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LA MODA NELL’ANTICHITA’
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Il sarcofago di Larthia Seianti

L’eleganza dei Faraoni, impeccabile raffinatezza
Veri cultori della forma e della vita di relazione, gli Egizi sono convinti che l’abito faccia il monaco. Per questo il vestiario è raffinato ed elegante, la cura della persona minuziosa quasi maniacale, i gioielli e gli ornamenti fondamentali.
Eppure la foggia degli abiti è estremamente semplice. Tipica, la skenti, una specie di gonna di tela bianca, sostenuta da una cintura. Ma c’è anche la kalasiris, tipica delle donne e in seguito indossata anche dai faraoni. Dritta, formata da un unico taglio di stoffa rettangolare che fascia il corpo, è sostenuta da due bretelle. Completa tutto un largo collare ingioiellato.
Per quanto riguarda la stoffa, trionfa il lino, magari plissettato grazie ad una ripiegatura a fisarmonica della stoffa inumidita poi lasciata seccare sotto pietre pesanti.
Maestri di arte cosmetica, gli egizi inventano perfino il belletto e scoprono le proprietà cosmetiche della polvere di antimonio e di quella di zinco che usano per produrre l’ocra con cui donano un colore dorato alla loro pelle. Le acconciature, famosissime, sono rappresentate dalle grandi parrucche realizzate con pelo di animali o fibre vegetali circondate dall’infula, una benda ricamata e fissata con un ornamento a forma di serpente.
E infine, i piedi. Gli Egizi non possono permettersi di trascurarli. Dedicano loro attenzione estrema infilandoli in calzature con suole sottili fatte di listarelle di cuoio e di foglie di papiro o di palma intrecciate: sono i sandali.

I Greci, astrazione geometrica e giusta proporzione
La vestizione della dea Era
Dapprima con l’ambrosia toglie ogni impurità dal corpo.
Poi lo unge con un balsamo soave fatto apposta per lei;
quindi cosparge di profumo il suo bel corpo
e raccoglie i capelli in riccioli lucenti,
che pendono belli dal capo immortale.
Poi indossa l’abito che Atena le ha preparato
adornandolo bene, e lo chiude sul petto con un fermaglio d’oro.
Sul petto si cinge con una fascia a cento frange.
Ai lobi forati delle orecchie, mette orecchini con triplice pendente
grandi come more, che splendono graziosamente.
Infine copre il capo con un bel velo, luminoso come il sole.
Omero, Iliade, XIV, 170-185

A differenza dell’egizio, ingabbiato da una struttura sociale piramidale e da abiti formalmente prescritti, l’uomo greco è esaltato nella sua individualità dalla seminudità e dall’esercizio fisico.
Fino all’epoca di Alessandro il costume greco sia maschile che femminile rimane relativamente stabile nella sua assoluta semplicità: è composto da rettangoli di stoffa drappeggiati intorno al corpo, senza alcun ricorso a tecniche di taglio e cucito.
Uomini e donne indossano il kiton, un’ampia e morbida tunica, lunga fino alle ginocchia per gli uomini, fino alle caviglie per le fanciulle, fino ai piedi per le donne sposate, sostenuta da spille e fermagli. Sul kiton gli uomini giovani indossano un corto mantello, di solito fissato su una spalla, noto come clamis. Le donne invece mettono il peplos, un lungo rettangolo di stoffa sistemato orizzontalmente intorno al torace, passato sotto un braccio, fissato sulle spalle da fibbie e pendente lungo l’altro braccio in pieghe aggraziate.
Già, le pieghe. E’ fra i Greci che l’arte del drappeggio si evolve e raggiunge l’apice della perfezione, in sintonia con gli ideali filosofici e politici che mettono l’uomo al centro del creato.
Piacciono i colori. Se sono sgargianti nel periodo arcaico (VII e Vi secolo a.C.), come il viola, il rosso vivo, il giallo, il verde, che brillano ai bordi dei panneggi in ricami che rappresentano figure stilizzate di vegetali, animali o la famosa “greca”, in epoca classica diventano più tenui. Nel V secolo infatti gli abiti sono in prevalenza bianchi e le decorazioni sono sostituite da motivi geometrici color porpora. E’ nel periodo ellenistico che tornano i colori ma le tonalità tendono più al pastello e trionfano le dorature.
Le acconciature? Uomini e donne portano i capelli lunghi. Le donne li legano con nastri o li acconciano con semplici chignon sulla nuca. Le più abbienti indossano diademi d’oro e pietre preziose. E’ dopo la conquista romana che arrivano i toupet di capelli artificiali.
Pazzi per i gioielli, passione ereditata dai Micenei, i Greci amano collane, diademi, bracciali, fibule. Sono tutti in oro, spesso ridotto in fili sottilissimi che vengono poi intrecciati.
Meno attenti alle scarpe, per molto tempo i Greci non le indossano. Ma quest’uso poi sopravvivrà solo in privato. Perché nel corso dei secoli le calzature – è il caso di dirlo - prendono piede e si fanno sempre più eleganti e raffinate. Sono in prevalenza calzari in cuoio, in stoffa o in pelle conciata, talvolta arricchite da fibule metalliche.

Etruschi, ovvero la modernità
Influenzati dalle popolazioni orientali e dell’area cretese-micena, gli Etruschi indossano abiti tagliati e cuciti seguendo linee del corpo. Il gusto del colore, della linea, della stilizzazione e del movimento sono caratteri peculiari del costume di questo popolo.
Oltre alla tunica, gli uomini indossano un ampio mantello rettangolare, ricamato e bordato, detto tebenna, che avvolge tutta la persona, lasciando liberi solo la spalla e il braccio destro. Ci sono tebenne color amaranto, turchesi e in tutta le gamma dell’ocra. Il lucumone, il re, indossa un mantello quadrato, bordato e ornato da fiocchi agli angoli con un’apertura per la testa riccamente ricamata.
Sorprendentemente moderno l’abito femminile: un vestito lungo aderente, senza cintura con le maniche lunghe fino ai gomiti, talvolta con una scollatura sulla schiena e dotato di un cappuccio. Può essere anche in due pezzi, formato da una gonna lunga, aderente o vaporosa, e una specie di bolero, entrambi fittamente ricamati con motivi geometrici.
I tessuti più usati sono la lana e il cotone, mentre il feltro viene impiegato per le calzature e i copricapo, conici e ripiegati. Fino al V secolo, periodo in cui entrano in contatto con i Greci, gli Etruschi non usano sandali ma una calzatura di origine orientale, uno stivale alto chiuso da lacci che lascia scoperte le dita dei piedi.
In una civiltà dove le tecniche di fusione e lavorazione dei metalli sono notevolmente sviluppate, non possono mancare i gioielli. L’elemento base della gioielleria etrusca è la lamina d’oro che viene lavorata con le tecniche della granulazione o della filigrana. L’oro viene spesso abbinato all’ambra per realizzare splendidi monili caratterizzati da disegni raffinati.

Romani, l’esaltazione della dignitas
Semplicità, sobrietà, dignità: sono le caratteristiche del civis romanus togatus. La toga è l’elemento per eccellenza del cittadino romano. Indossarla direttamente sul corpo nudo sta a testimoniare una condotta di vita spartana e degna. Larga due metri lunga circa sei, la toga è concepita per essere avvolta abbondantemente attorno alla persona, coprendo il braccio sinistro e lasciando libero il destro. Abito dei senatori e degli oratori, il drappeggio e le pieghe della toga sono attentamente studiati e preparati perché sono espressione di uno stile individuale. Esistono vari tipi di toga: la pura o virilis è la toga classica, di lana grezza o liscia. La toga candida è indossata dagli aspiranti a cariche senatoriali (da qui la parola candidati) ed è bianchissima. La praetexta, bianca e orlata di porpora, è indossata dai sacerdoti e dai magistrati. La toga picta, in porpora e riccamente decorata in oro, viene concessa a consoli e capitani vittoriosi. Il laticlavio, guarnito da due strisce di porpora parallele, è indossato da senatori e cavalieri.
In casa l’abbigliamento è semplice e identico per uomini e donne. Consiste in una tunica semplice chiamata indumenta, stretta in vita da una cintura. Poi ci sono le brache, vere e proprie comodità importate dai barbari dell’Europa del Nord e dall’Oriente. I Romani le vedono per la prima volta durante le guerre galliche, scoprendo quanto siano pratiche per cavalcare e combattere, cominciano a indossarle sempre più di frequente. Alla fine del I secolo d.C. le brache sono usate da tutti i soldati romani.
Le donne indossano direttamente sul corpo nudo una tunica in lino o in lana, ampia e con le maniche corte. In pubblico mettono anche una cintura, a meno che non siano in stato di gravidanza. I colori delle tuniche variano dal viola all’azzurro al giallo al verde. Fuori casa, sulla tunica, si sovrappone una stola lunga fino ai piedi e senza maniche fissata lungo le braccia da cammei e sostenuta in vita da fasce e cordoni. Sulla stola, la palla, mantello rettangolare che viene avvolto intorno al corpo come la toga maschile.
Solo dopo sposate, le donne possono acconciare e adornare i capelli. Così, mentre le ragazze li portano sciolti o annodati o fermati semplicemente con nastri, forcine, spilloni in osso, tartaruga e legno, le matrone non esitano a sperimentare ogni tipo di acconciatura immaginabile. Arricciano i capelli col ferro caldo, aumentano il volume della capigliatura con trecce e posticci, si sbizzarriscono in acconciature vistose spesso sostenute da complesse architetture in bambù o metallo che possono raggiungere anche i venti centimetri di altezza. Una moda che si diffonde soprattutto in età imperiale, periodo che vede diffondersi anche l’uso smodato dei cosmetici: il minio per tingere le labbra e ravvivare la carnagione, il belletto bianco, il nero e il blu per truccare il contorno degli occhi e le ciglia.
Stessa passione per i gioielli. Il contatto con l’Oriente fa conoscere il piacere dell’ornamento. In periodo imperiale gli orecchini, le collane, i braccialetti e gli anelli divengono una necessità imprescindibile sia per uomini che per le donne. Queste amano imprigionare i capelli in reticelle da cui pendono monili di ogni genere realizzati con metalli e pietre preziose.
Per quanto riguarda le calzature, troviamo le semplice solae trattenute da lacci, le caligae che coprono il tallone, usate fuori casa, i calcei, da indossare sotto la toga. I sandali sono invece una calzatura tipicamente femminile.

09/10/2003 10.12
Provincia di Firenze