CALZATURIFICIO MIGLIORINI, IL PUNTO
Le prospettive per i dipendenti e gli accordi intervenuti per trovare soluzioni
Calzaturificio Migliorini. Rifondazione comunista riporta la questione in Consiglio provinciale con un'interrogazione. L'assessore al Lavoro Elisa Simoni entra nel merito della situazione. Il Calzaturificio reggellese, presente nel settore dal 1968, occupa 38 addetti (età media: 45-50 anni) e lavora principalmente per il mercato statunitense. L’azienda opera sia con marchio proprio che conto terzi. Nell’aprile 2008, considerata la crisi congiunturale che coinvolgeva tutti i calzaturifici ed il conseguente calo del fatturato, l’azienda ha iniziato ad utilizzare la Cassa integrazione ordinaria con opportunità di Cassa ordinaria fino al 28 febbraio del 2010. La crisi perdurava e nell’autunno 2009 il mercato Usa era ancora fermo, senza segnali di ripresa all’orizzonte. L’azienda aveva presentato un campionario particolarmente ampio (4.000 paia) ma non aveva raccolto risultati apprezzabili. I lavoratori non godevano dell’anticipo della Cassa da parte dell’azienda (a motivo di problemi di liquidità ) ma ciò non era sintomo di una crisi di rapporto con gli istituti bancari. L’azienda aveva fatto sapere che in assenza di ripresa alla scadenza dei periodi di Cassa integrazione ordinaria, avrebbe preso in considerazione l’utilizzo della Cassa straordinaria, poi effettivamente richiesta dall’azienda. Il giorno 8 marzo 2010 presso il Tavolo procedurale della Provincia si teneva l’esame congiunto previsto per legge. L’accordo raggiunto fra le parti, prevedeva la Cassa straordinaria per 12 mesi a seguito di evento improvviso ed imprevisto per un numero massimo di 38 addetti (di cui 6 prossimi al raggiungimento dei requisiti pensionistici). Il periodo andava dal 9 marzo 2010 all’8 marzo 2011. Venivano previsti: la rotazione dei lavoratori, l’accesso alla Mobilità volontaria e l’utilizzo degli strumenti formativi. La Provincia come sempre, chiedeva una particolare attenzione a tutela dei nuclei familiari. Il primo aprile 2010 il Consiglio provinciale si occupava della situazione del calzaturificio in occasione di una domanda di attualità alla quale rispondeva l’assessore Simoni. Il 12 aprile scorso, presso il Comune di Reggello, si teneva un incontro fra le amministrazioni locali e le organizzazioni sindacali. Il 23 aprile i sindacati richiedevano l’attivazione dell’Unità di Crisi della Provincia che si è riunita lo scorso 11 maggio in Palazzo Medici Riccardi alla presenza dei Sindaci di Reggello e Figline Valdarno nonché di rappresentanti del Comune di Pian di Scò, luoghi di residenza dei lavoratori interessati. La riunione fra istituzioni e sindacati si è conclusa con l’impegno a individuare un percorso di riqualificazione dei lavoratori in Cassa integrazione straordinaria e a vagliare con Confindustria Firenze un’ipotesi di filiera produttiva sul calzaturiero territoriale. Secondo i sindacati oltre alle sei persone pensionabili vi sarebbero due lavoratori in grado di autoricollocarsi. Il problema – in assenza di ripresa produttiva - dunque, verterebbe a marzo 2011 su 30 esuberi. La proprietà, secondo le organizzazione sindacali, sarebbe disposta a proseguire l’attività come contoterzista e starebbe cercando senza risultati, di frazionare lo stabilimento.
La Provincia di Firenze ha collaborato con i sindacati evidenziando le possibilità occupazionali che si sono aperte in altri territori per i comparti di riferimento per agevolare al massimo la ricollocazione dei lavoratori. "I lavoratori del calzaturificio Migliorini - ha osservato in replica Andrea Calò (Rifondazione) - avevano detto di essere stati abbandonati non tanto dalla Provincia di Firenze ma dai primi cittadini del Valdarno. Richiamo le amministrazioni, magari coordinati dall’assessore Simoni, a non dimenticarsi di questi lavoratori e di queste lavoratrici. Ci vuole uno sforzo con i Sindaci del Valdarno aretino e fiorentino per a dare visibilità a questa situazione: i lavoratori non devono sentirsi soli".