Arcidiocesi di Firenze
Una nuova chiesa a Calenzano
La "Maria Santissima Madre di Dio" dedicata oggi al culto dall'Arcivescovo di Firenze
E' intitolata a "Maria Santissima Madre di Dio" la nuova chiesa realizzata nel territorio della parrocchia di San Niccolò a Calenzano (Fi) dedicata oggi al culto dall'Arcivescovo di Firenze, card. Giuseppe Betori.
L'edificio
L'edificio, senza rinunciare ad una chiara riconoscibilità, si adagia sul terreno con linee morbide, che ne assecondano la forma irregolare e si presenta come un unico corpo che raccoglie la chiesa, la casa canonica e i locali dedicati all'attività pastorale, quasi a voler indicare la profonda unità che lega la dimensione della preghiera, della celebrazione liturgica, dell’annuncio della Parola, della catechesi e delle opere di carità. Il campanile si staglia nel cielo, creando un legame ideale con il campanile dell’antica pieve di San Niccolò. La grande facciata, rivestita in travertino e dalla forma concava, è segnata dal grande portale ligneo su cui è incisa la croce. Le linee morbide che caratterizzano l’interno sottolineano la dimensione materna e accogliente della chiesa, dedicata appunto alla Vergine Madre di Dio.
Il complesso, progettato dall'Arch. Fabrizio Rossi Prodi, include la nuova chiesa, la parte destinata alla residenza del clero, aule per la catechesi e il salone parrocchiale per una superficie complessiva di circa 2.500 mq ed occupa un lotto di terreno di circa 5.500 mq compreso fra via della Conoscenza, via Puccini e via Pertini.
L'interno, gli arredi liturgici
La Vergine col Bambino, statua in terracotta policroma opera dello scultore Pier Luigi Olla, accoglie con sguardo materno chi entra nello spazio sacro e la forma architettonica, che richiama il velo della Vergine, insieme alla sobrietà dello spazio guida lo sguardo verso il grande Crocifisso-Risorto, opera in bronzo dello scultore Giorgio Butini. Il corpo vigoroso del Cristo, pur segnato e scavato dalle sofferenze della passione, e la postura maestosa, quasi severa, ricordano che Gesù, crocifisso e risorto, è il Signore del tempo e della storia, è il vivente che misteriosamente e potentemente opera nel cuore degli uomini di buona volontà. La custodia eucaristica, anch’essa realizzata dallo scultore Butini, richiama per materiale e finitura il corpo del crocifisso. La Via Crucis, realizzata da Butini in marmo bianco di Cararra, restituisce la dimensione tragica della passione. L’altare e l’ambone, le due mense della Parola e del Pane, così come il fonte battesimale di forma ottagonale, chiaro richiamo alla resurrezione, realizzati in travertino su disegno dell’Architetto Rossi Prodi, presentano forme e linee sobrie e semplici per non disperdere con elementi didascalici la loro forza simbolica ed evocativa. La sede del presidente, in legno di cipresso tipico della zona, richiama per materiale e finitura la croce che sorregge il crocifisso, a sottolineare che è il sacrificio della croce a definire la forma e le modalità del servizio di chi è chiamato a presiedere la comunità.
Progettazione e realizzazione
Il progetto per la realizzazione del nuovo complesso parrocchiale e della nuova chiesa di Maria Santissima Madre di Dio è stato selezionato tramite concorso di progettazione ad inviti bandito dall’Arcidiocesi di Firenze nel giugno del 2011. La scelta del concorso e' nata dalla volontà della Diocesi fiorentina di ricostruire un rapporto positivo e fecondo con l’architettura e l’arte contemporanee: ciascun progettista ha dovuto presentare almeno un artista di riferimento, in modo che le opere d'arte da collocare nello spazio architettonico non risultassero giustapposte, ma fossero il frutto di un percorso condiviso tra le specifiche professionalità. Gli architetti e gli artisti hanno poi dovuto avvalersi della consulenza di un esperto in materie teologiche e liturgiche, perché lo spazio architettonico e le opere d'arte ad esso destinate risultassero pensate e plasmate avendo come riferimento le caratteristiche specifiche dell'esperienza cristiana, le dinamiche proprie della liturgia cattolica e i significati ad essa sottesi.
La giuria del concorso è stata nominata dal Cardinale Arcivescovo: presieduta dall’allora Vescovo Ausiliare di Firenze, Mons. Claudio Maniago, e composta dal Direttore dell’Ufficio Diocesano Arte Sacra e Beni Culturali Ecclesiastici, Mons. Timothy Verdon, dal Direttore dell’Ufficio Liturgico Diocesano, don Roberto Gulino, dal Parroco don Paolo Cioni, e dal Coordinatore del Consiglio Pastorale Parrocchiale di San Niccolò a Calenzano Enrico Bini, dal Responsabile Assetto del Territorio del Comune di Calenzano, Arch. Gianna Paoletti, da un membro segnalato dall’Ordine Provinciale degli Architetti di Firenze l'Arch. Andrea Crociani e da un membro segnalato dall’Ordine Provinciale degli Ingegneri di Firenze, l'Ing. Paolo Osti.
La proposta vincitrice selezionata dalla giuria è stata quella dell’Arch. Fabrizio Rossi Prodi, con opere artistiche di Giorgio Butini e, dopo essere stata sottoposta all'approvazione del Cardinale Arcivescovo di Firenze, Giuseppe Betori, è stata presentata alla comunità parrocchiale nel settembre 2012.
Dopo il rilascio del permesso a costruire nel 2014, i lavori affidati all'impresa Polistrade Costruzioni Generali SpA si sono conclusi dopo due anni nell'aprile del 2017. Massimiliano Bernardini, responsabile dell'Ufficio Diocesano per l'Edilizia di Culto ha coordinato i lavori seguiti come direzione dall'Arch. Fabrizio Rossi Prodi e dall'Arch. Emiliano Romagnoli.
La chiesa è stata realizzata con il contributo decisivo dei fondi otto per mille della CEI.
OMELIA
- Ho dato inizio a questo solenne rito dicendo che «una grande gioia pervade il nostro animo mentre siamo qui riuniti per dedicare a Dio questa nuova chiesa con la celebrazione del sacrificio del Signore». Siamo nella gioia per aver portato a compimento un’impresa non facile, per la quale lodiamo il Signore, che l’ha ispirata e sostenuta, e ringraziamo quanti vi hanno contribuito.
Vi ho poi esortato con queste parole: «Partecipiamo con fervore a questi sacri riti, in religioso ascolto della parola di Dio, perché la nostra comunità, nata da un solo Battesimo e nutrita dalla stessa mensa eucaristica, cresca in tempio spirituale e intorno all’unico altare si rafforzi e progredisca nell’amore che lo Spirito Santo diffonde nei nostri cuori». A chi chiede perché si è voluta erigere una nuova chiesa rispondiamo che, ponendo questo edificio accanto all’imponente sviluppo urbano che Calenzano ha registrato negli ultimi anni, abbiamo voluto offrire alla gente di questo territorio un luogo in cui, come ha ricordato il testo liturgico, potersi raccogliere nell’ascolto della parola di Dio e nella celebrazione dei sacramenti, per edificare una comunità che, animata dallo Spirito Santo, viva la comunione nella fraternità e costruisca gesti di carità verso tutti.
Sono traguardi importanti in una società dispersa e divisa, dominata da istinti egoistici e che così poco si cura dei più deboli e indifesi. Essere cristiani significa andare controcorrente rispetto ai modelli dominanti nel mondo di oggi e richiede quindi nutrimento assiduo, dalla parola di Dio e dai sacramenti, come auspico vogliate qui attingere con fedeltà. L’edificio materiale che è stato costruito è infatti segno dell’edificio spirituale della comunità dei discepoli di Gesù che vi si riunisce e luogo in cui questa comunità si costruisce in «edificio spirituale», come ha ricordato l’apostolo Pietro nella sua lettera (1Pt 2,5); una costruzione che non nasce delle mani dell’uomo, bensì è opera di Dio stesso. È Dio infatti a chiamarci «dalle tenebre alla sua luce meravigliosa», e noi ci riconosciamo come un «popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere ammirevoli di lui» (1Pt 2,9). Senza il dono di Dio, senza la grazia che egli comunica mediante la sua parola e i suoi sacramenti noi non possiamo vivere. Così ci edifichiamo – ha ribadito l’apostolo Pietro – come «pietre vive [...] per un sacerdozio santo» e diventiamo «la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato» (1Pt 2,5.9).
Lo spazio fisico della chiesa costituisce l’ambiente in cui questa comunicazione di grazia si realizza ed esprime simbolicamente sia la comunione della comunità dei credenti con Dio e come fratelli, sia, nell’interazione tra i vari luoghi liturgici – altare, ambone, fonte battesimale, tabernacolo – e tra i segni della fede – crocifisso, immagine di Maria, via crucis – le ricchezze delle fonti di grazia a cui il Signore ci fa attingere. Nell’intreccio tra dimensione verticale, trascendente, e orizzontale, comunitaria, si esprime la natura stessa della Chiesa come corpo di Cristo, popolo di Dio, e viene indicata la strada della sua edificazione giorno dopo giorno secondo la volontà del Padre. Vi esorto ad attingere con consapevolezza e con assiduità alle fonti della vita di fede, alla parola di Dio e ai sacramenti, nella comunione fraterna.
Ma la vita nuova che qui ha le sue radici ci è data non solo perché conduca noi stessi all’unione con Dio e alla comunione tra i fratelli nella fede: essa diventa principio di unità per tutto il genere umano. San Pietro ha anche ricordato infatti che Dio ci ha scelti come suo popolo per proclamare «le opere meravigliose di lui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce» (1Pt 2,9). L’opera meravigliosa che Dio ha compiuto è il dono della sua riconciliazione con il mondo e, quindi, la capacità data a chi l’accoglie di fare del mondo un luogo di riconciliazione. Mai come oggi sentiamo l’urgenza di trovare riconciliazione e pace per l’umanità. In un mondo sconvolto da guerre, genocidi, terrorismo, miseria e migrazioni forzate, ci interroghiamo sgomenti se il nostro futuro debbano essere lo scontro di civiltà e l’indifferenza di fronte ai drammi dei conflitti e della povertà. Essere Chiesa segno della riconciliazione di Dio, vuol dire testimoniare la forza di riconciliazione e di amore che scaturisce dal Vangelo di Gesù. L’edificio della Chiesa, che noi siamo, deve risplendere di questa speranza operosa e di questa carità illuminata dal dono della vita del Signore.
Ma questa testimonianza è possibile solo se trova un saldo fondamento, che la fede ci dice essere la persona stessa di Gesù. La prima lettera di Pietro ci ha indicato la strada per diventare «pietre vive» (1Pt 2,5) di una comunione irradiante, invitandoci a stringerci «al Signore, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio» (1Pt 2,4). È Gesù Cristo la «pietra d’angolo» (1Pt 2,6), su cui fondare e far crescere la nostra forza di comunione, per noi e per il mondo intero.
Celebrare la dedicazione di questa chiesa significa anche ricordare che la chiesa-edificio è il «segno visibile dell’unico vero tempio che è il corpo personale di Cristo e il suo corpo mistico, cioè la Chiesa sposa e madre», come si trova scritto nelle Premesse del Rito della dedicazione di una chiesa. Per questo, «al di là della sacralizzazione dello spazio materiale, […] siamo stimolati a cogliere nel Cristo uomo-Dio la vera sacralità che da lui si comunica a tutto il popolo santo e sacerdotale» (Ivi).
Il significato di questo rimando alla persona di Cristo lo indica la pagina del vangelo di Giovanni, cioè le parole di Gesù sul culto «in Spirito e verità» (Gv 4,23), un’adorazione del Padre resa possibile solo dall’azione dello Spirito in noi e dalla comunione che abbiamo con la persona del Figlio di Dio fatto uomo, rivelazione della verità. Solo Gesù, verità del Padre e comunicatore dello Spirito, ci apre alla piena e autentica adorazione di Dio. È un’adorazione che non si risolve in un atto interiore o spiritualistico, ma ha il suo paradigma nel dono che Cristo fa di sé sulla croce e la sua espressione nella pratica del comandamento della carità. È quanto significa e produce l’Eucaristia, anche questa Eucaristia che stiamo celebrando. Questa celebrazione produca in noi un ritorno sempre più coerente a Cristo e un lasciarci guidare da lui in un esercizio perfetto del dono di noi stessi a tutti.
- Della Chiesa, che noi siamo e di cui questo edificio è segno, tra poco sentiremo parlare così nella Preghiera di dedicazione: «Questo luogo è segno del mistero della Chiesa, santificata dal sangue di Cristo… Chiesa santa, vigna eletta del Signore… Chiesa beata, dimora di Dio tra gli uomini… Chiesa sublime, città alta sul monte…». Parole in cui è riassunta la nostra identità di comunità di discepoli di Gesù, che tutto abbiamo ricevuto da lui, dal suo sacrificio, per sola grazia; che è chiamata ad estendersi nel mondo per dare sapore alla storia degli uomini; che ha il compito grave ma esaltante di essere il segno di Dio e della sua volontà per tutti; che deve essere testimone coerente della verità del Vangelo da cui tutti devono poter essere illuminati. È questa la Chiesa per la quale Papa Francesco, nel novembre del 2015 a Firenze, ha proposto un sogno: essere una Chiesa «inquieta, sempre più vicina agli abbandonati, ai dimenticati, agli imperfetti. Desidero una Chiesa lieta col volto di mamma, che comprende, accompagna, accarezza. Sognate anche voi questa Chiesa, credete in essa, innovate con libertà» (Discorso al V Convegno nazionale della Chiesa italiana, 10 novembre 2015). Un invito e un sogno che sentiamo particolarmente rivolto a noi.
- Compito impegnativo, che ci dice che oggi è sì giorno di gioia ma anche giorno di responsabilità. Per questo lo alimentiamo con la preghiera: preghiamo in questa chiesa quest’oggi e nei giorni a venire.
Giuseppe card. Betori
Arcivescovo di Firenze
14/05/2017 20.18
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