Università di Firenze
Unifi. Presentata la ricerca di Wem_Park sul livello di penetrazione delle tecnologie web nelle imprese manifatturiere toscane
Una ricerca di Wem_Park ci aiuta a comprendere come le aziende toscane stanno affrontando la sfida digitale
Si è tenuta stamani, martedì 24 novembre, in un webinar on line, la presentazione pubblica della ricerca, svolta dal laboratorio Wem_Park del PIN di Prato che ha indagato il livello di digitalizzazione delle aziende toscane. La ricerca è stata realizzata durante i mesi del lock down primaverile dai ricercatori Wem Park nell’ambito di Piani formativi Fondimpresa, Avviso 3/2018 del progetto MICHELANGELO (capofila TecFor), di cui il PIN è partner.
Comprendere come le imprese manifatturiere toscane stiano affrontando il passaggio alle strategie di marketing attraverso gli strumenti offerti da internet per la promozione della propria attività, del presidio e posizionamento sul web, con quali assetti organizzativi, quali canali, quali competenze e che propensione all'investimento. È questo l'obiettivo principale della ricerca di Indagine esplorativa del livello di penetrazione delle tecnologie web nelle imprese manifatturiere toscane (titolo della ricerca).
Indagine articolata e esaustiva, unica nel suo genere, ha coinvolto un campione di 421 imprese a livello regionale, selezionato sulla base dei criteri di localizzazione geografica e settore manifatturiero ed ha portando all’identificazione di 6 diversi profili aziendali delle aziende toscane sulla base della temporalità di adozione dei principali canali digitali e sul grado di consapevolezza strategica con le quali questi vengono gestiti. I settori rappresentati sono alimentare, tessile/abbigliamento, orafo, meccanico, pelle, minerali non metalliferi, carta, gomma e plastica, legno, computer ed elettronica, paglia, chimica e fabbricazione mezzi di trasporto. La ricerca prima, e la lettura dei fenomeni indagati, poi, è stata condotta attraverso la lente del digital marketer, che, scattando un'istantanea su uno scenario economico in rapido movimento, ha provato ad individuare comportamenti, atteggiamenti mentali verso la tecnologia web, tendenze e, attraverso la richiesta di intenzioni di investimento future, traiettorie di sviluppo economico e imprenditoriale.
In un passaggio cruciale per tutte le imprese come quello del primo lockdown il quadro generale che scaturisce evidenzia un sistema imprenditoriale ancora troppo poco attento alla dimensione digitale dell’economia. La maggior parte delle imprese intervistate non solo ha investito “distrattamente” in asset e in cultura digitale poche risorse, ma esprime, con convinzione, anche la una scarsa propensione a farlo in un prossimo futuro, nonostante il presente dell'economia domestica, europea e internazionale si connoti sempre più come multicanale. Sono infatti 269 le imprese che dichiarano che investiranno per niente o poco nella formazione del personale. L'elemento che tuttavia sembra essere ancora più preoccupante, sottolinea la Ricerca, è il convincimento della maggior parte delle imprese che, nonostante tutto, la presenza in rete sia sufficientemente e/o molto soddisfacente.
Le traiettorie di sviluppo che si intravedono, e che scaturiscono non solo dai dati raccolti ma anche dall’esperienza di osservazione sul campo condotta in circa cinque anni di studi del Laboratorio, sono correlate alla qualificazione culturale e professionale delle risorse umane, non tanto attraverso l’apprendimento dei tanti strumenti operativi che la rete mette a disposizione quanto, piuttosto, attraverso la comprensione profonda delle dinamiche strategiche sottostanti la dimensione digitale. Tutto ciò potrà avvenire attraverso un sistema di incentivi strutturali di tipo “educativo”, capaci di mutare radicalmente il paradigma di approccio culturale verso la rete e la sua complessità, ed un sistema formativo capace di sviluppare competenze tecnico-professionali in ambito digitale.
Alcuni dati della ricerca.
La maggior parte delle imprese opera in ambito B2B e realizza almeno il 50% del proprio fatturato sui mercati locali o nazionali e il 97% degli intervistati utilizza un sito web e il 70% possiede un profilo dell'azienda su almeno un social network, ma solo il 25% utilizza l’e-commerce.
Tra quanti hanno aperto una pagina aziendale su un social media il 30% lo gestisce direttamente il titolare o il direttore dell'impresa, il 17% l'ufficio marketing, il 22% l'ufficio commerciale, il 23% lo affida a una agenzia di comunicazione esterna e un 2% lo lascia allo stagista/apprendista. E già questo tipo di dati fa capire quanto e in che modo all'interno delle varie aziende ci sia una cultura digitale che ne comprenda il valore per il proprio business.
Il social più usato è largamente Facebook, seguito da Instagram, Linkedin, Youtube e Twitter.
Sui 288 rispondenti 231 dichiarano che l'utilizzo del social media serve per comunicazione prodotto e lead generation, 144 per relazioni prevendita con il cliente come informazioni, prenotazioni, supporto all'acquisto; 103 per campagne di pubblicità a pagamento; 93 per relazioni post vendita e solo 66 per vendita diretta.
Ancora abbastanza utilizzata la Direct email marketing (25%) e la newsletter (29%) nonostante sembrino strumenti primordiali dall'avvento di internet. In ultima analisi si riscontra una bassa cultura digitale e bassa propensione all'investimento in asset digitali, con difficoltà nel valutare la dimensione digitale come strategica d'impresa, integrata a quella online.
“Questi dati - commenta Daniela Toccafondi, presidente del PIN - dimostrano la necessità di un adeguamento culturale del sistema toscano delle imprese ai nuovi modelli, permeati di digitalizzazione nell’avanzamento produzione e nel marketing. Il Pin offre corsi di formazione specifici su questo, grazie all’impegno del Laboratorio Wem Park diretto dalla prof.ssa Silvia Ranfagni e dal prof. Danio Berti. Nei prossimi mesi, inoltre, partiranno nuovi corsi pensati per la valorizzazione digitale del nostro sapere fare e del nostro patrimonio artistico e culturale”.
“La pandemia - sottolinea l’assessore alle infrastrutture digitali della regione Toscana Stefano Ciuoffo – ha accelerato processi che stavano avvenendo a macchia di leopardo e il digital divide acuisce questo gap tra fasce di popolazione e imprese molto avanzate e interi territori o interi comparti produttivi che non hanno o non sono nelle condizioni di sfruttare le opportunità che la comunicazione digitale, pervasiva e personalizzata ha. Occorre recuperare il tempo perduto e considerare internet come un diritto di tutti al pari di lavoro, salute e istruzione. Questo è l’impegno per il quale stiamo lavorando”.
24/11/2020 12.31
Università di Firenze