Molti professionisti attivi a Firenze nel campo del restauro e che lavorano sotto la tutela della Soprintendenza sia con incarichi diretti che tramite collaborazioni a contratto, partita IVA e contratti da dipendenti, vedono messo a rischio il loro lavoro dalle recenti normative in materia (D.L. 24/3/06 n.156, disposizioni correttive e D.M 30/3/09 n.53). Eppure fra di loro c’è chi ha lavorato al restauro degli affreschi della Cupola del Duomo, chi può vantare interventi su Leonardo, Goya, Agnolo Gaddi, Canova, Suttermans...
Temono “una palese ingiustizia” nei loro confronti e per questo hanno chiesto di incontrare le soprintendenti Cristina Acidini, Paola Grifoni e il direttore regionale Mario A.Lolli Ghetti.
La questione si sviluppa in merito alla normativa che intende regolare la professione di restauratore, Il Ministero istituirà un apposito elenco e chi vorrà esservi iscritto – e avere quindi la possibilità di lavorare con le Soprintendenze e partecipare alle gare di appalto – dovrà ottenere i “certificati di buon esito dei lavori compiuti” relativi ad almeno 8 anni di attività al 2001. E’ inoltre prevista una prova di idoneità con valore di esame di stato abilitante, superata la quale si otterrà la qualifica di restauratore di beni culturali o di collaboratore restauratore. Per partecipare a questa prova è necessario presentare i suddetti certificati. Senza di questi non si potrà prendere parte all’unica convocazione dell’esame attesa nei prossimi mesi. Un solo esame, senza possibilità di appello: chi non riesce ad accedervi o non lo supera, è fuori, vedendo così vanificato il lavoro e il bagaglio di esperienze accumulato in tanti anni.
Molti restauratori stanno riscontrando notevoli difficoltà per ottenere la documentazione che dimostri che si è svolta attività di restauro. Non è sufficiente un’autocertificazione, ma occorrono quei “certificati di buon esito del lavoro” rilasciati dagli ex datori di lavoro e vidimati dalle Soprintendenze (si tenga presente però - e qui sta il paradosso - che prima del 2001 tali certificati non erano obbligatori). Ma questi documenti spesso non ci sono o non si trovano, perché i rapporti di lavoro in cui gran parte dei restauratori sono stati costretti ad operare non sempre risultano chiari riguardo all’effettivo ruolo svolto, fra appalti e sub-appalti, collaborazioni co.co.co, partite IVA e quant’altro.
<Pur riconoscendo la necessità di una regolamentazione nel settore del restauro dei Beni Culturali – dicono i membri dell’Associazione Bastioni, promotrice della petizione (www.ass-bastioni.com) – sentiamo che la nostra dignità professionale è in pericolo a causa dell’ impossibilità di ottenere i certificati così come richiesti, anche perché tale documentazione non era obbligatoria prima del 2001. A nove anni dal primo decreto legislativo al riguardo (3/8/00 n.294), regna una grande confusione e finirà che verranno penalizzati tutti i dipendenti, ex-dipendenti e collaboratori esterni che sono poi le categorie che hanno maggiori difficoltà ad accedere ai certificati di buon esito del lavoro.>
Bastioni – Associazione per la Ricerca e lo Studio delle Opere d’Arte
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