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Per la riforma delle Province l'ultimo treno utile è quello della Carta delle Autonomie, ma finora è bene ricordare che l'approccio alla vicenda è stato "destabilizzante e privo di razionalità": queste alcune delle conclusioni a cui perviene uno studio del Centro di ricerca sulle amministrazioni pubbliche 'Vittorio Bachelet della Luiss, dedicato a 'Il riordino delle Provincé. Secondo Gian Candido De Martin - docente di diritto delle autonomie territoriali e coordinatore dello studio commissionato dall'Unione delle Province d'Italia - con l'articolo 23 del decreto Salva Italia "si è sostanzialmente immaginato lo svuotamento delle Province, sia sul piano delle funzioni che degli organi di governo, come premessa di fatto per una loro abolizione". A questo punto, osserva De Martin nella sua relazione, bisogna riprendere "con decisione e lucidità una strada che abbia senso", ripensando "nettamente quanto previsto dall'art 23 prima che venga verosimilmente travolto dalla pronuncia della Corte Costituzionale". Per questa ragione, suggerisce, "la Carta delle Autonomie è l'ultima occasione utile per riprendere il filo di un discorso organico" che, partendo da un chiarimento sulle funzioni locali di base e di area vasta, "disciplini nel contempo le risorse finanziarie proprie e gli organi di governo chiamate a esercitarle". Ci può essere poi spazio, rileva ancora il professor De Martin, "anche per valutare eventuali revisioni dell'art.133 della Costituzione, sia per evitare in futuro la nascita di nuove Province, sia per favorire processi di razionalizzazione territoriale in direzione di effettive aree vaste, pur nella diversità dei territori". Vi è poi la necessità, conclude il coordinatore della ricerca, di "dar vita a istituzioni autonome territoriali non artificiali (ma fondate anche sull'appartenenza comunitaria), responsabili di decisioni relative a funzioni sia fondamentali che proprie, destinate a incidere anche nei confronti dei Comuni".(ANSA).