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Pergola, Niccolini, Mila Pieralli, Rifredi
Al Teatro della Pergola, Copenaghen di Michael Frayn
Da martedì 8 a domenica 13 gennaio
Al Teatro della Pergola, da martedì 8 a domenica 13 gennaio, va in scena a vent’anni dal debutto il “classico contemporaneo” Copenaghen di Michael Frayn con Umberto Orsini, Massimo Popolizio e Giuliana Lojodice, nella storica regia di Mauro Avogadro. Un thriller scientifico-politico a tre voci, un tuffo nel passato per chiarire cosa avvenne nel lontano 1941 quando il fisico Werner Karl Heisenberg fece visita al suo maestro Niels Bohr, alla vigilia del primo devastante uso della bomba atomica. È la prima e ultima occasione di vedere lo spettacolo a Firenze, dal momento che la sua fortunata tournée ventennale termina a fine gennaio.

“Copenaghen è quasi un “processo privato” a porte chiuse – spiega Mauro Avogadro – porte che di continuo si aprono proiettando i personaggi verso luoghi e azioni del passato. Luoghi mentali, forse, ma per noi tutti reali: la bomba atomica, il genocidio, la funzione positiva, e al tempo stesso pericolosa, della scienza.”

In un luogo che ricorda un’aula di fisica, immersi in un’atmosfera quasi irreale, Bohr (Orsini), sua moglie Margrethe (Lojodice) e Heisenberg (Popolizio), dialogano e si scontrano come particelle di un atomo, cercano di dare un senso alle azioni della loro vita, vittime anch’essi di quel “nucleo finale di indeterminazione che sta nel cuore delle cose”. Il soggetto della conversazione tra i due scienziati, coinvolti sui fronti opposti della Seconda guerra mondiale (Bohr al fianco degli alleati, Heisenberg dei nazisti), ancora oggi resta un mistero. Per risolverlo, la Storia ha avanzato svariate ipotesi: nello spettacolo vengono enunciate una dopo l’altra, attraverso incontri diversi con andamenti diversi.

Una produzione Compagnia Umberto Orsini e Teatro di Roma-Teatro Nazionale, in coproduzione con CSS Teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia.



Settembre, 1941: Karl Werner Heisenberg incontra a Copenaghen il suo maestro e amico Niels Bohr. Nessuno sa con precisione cosa si dissero quel giorno i due premi Nobel per la fisica. Essendo Heisenberg a capo del programma nucleare militare tedesco voleva, in nome della vecchia amicizia, offrire a Bohr, che era mezzo ebreo, l’appoggio politico della Gestapo in cambio di qualche segreto? O al contrario, essendo mosso da scrupoli morali, anche se tormentato dalle conseguenze che sarebbero potute ricadere sul destino della sua patria martoriata e che lui amava pur non essendo nazista, tentava di rallentare il programma tedesco fornendo a Bohr, che era schierato con gli alleati, informazioni sull’applicazione dei fondamenti teorici della fissione? Umberto Orsini, Massimo Popolizio e Giuliana Lojodice, diretti da Mauro Avogadro, provano a rispondere a queste domande dall’ottobre del 1999 con Copenaghen di Michael Frayn, che arriva al Teatro della Pergola da martedì 8 a domenica 13 gennaio. La traduzione è di Filippo Ottoni e Maria Teresa Petruzzi, le scene sono di Giacomo Andrico, i costumi di Gabriele Mayer, le luci di Carlo Pediani, il suono è di Alessandro Saviozzi. Una produzione Compagnia Umberto Orsini e Teatro di Roma-Teatro Nazionale, in coproduzione con CSS Teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia.

Spiega Umberto Orsini: “Io penso che sarebbe stato un errore imperdonabile pensare di dar vita a una Compagnia teatrale che porti il mio nome senza pensare all’opportunità di rimettere in scena uno spettacolo come Copenaghen. Quando decisi di avere accanto a me un attore come Massimo Popolizio affidandogli anche la regia de Il prezzo di Arhur Miller mi era chiaro che questa collaborazione non sarebbe stata un episodio isolato. Era evidente che insieme avremmo potuto dare vita a qualcosa che oggi è sempre più difficile trovare e cioè a quel teatro di recitazione nel quale entrambi, seppure in epoche diverse, siamo cresciuti e al quale ci ispiriamo. Ed ecco che riproporre Copenaghen, la pièce di Frayn che ci aveva visti interpreti insieme a Giuliana Lojodice, mi è sembrata una scelta quasi obbligata. Spettacolo nato a Udine nel 1999, riproposto con l’ERT in anni lontani a varie riprese di cui l’ultima otto anni fa, recensito dalla totalità della critica in maniera entusiastica, amato da un pubblico sempre numerosissimo, visto come un evento dai teatri delle maggiori città, sorprendente per la costante attualità del tema trattato, che si vorrebbe più di così? E allora – prosegue Orsini – ancora una volta Copenaghen con tutto l’impegno che la nostra Compagnia sa mettere nel far rinascere uno spettacolo, con l’aiuto del Teatro di Roma e del CSS di Udine che hanno deciso, data l’eccezionalità dell’evento, di co-produrre lo spettacolo con noi, ricostruendo una scenografia ormai perduta ricalcando la regia di Mauro Avogadro, con il grande e significativo apporto di un’attrice come Giuliana Lojodice, alla quale siamo grati per aver deciso di ricalcare le tavole del palcoscenico e condividere ancora una volta con noi questa avventura”.

In un luogo che ricorda un’aula di fisica, immersi in un’atmosfera quasi irreale, tre persone, due uomini e una donna, parlano di cose successe in un lontano passato, cose avvenute tanto tempo prima, quando tutti e tre erano ancora vivi. Sono Niels Bohr (Orsini), sua moglie Margrethe (Lojodice) e Werner Karl Heisenberg (Popolizio). L’asse portante attorno al quale ruota lo spettacolo è la ricerca del motivo per cui Heisenberg andò a Copenaghen a trovare il suo maestro.

“Molto probabilmente – interviene Orsini – Bohr, che era un ebreo danese, e Heisenberg, tedesco patriota, ma non nazista, discussero in quell’incontro del diritto degli scienziati di arrivare a un progetto atomico. Però, nessuno dei due arrivò a fare il calcolo finale. Se l’avessero fatto, il corso della storia sarebbe stato ben diverso. La forza della commedia di Frayn sta nella capacità di farci leggere quell’episodio storico da diverse prospettive, compreso quello di Margrethe, che rappresenta il punto di vista del pubblico”.

L’intreccio è appassionante, i piani temporali sovrapposti danno un valore universale alle questioni avanzate dai protagonisti. Infatti, le diverse ipotesi su quella visita vengono enunciate una dopo l’altra, mettendo in scena incontri diversi con andamenti diversi. Viene a tradursi metaforicamente, come struttura portante dell’impianto drammaturgico, il Principio di Indeterminazione di Heisenberg e di Complementarietà di Bohr pronunciati molte volte sul palco e così determinanti per l’elaborazione della Teoria della Relatività di Einstein.

“Copenaghen – interviene Massimo Popolizio – è un labirinto di conversazioni profonde e schematiche, tra due uomini di altissimo livello, con a fianco una donna, la moglie di Bohr, coinvolta nei problemi. Due uomini speciali, risolvevano equazioni calcolando tutto a mente, e giocavano a scacchi su scacchiere immaginarie. Al centro della commedia, oltre alle formule sulla lavagna, c’è l’indeterminazione della verità in assoluto e la cronaca di un’amicizia che poteva modificare il corso della Storia, perché tedeschi e americani s’inseguivano senza sapere chi per primo avrebbe avuto a disposizione la bomba. Entrambi – continua Popolizio – sapevano di spingere il mondo sull’orlo dell’abisso e, in una battuta della commedia, Heisenberg dice: “I nostri figli e i figli dei nostri figli. Salvati, forse, da quell’unico breve istante a Copenaghen. Da un qualche evento che non sarà mai esattamente individuato o definito. Da quel nucleo finale di indeterminazione che sta nel cuore delle cose.”

Non è possibile una sola verità oppure una sintesi efficace delle diverse verità, perché una verità è semplicemente un punto di vista, il punto di vista di chi l’ha enunciata. Tutto è umano, niente è assoluto. Si possono avere solamente risposte indeterminate e quindi la somma degli scenari possibili e ciò vale anche per quell’incontro tra Niels Bohr e Werner Karl Heisenberg.

Il Novecento, così come la vita umana, sono fatti di tante zone grigie, di tanto silenzio, ma finché esisterà l’uomo si cercherà sempre, in mezzo al vuoto che ci circonda e alla polvere sollevata, la traccia rarefatta di una particella di chiarezza e di verità.

04/01/2019 12.29
Pergola, Niccolini, Mila Pieralli, Era


 
 


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