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Diocesi di Prato
Santo Stefano, il vescovo Nerbini: "Beneavere non è sufficiente a generare benessere"
Nell'omelia pronunciata nel giorno del santo patrono di Prato l'invito a "non farsi gli affari propri"
«Oggi è diffusa l’abitudine a considerare virtù il pensare “agli affari propri”, ma in realtà questo detto nasconde forme di egoismo mascherato di perbenismo». Lo ha detto il vescovo Giovanni Nerbini nell’omelia del solenne pontificale di Santo Stefano, patrono della città e della diocesi, celebrato questa mattina in cattedrale. Per monsignor Nerbini è stato il primo 26 dicembre da vescovo di Prato.

L’omelia. Secondo il Presule occorre invece «mettere tra le priorità nella vita sociale della nostra città la ricerca del bene comune». Per farlo serve «un grande e rinnovato sforzo educativo teso a coinvolgere tutti in questa responsabilità», che appartiene non solo «ai poteri costituiti civili e religiosi, ma a ogni cittadino, a cominciare dall’età scolare». Monsignor Nerbini ha parlato di «società frantumata», di «mancanza di relazioni stabili, significative e pervasive». Situazioni create proprio dal fatto che «ciascuno pensa agli affari propri». E allora «la realtà ci fa prendere atto ogni giorno che da una parte un numero di persone crescente si allontana da una condizione economica agiata (famiglie a rischio povertà in aumento), dall’altra che questa agiatezza da sola non produce effetti soddisfacenti e diffusi», ha affermato il Vescovo.

Come sua abitudine monsignor Nerbini ha raccontato un episodio legato alla sua vita di parroco: «Ricordo un vecchio parrocchiano che mi raccontava di veder passare sotto casa l’unico nipote nei suoi spostamenti, “ma solo raramente si ferma” il suo amaro sfogo. In questo contesto il rivolgersi solo e sempre ai pubblici servizi è una vera e propria fuga inconcludente. Il “beneavere” non è sufficiente per generare “benessere”».

In duomo erano presenti moltissimi fedeli. In prima fila c’erano le autorità cittadine con il sindaco Matteo Biffoni, il presidente della Provincia Fancesco Puggelli e i rappresentanti dei Comuni pratesi facenti parte del territorio diocesano: Vaiano, Vernio e Cantagallo. La messa è stata concelebrata da sessanta sacerdoti diocesani, che in processione hanno portato all’altare maggiore il «sasso», uno di quelli che secondo la tradizione sono stati usati per lapidare Santo Stefano, il primo martire cristiano.

Tornando all’omelia, il Vescovo ha poi invitato la società pratese intera a non pensare solamente «a creare ricchezza», ma a «non escludere nessuno». Citando Paolo VI nella enciclica Populorum progressio, monsignor Nerbini ha ricordato l’importanza della «promozione di tutto l’uomo», attraverso «processi di inclusione e condivisione», che ci sono, «e sono buona cosa», ha aggiunto, «anche se vanno costantemente monitorati». A questo proposito, prendendo a esempio «la scelta di campo» di Santo Stefano, che lo ha portato «a divenire seguace di Gesù», Nerbini ha lodato il «servizio straordinario di incalcolabile portata» compiuto dalle tante associazioni di volontariato presenti a Prato, dove «il verbo fare appartiene al dna collettivo». Allo stesso tempo oggi però, osserva ancora il Vescovo, viene chiesto «un supplemento di impegno», c’è bisogno di «progettare meglio tutti insieme, senza distinzioni e divisioni, senza inutili polemiche». Per farlo, secondo il Vescovo, si deve mettere al centro «tutto l’uomo», solo così potremo recuperare «dimensioni trascurate che causano tanta solitudine, sofferenza, malattie e quindi nuove povertà». E poi: «ben vengano le occasioni nelle quali anche le comunità straniere che ormai sono parte integrante di Prato possano dialogare tra di loro, offrire il loro contributo di impegno, mettere in gioco le loro ricchezze umane e culturali».

Infine monsignor Nerbini ha voluto sottolineare l’importanza del rispetto verso «la casa comune che abitiamo». Per il Presule «siamo invitati, sarebbe meglio dire costretti, a rimettere la questione ambientale-ecologica al centro della nostra attenzione. La custodia e salvaguardia del creato ci competono senza distinzioni, senza sconti. È illusorio e puerile, rimettere a posto la propria cameretta mentre la casa intera rischia di essere spazzata via dall’alluvione E non siamo lontani da questa infausta possibilità conseguenza delle nostre leggerezze. Nelle criticità che il mondo ci presenta tutti, anche i sacerdoti, si devono occupare non solo del gregge ma dell’intero ovile».

Al termine della celebrazione il Vescovo ha annunciato i nomi dei vincitori del Premio Santo Stefano, il riconoscimento che la città di Prato consegna a quelle aziende capaci di avere successo imprenditoriale nel rispetto delle regole e della concorrenza. Quest’anno lo «Stefanino d’oro», come viene chiamato il Premio, è stato assegnato a lanificio Mario Bellucci, filatura Biagioli Modesto, Filpucci, tre imprese storiche e molto conosciute del comparto tessile pratese. Una menzione speciale è stata inoltre riservata all’azienda oleo vinicola Marchesi Pancrazi.

La premiazione si terrà sabato primo febbraio 2020 nel corso di una cerimonia pubblica. Il Premio Santo Stefano è promosso congiuntamente da Diocesi, Comune, Provincia, Camera di Commercio e Fondazione Cassa di Risparmio di Prato.

26/12/2019 17.33
Diocesi di Prato


 
 


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