere il monumento funerario (séma) posto sulla tomba di un personaggio di rango aristocratico, oppure un prezioso dono votivo (ágalma) dedicato ad una divinità nel suo santuario. E solo apparente è, sia in un caso che nell’altro, il contrasto fra le grandi masse muscolari del corpo nudo e la cura minuziosa posta nei dettagli della capigliatura. In accordo con i principi compositivi della scultura greca, infatti, secondo i quali la testa e il corpo sono elementi equivalenti di un insieme plastico unitario, nel Kouros Milani la nudità integrale e la posizione ieratica, proprie di una figura concentrata in se stessa e non impegnata in alcuna azione specifica, sintetizzano i valori di perfezione fisica e di fiorente giovinezza, quindi di “bellezza” (kállos) eroica. Quest’ultima si integra con l’unico ma significativo elemento ornamentale che il giovane indossa e che lo colloca indiscutibilmente nell’ambito dell’elevato rango sociale degli ándres agathói, il prezioso diadema posto su una ricca ed elaborata capigliatura, anch’essa simbolo di bellezza quanto di aristocratica appartenenza, che richiama alla memoria le fluenti chiome ed i riccioli intrecciati d’oro e d’argento, simili a quelli delle Chárites (le Grazie), ricordati da Omero nel XVII canto dell’Iliade per l’eroe Euforbo, ucciso da Menelao sotto le mura di Troia.
(Mario Iozzo)
Anche in mostra:
Cratere François
530 a.C. – Firenze, Museo Archeologico Nazionale
Trovato a Dolciano, presso Chiusi, nel 1844, il grande cratere a volute noto come “Vaso François” (dal nome del suo rinvenitore Alessandro François) è un’opera unica per dimensioni e complessità compositiva. E dovevano essere di questo ben consapevoli i due artigiani (Kleitias il pittore ed Ergotimos il vasaio) che firmano per ben due volte il loro capolavoro.
Sulla spalla del vaso si sviluppa la fascia della solenne processione delle divinità che festeggiano le nozze di Peleo e Teti; segue, nel fregio inferiore, l’agguato di Achille a Trolio e sul retro il ritorno di Efesto fra le divinità dell’Olimpo. Sul labbro e sul coolo sono narrati la mitica caccia al cinghiale calidonio, i giochi funebri in onore di Patroclo, il ritorno di Teseo da Creta, la danza dei giovinetti e delle fanciulle che l’eroe ha salvato dal Minotauro, ed infine la lotta tra Lapiti e Centauri. Sul piede conclude la sequenza delle narrazioni la battaglia tra i Pigmei e le gru.
Importante fonte di documentazione del mito greco dunque, ma anche come fonte di informazioni sotto il profilo della moda e dei costumi: da parte di alcuni studiosi infatti, si è ritenuto di riconoscere una delle prime comparse del peplo, proprio in questo vaso.
Numerose figure femminili che qui sono rappresentate indossano una lunga veste tenuta da spilloni e cinta in vita, con un ampio risvolto e riccamente decorata.
Tomba delle hydriai di Meidias da Populonia
Seconda metà del V sec. a.C. – Firenze, Museo Archeologico Nazionale
Così definita per la presenza di due hydriai (vaso per contenere acqua) attiche a figure rosse del pittore di Meidias, attivo sullo scorcio del V sec. a.C.. Il corredo funerario a cui appartengono questi due vasi è unico per la complessità degli oggetti, offrendoci un interessantissimo spaccato della vita e dei costumi di una donna di rango elevato vissuta tra la fine del V e gli inizi del IV sec. a.C. Le raffigurazioni di entrambi i vasi si rifanno al culto di Afrodite; ad essi sono associati vasellame e strumenti da mensa per il simposio (l’evocazione del consumo del vino e delle carni alludono al ruolo dominante della defunta) ed infine oggetti personali di particolare raffinatezza (ad es. lo specchio a decorazione incisa)
Sarcofago policromo di Larthia Seianti
II sec. a.C. – Firenze, Museo Archeologico Nazionale
Rinvenuto in una tomba della necropoli di Marcianella – Chiusi – per l’occasione è esposto per la prima volta con il suo corredo di strumenti in argento da toeletta. La donna, che regge uno specchio - indossa un sottile chitone decorato da fasce verticali verdi e purpuree con orli riccamente decorati, stretto in vita da una cintura gialla decorata con rosette e bolli, calzari rossi con appliques a losanga , diadema con rosette, orecchini con pendente a piramide, una collana con pendente a testa alata, armille a doppio cordone alle braccia e agli avambracci ed anelli alle dita.
Foto disponibili alla pagina
www.provincia.fi.it/Ufficio-inf-pr/foto/TESORI/ModaCostumeBellezza.htm