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Redazione di Met
111. OPERE DI MASSIMO TURLINELLI
Dal 22 ottobre al 5 novembre in via delle Vecchie Carceri (Complesso Le Murate) a Firenze
E’ dovere del pittore essere completamente preso dalla natura e usare tutta la sua intelligenza per esprimere il sentimento, in modo che la sua opera sia intelligibile agli altri, scriveva più di un secolo fa Vincent Van Gogh, straordinario cultore del disegno inteso come genesi d’ogni opera pittorica.

Fedele alla stessa convinzione, l’artista contemporaneo Massimo Turlinelli (www.turlinelli.it) fa del disegno rigoroso l’architettura di tutto il suo lavoro, quel progetto magico ed alchemico attraverso il quale è possibile dar corpo ad un’immagine tracciando segni e linee su una superficie di supporto; e non è un caso se Turlinelli, che niente improvvisa, attinge i s-oggetti preziosi delle sue opere direttamente dalla natura. Campi o cieli, soprattutto, offerti allo spettatore in infinite possibilità; e frutti, pini e cipressi visti da vicino e da lontano, interi o sezionati, capovolti. A volte, l’immagine di riferimento si perde completamente nello sfondo, e lascia il posto a grovigli di fili colorati e indistinti di forte impatto visivo ed anche emotivo.

Con matite esclusivamente rosse, gialle e blu, l’artista segna i rapporti tra le forme e lo spazio, mentre i colori cambiano per come sono accostati, o sovrapposti, e in base all’intensità con la quale sono stesi.

Consapevole del tempo che occorre per realizzare le sue complesse raffigurazioni, Turlinelli sembra voler richiamare lo spettatore ad una meditazione intesa come ritorno a sé stessi, alla distanza tra ciò che è e ciò che sembra: i suoi disegni hanno il sapore di lettere mai spedite, utilizzate per descrivere metaforicamente un sogno perfetto, conosciuto e comunque misterioso, interrogato a lungo e poi messo in scena ben 111 volte, con passione e pazienza.

Giovanna Cardini, settembre 2013 – Firenze

Massimo Turlinelli nasce a Fermo nell’ottobre del 1955. Appassionato fin da piccolo dell’arte in genere e dell’arte pittorica in particolare, imposta in questa direzione tutti i suoi studi. Dopo la scuola dell’obbligo frequenta, infatti, l’Istituto Statale d’Arte della sua città, dove si diploma nel 1974.

Si trasferisce poi a Firenze, città d’arte per eccellenza e capitale di una delle più belle regioni del mondo, dove termina i suoi studi e si laurea nel 1981 presso la Facoltà di Architettura.

Subito dopo inizia, nella medesima Facoltà, una collaborazione presso la cattedra di Progettazione architettonica, che durerà per oltre un decennio.

Fortemente convinto della necessità di divulgare fra le nuove generazioni la propria esperienza e il proprio amore per l’arte, sceglie di insegnare Discipline Geometriche (dal 1985 al 1990) presso l’Istituto Statale d’Arte di Volterra.
In questo periodo Turlinelli interrompe la sua attività pittorica. Quando, però, tornava a casa a Fermo, anche se per brevi periodi, spinto dall’amico Roberto De Santis (anch’egli pittore), ricominciò a disegnare: Massimo Turlinelli è uno dei pochi artisti che lavora a matita policroma, tecnica imperdonabilmente lasciata ai margini dell’arte ufficiale.

Opere di questo periodo non sono “ufficialmente” rintracciabili, anche se sono tutte esistenti su vari supporti, intesi come prove di disegno, copie, ecc.

La vera attività di “catalogazione” inizia intorno alla metà degli anni ’90. La prima fase è molto descrittiva: la campagna di Turlinelli, a differenza di quella toscana, dove non esiste un tratto che non abbia almeno una ragion sufficiente della sua sistemazione, è, in alcuni momenti, almeno più lirica, pare suggerire un che di atavico, di ricordato, di suggerito da una memoria infantile.

La spiegazione sta nella contaminatio dei ricordi della sua terra di origine con la visione quotidiana della campagna toscana.

La seconda fase, che è stata particolarmente difficile da realizzare, è molto più propositiva sul piano concettuale: dominante è sempre la natura, ma nasconde significati chiaramente simbolici.

La terza fase presenta una marcata riduzione della scrittura descrittiva a vantaggio di una più decisa essenzialità. Le sollecitazioni di momenti di grande importanza, troppo spesso negativa, del nostro tempo, l’hanno costretto allo scoperto, l’hanno come estratto dal suo mondo di sogno e l’hanno portato alla visione dolorosa di oggi e della nostra storia. L’artista mette in evidenza e rivela la centralità di un controllo razionale, di un processo mentale che organizza la restituzione della visione, trovandone la verità più profonda nella propria interpretazione, a misura del proprio vissuto.

111. Opere di Massimo Turlinelli

22/10/2013 10.49
Redazione di Met


 
 


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