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VINCI E 'ALLEGRI', "SEGUIRE OGNI PASSO"
La situazione dell'azienda illustrata dall'assessore Simoni e discussa in Consiglio provinciale. I commenti di Montagni (Pd) e Calò (Rifondazione)

L’azienda Allegri di Vinci rappresenta un importante esempio di capacità produttive e di creatività. Ma è interessata a una crisi per la quale si parla di circa trenta esuberi. Il 22 giugno 2010 chiuderà il periodo di cassa integrazione straordinaria, per cui vi sarà un passaggio dei lavoratori in mobilità. Le parti stanno trattando per individuare i lavoratori da mettere in mobilità, facendo un ragionamento su quelli in prossimità della pensione. Il 17 maggio si è svolta un’assemblea di dipendenti, piuttosto animata, e i lavoratori hanno approvato a maggioranza un documento delle organizzazioni sindacali nel quale vi è un’esplicita critica all’azienda per come si sta comportando anche nella gestione della mobilità dei lavoratori. Il 19 le parti sono tornate a incontrarsi in una riunione che ha visto anche la presenza dell’amministratore delegato insieme alle organizzazioni sindacali, che non hanno considerato esaustivo l'incontro perché, a loro giudizio, l’azienda non avrebbe risposto ai quesiti posti dai lavoratori. Per la Provincia si devono favorire il più possibile i lavoratori coinvolti nel passaggio in mobilità, "conseguendo un po’ di responsabilità e di buon senso", ha detto l'assessore provinciale al lavoro Elisa Simone rispondendo a due interrogazioni del gruppo Pd (consiglieri Montagni, Bartaloni, Capecchi, Melani e Cei) e di Rifondazione comunista (consiglieri Calò e Verdi). "La ditta Allegri - ha detto in replica Enzo Montagni del Pd - è una realtà molto importante dell’Empolese-Valdelsa, e la sua crisi arriva dopo che il settore moda ha perso in questa zona oltre 150 posti di lavoro. La stessa Allegri negli ultimi 4 anni ha quasi dimezzato i propri dipendenti e ce ne sono oltre 50 in cassa integrazione". La vicenda è emblematica di quello che è successo e che sta succedendo "nella nostra zona, ma direi non solo: vi è una prevaricazione dell’aspetto finanziario su quello produttivo". La proprietà dell’azienda è per il 60%, "almeno per le ultime notizie che abbiamo", della famiglia Allegri, mentre il 40% è di un fondo di investimento che "in base a degli accordi, ai patti parasociali, esprime la gestione ed esprime l’amministratore delegato. Di per sè il fondo non è né buono né cattivo, e chiaramente cerca di realizzare nel breve e nel medio periodo. Per quello che sappiamo i rapporti con i dipendenti sono travagliati e c’è poca comunicazione". In sintesi, "il fondo" non conosce le realtà del nostro territorio e "neanche le realtà dei dipendenti". Altro aspetto da prendere in esame è l’esternalizzazione della produzione. Nel settore moda oramai "le aziende che svolgono internamente il tessuto produttivo ormai sono poche". Per Andrea Calò, di Rifondazione comunista, "quando si prende atto di un’azienda, come è quella della Allegri, che ha chiesto tantissimo ai lavoratori e che è stata giustamente oggetto di una dura contestazione in assemblea per il comportamento che ha tenuto, non lineare, abbiamo un dovere e una responsabilità: mettere in atto azioni di sostegno e tutela per i lavoratori e di tutela e seguire per questo ogni passo della vicenda".

10/06/2010 13.09
Provincia di Firenze