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Pergola, Niccolini, Mila Pieralli, Rifredi
Truman Capote. Questa cosa chiamata amore
31 gennaio – 5 febbraio al Teatro Studio ‘Mila Pieralli’ di Scandicci
Truman Capote rivive al Teatro Studio di Scandicci. Da martedì 31 gennaio a domenica 5 febbraio Gianluca Ferrato impersona l’autore di A sangue freddo in Truman Capote. Questa cosa chiamata amore, un inedito di Massimo Sgorbani con la regia di Emanuele Gamba.

Un monologo da e su uno dei più grandi scrittori americani del ‘900, in uno spazio teatrale mutevole e leggero, attraversato dalle canzoni di Cole Porter, Ira Gershwin, e da Moon river dal film Colazione da Tiffany, una pelle prismatica di camaleonte pronto alla trasformazione, com’era la lucentezza della prosa dell’inventore del new journalism.

“È una meravigliosa spirale di gioia e dolore – afferma Gianluca Ferrato – vediamo Truman Capote affrontare di petto, a testa alta, la sua vita, fatta anche di malcontenti, angosce, depressioni, senza però perdere mai il suo spirito cangiante, straordinario”.

Le scene sono di Massimo Troncanetti, i costumi di Elena Bianchini, i suoni di Giorgio De Santis. Una produzione Fondazione Teatro della Toscana.

Dopo Scandicci, lo spettacolo andrà in tournée al Franco Parenti di Milano (7-12 febbraio), al Gobetti di Torino (14-19 marzo) e al Vascello di Roma (5-9 aprile).



“Tutta la letteratura è pettegolezzo”. Così Truman Capote liquidava, con una delle sue abituali provocazioni anti-letterarie, qualsiasi visione sacrale dell’arte e dell’artista. ‘Pettegolezzo’ inteso come svelamento di ciò che non si sa, indagine sui lati oscuri dell’America, in modo leggero e profondo, snob e vivace come un vodka martini. È il Capote più irriverente, infatti, quello che emerge da Truman Capote. Questa cosa chiamata amore, al Teatro Studio ‘Mila Pieralli’ di Scandicci da martedì 31 gennaio a domenica 5 febbraio: Massimo Sgorbani disegna per Gianluca Ferrato, diretto da Emanuele Gamba, un dandy, un esibizionista, un personaggio pubblico prima ancora che un grande scrittore. L’anticonformista per eccellenza può permettersi di parlare con la stessa dissacrante arguzia di Hollywood e della società letteraria newyorkese, di Jackie Kennedy e Marilyn Monroe, di Hemingway e Tennessee Williams, senza mai risparmiare se stesso, i suoi vizi, le sue manie, i suoi successi e fallimenti.

“Diventare qualcun altro da sé in teatro, su un palcoscenico, è sempre un rischio – afferma Gianluca Ferrato – ma io me lo sono preso volentieri: Truman Capote, il cangiante, geniale, straziato scrittore americano, vale questo rischio, senza calcoli. Amo tanto questo viaggio che sto facendo con sfrontatezza e pudore allo stesso tempo”.

Su un testo potente e mai consolatorio com’è quello di Massimo Sgorbani, accompagnato dalle canzoni di Cole Porter, Ira Gershwin, e da Moon river dal film Colazione da Tiffany, Gianluca Ferrato, forte anche di una trasformazione che lo fa assomigliare nel fisico, oltre che nello spirito, a Truman Capote, incarna lo stile decadente, ironico e iconoclasta del geniale scrittore, giornalista e drammaturgo, che ha segnato la letteratura degli Stati Uniti, colui che è stato, dopo Hemingway, forse il più grande esempio di autore divenuto protagonista e insieme vittima dello star system a stelle e strisce. Lo spazio scenico immaginato dal regista Emanuele Gamba e realizzato da Massimo Troncanetti è composto da una serie di sedie nere e un tavolo, le righe della pagina su cui Ferrato ‘scrive’ le parabola artistica e umana di Truman Capote. I costumi sono di Elena Bianchini, i suoni di Giorgio De Santis. Una produzione Fondazione Teatro della Toscana.

“Sono solo in scena – spiega l’attore – ed evoco, attraverso le sedie, il mondo che ha circondato Capote, in particolare una presenza femminile molto importante per lui, Marilyn Monroe, con cui mi rapporto per l’intero spettacolo. Su quelle sedie si posano le anime, dannate e non, che lui ha incontrato nella sua vita, e che lo mettono da parte quando scrive l’ultimo romanzo, Preghiere esaudite, in cui fa nomi e cognomi di vizi privati e pochissime virtù, parlando di Sartre e de Beauvoir, di Wallace Shawn e Djuna Barnes, di Greta Garbo e Mercedes de Acosta, di Colette, che è l’unica a uscirne bene, di Christopher Isherwood, di Jane Bowles e Arthur Koestle”.

Truman Capote è un predestinato della scrittura. Inizia a scrivere a otto anni, a diciassette le prime pubblicazioni, a diciannove vince il primo O. Henry Award della sua vita. Il suo stile è già formato, come ammetterà lui stesso negli ultimi anni della sua vita; cambia l’oggetto dei suoi racconti, la materia tra le mani, ma il suo stile è quasi identico a quello della sua giovinezza, e si basa tantissimo sul suono e sul ritmo delle parole. Al cinema è stato rappresentato in modi opposti, ma, se possibile, complementari: il compianto Philip Seymour Hoffman vince un Oscar per un’interpretazione mimetica in Truman Capote – A sangue freddo (2005), Toby Jones in Infamous (2006) è un Capote meno glamour e più empatico.

“Ho un ricordo vivido della morte di Seymour Hoffman tre anni fa – ricorda Gianluca Ferrato – ero a New York e il giorno dopo andai a lasciare un fiore sul portone di casa sua, dove fu ritrovato senza vita. Vedendo il suo Capote e quello di Toby Jones ho capito che, forse, si poteva fare, potevo trasformarmi e diventare anch’io, e per la prima volta nella mia carriera, una ‘maschera’. Non dietro il più rassicurante schermo, ma in prima linea, su un palcoscenico”.

Dopo un’infanzia difficile e con l’aggravante, per l’America dell’epoca, dell’omosessualità, Capote, sotto i lustrini di feste e copertine di riviste, ha saputo raccontare tanto la frizzante società newyorkese quanto il cuore più nero del suo Paese. Il tutto con una lingua costruita alla perfezione, vero elemento distintivo della sua produzione, al pari dei temi di cui si è occupato nei suoi libri, da Colazione da Tiffany a Marlon Brando. Partito dai bassifondi, lavorando come fattorino, Capote ha conosciuto il successo con i racconti, per poi imporsi definitivamente con il romanzo-verità A sangue freddo, storia del massacro di una famiglia e capostipite di un nuovo tipo di giornalismo letterario, il new journalism.

“Capote – prosegue l’attore – colpisce, ipnotizza la mia fantasia con il suo straordinario gusto per la parola, il racconto, l’aneddotica, fino ad arrivare alla bugia, che ho sempre trovato così eccitante. “Io sono un bugiardo, un bugiardo che dice sempre la verità”, scriveva Jean Cocteau. Definizione perfetta anche per Truman. Poi, è stupefacente la sua perfidia, che assomiglia da vicino al desiderio di lasciare di stucco, di non passare inosservati”.

A lungo cristallino e unico, alcol e droga hanno finito per infiacchire il suo talento. Ma ancora oggi, a più di trent’anni dalla sua morte, per cirrosi epatica nell’agosto del 1984, a neppure 60 anni di età, non possiamo che rimpiangere la sua candida e disperata voglia di stupire, di essere apprezzato e amato.

“Truman Capote mi ha insegnato la potenza dell’amore e la vacuità della vita, soprattutto – conclude Gianluca Ferrato – mi ha contagiato con il suo grande senso di libertà, di chiamare le cose con il loro nome, di dire verità scomode, così fuori moda oggi. È un senso di struggente malinconia, o, come direbbe Pasolini, di “disperata vitalità”. “Ho sempre cercato di esorcizzare i miei demoni, le ansie sotterranee che dominavano i miei sentimenti e la mia fantasia: il mio ignorare tutto questo era probabilmente uno scudo protettivo fra me e la fonte inconscia del mio soggetto”, scrive Capote parlando del suo romanzo Altre voci altre stanze. Per queste ottime ragioni io sto da trent’anni su un palcoscenico a raccontare chi sono”.

31 gennaio – 5 febbraio | Teatro Studio ‘Mila Pieralli’ di Scandicci
(ore 21, domenica 16:45)
Fondazione Teatro della Toscana
Gianluca Ferrato
TRUMAN CAPOTE | QUESTA COSA CHIAMATA AMORE
di Massimo Sgorbani
scene Massimo Troncanetti
costumi Elena Bianchini
assistente alle scene Francesca Rossetti
suoni Giorgio De Santis
assistente alla regia Jonathan Freschi
impianti e regia Emanuele Gamba

Durata: 1h e 20’, atto unico


TEATRO DELLA PERGOLA

Via della Pergola 30, Firenze.
Da lunedì a sabato dalle 9.30 alle 18.30.
Domenica riposo.
Tel. 055.0763333; biglietteria@teatrodellapergola.com.
Biglietteria on line: https://www.boxol.it/TeatroDellaPergola/it/advertise/truman-capote-questa-cosa-chiamata-amore/171743
Biglietteria serale

TEATRO STUDIO ‘MILA PIERALLI’
Via Gaetano Donizetti 58, Scandicci.
Tel. 055.7351023; teatrostudio@teatrodellatoscana.it.

27/01/2017 11.19
Pergola, Niccolini, Mila Pieralli, Era


 
 


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