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Fondazione Palazzo Strozzi
LA CUCINA DEGLI ANNI'30: CENA AUTARCHICA
Martedì 20 novembre alle 19:30 al Teatro del Sale
Illustrazione per la cena autarchica la Teatro del Sale
Gli Anni’30 entrano anche in cucina e in occasione della mostra di Palazzo Strozzi Anni Trenta. Arti in Italia oltre il fascismo (Palazzo Strozzi 22 settembre 2012-27 gennaio 2013) lo chef Fabio Picchi la sua brigata di cucina realizzeranno la “Cena Autarchica”
La serata si terrà Martedì 20 novembre 2012 dalle ore 19,30 (Teatro del Sale, Via de' Macci, 122r, Firenze PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA Tel. 055/2001492).
La cena sarà seguita da un concerto del pianista Fabio Rosai con musiche degli Anni Trenta.

Cos’è una Cena autarchica
Nel 1935 l’Italia attacca l’Abissinia (oggi Etiopia), membro della Società delle Nazioni; per questo motivo il 7 ottobre e il 18 novembre viene colpita dalle sanzioni economiche (embargo). Il fascismo attua allora la politica dell’autarchia e introduce la tessera annonaria che prevede il razionamento del cibo per le famiglie. L’autarchia spinge verso il consumo di prodotti nazionali, come il grano e il riso, e a sostituire il the (in mano agli inglesi) con il carcadé annoverato fra i prodotti provenienti dall'Eritrea, che era allora colonia italiana. Alimenti come lo zucchero e il caffè vengono banditi dalla tavola degli italiani e per far fronte alla crisi si diffondono i cosiddetti “orti di guerra”: giardini e aiuole sono trasformati in terreno agricolo per la coltivazione di verdure e ortaggi.
Presso le case coloniche vengono piantati alberi di “cachi” (diosperi), frutti ricchi di proteine, un inserimento che ancora oggi segna le campagne toscane e romagnole. Si fa ricorso a piatti autarchici (minestre di verdure e legumi) con un utilizzo limitatissimo di olio e sale (molto rari per l’epoca) e maggior impiego di lardo e strutto.

Scrive Achille Starace, nel Vademecum dello stile fascista (fogli pubblicati tra 1931 e 1939):
- I Fascisti e coloro che militano nelle organizzazioni del Regime validi, non bevano caffè o ne riducano al minimo il consumo. In questo modo fregheremo i paesi che, per vendercelo, vorrebbero il nostro oro.
La lignite rimpiazza il carbone, la cicoria il caffè e il coniglio diventa pelliccia. Ferragamo inventa scarpe di pelle di rospo.

L’Italia riscopre il pescato. Nelle grandi città dell'interno e della pianura vengono inaugurati i mercati del pesce e decine di venditori ambulanti raggiungono perfino le valli alpine. Cade la cultura della carne. Se la carne costava 18 lire il Kg (equivalente a 40 euro d'oggi) il pesce di qualità costava diciotto volte meno (1 lira). Il baccalà secco o salato (d'importazione) d'anteguerra era però a 2-2,5 lire ma risolse il problema della conservazione e della pellagra in Veneto. A Napoli sotto barca le vongole fresche costavano 5 centesimi al chilo (1/30 del pane) e il pesce azzurro allo sbarco a Pescara 2 cents. al chilo (= 50 gr di patate o mezzo uovo).
Nel decennio si pubblicano numerosi ricettari quali La massaia contro le sanzioni, pubblicato nel 1935; La cucina italiana in tempo di sanzioni del 1936, oppure le famosissime Ricette di Petronilla che hanno conosciuto numerose edizioni.
Negli Anni Trenta le restrizioni erano date dalle sanzioni e dalla mancanza di materie prime; oggi – in un periodo di difficoltà economica – si deve cercare di mantenere la qualità tenendo conto delle ristrettezze e di una produzione che sia ecologicamente sostenibile e a chilometro zero.

PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA Tel. 055/2001492

ALCUNE CURIOSITA’:
Scrive Achille Starace, nel Vademecum dello stile fascista (fogli pubblicati tra 1931 e 1939):
- I Fascisti e coloro che militano nelle organizzazioni del Regime validi, non bevano caffè o ne riducano al minimo il consumo. In questo modo fregheremo i paesi che, per vendercelo, vorrebbero il nostro oro.
La lignite rimpiazza il carbone, la cicoria il caffè e il coniglio diventa pelliccia. Ferragamo inventa scarpe di pelle di rospo.
L’Italia riscopre il pescato. Nelle grandi città dell'interno e della pianura vengono naugurati i mercati del pesce e decine di venditori ambulanti raggiungono perfino le valli alpine. Cade la cultura della carne. Se la carne costava 18 lire il Kg (equivalente a 40 euro d'oggi) il pesce di qualità costava diciotto volte meno (1 lira). Il baccalà secco o salato (d'importazione) d'anteguerra era però a 2-2,5 lire ma risolse il problema della conservazione e della pellagra in Veneto. A Napoli sotto barca le vongole fresche costavano 5 centesimi al chilo (1/30 del pane) e il pesce azzurro allo sbarco a Pescara 2 cents. al chilo (= 50 gr di patate o mezzo uovo).
Su “L’Illustrazione Italiana” del 1936 l’ultima pagina è dedicata alla cucina: “La cucina in tempo di sanzioni”, “Bottega del ghiottone”, il titolo delle rubriche.
Interessante per le notizie di rilievo storico l’inizio di uno dei pezzi: le sanzioni «avranno avuto molti buoni effetti… quello di farci capire che possiamo e dobbiamo contare solamente su di noi stessi… e molti altri ancora… fra i quali la persuasione, fattasi in molti, che il mangiare frutta, legumi pesce, poca carne, e l’avere una mensa delicata, sia pure, ma sobria, sia di giovamento alla salute, e che non si soffre affatto mangiando leggermente e lasciando da parte l’uso troppo frequente di carni sanguinolenti!»

“Ricettario Autarchico” è una raccolta di ricette inserita in un opuscolo dal titolo “Sapersi nutrire”, curato dall’Ufficio Propaganda del Partito Fascista e distribuito alle famiglie italiane nei primi anni trenta. Le dosi sono indicate per 6 persone, chiaro segno che la famiglia italiana di quegli anni era diversa. La parola d’ordine è risparmio e gli avanzi hanno la dignità di ingredienti, una cucina che si potrebbe chiamare “del senza”: “Il brodo senza carne”, “Sugo senza carne”, “Minestre senza pasta e senza riso”.
Ci sono anche classici della cucina popolare, quali ad esempio la “Panata veneta”, cioè la minestra di pangrattato bollito nel brodo. I “Passatelli alla Romagnola”, si fanno passando l’impasto tra i fori di “una cucchiaia forata, pigiando con un cucchiaio di legno in modo da far uscire dei cannelli i quali cuocendo daranno l’impressione della pasta”. La “Minestra di
albumi”, doveva sfamare sei persone con tre albumi montati a neve mescolati a tre cucchiai di parmigiano e bolliti a cucchiaiate nel brodo. Oppure i grumi scuri che restano sul fondo del tegame dove si è cotto l’arrosto per ricavarne un insaporitore per il brodo vegetale oppure un condimento per la pasta o il riso? Oppure una salsina (inserita nei “Condimenti autarchici”) fatta con i semi di lino.
Nel decennio si pubblicano numerosi ricettari quali La massaia contro le sanzioni, pubblicato nel 1935; La cucina italiana in tempo di sanzioni del 1936, oppure le famosissime Ricette di Petronilla che hanno conosciuto numerose edizioni. Non sprecare – come suggerisce il titolo di una guida del 1941 – è la prima regola: «Fate attenzione a tutto ciò che viene gettato nelle immondizie. Tutto può essere utilizzato». Nel 1942 vede la luce a Firenze La cucina autarchica di Elisabetta Randi e La cucina del tempo di guerra di Lunella De Seta.
La “Cucina Italiana”, fondata nel 1929, negli anni dal 1936 al 1939 si adegua alle nuove norme di austerità, come l'abolizione del consumo di carne per due giorni alla settimana, il martedì ed il mercoledì; il fattore economico condiziona ogni informazione: si elogia il crudismo per risparmiare il costoso commestibile, mentre le ricette privilegiano il pesce e il riso.

L’autarchia non è solo gastronomica, ma anche linguistica: queste le indicazioni del MinCulPop per come adeguare i nomi dei cibi (dal “Menù ovvero la nuova lista dei cibi” dal “Giornale dell’Associazione Cuochi” del 1939)
Consommè = Brodo ristretto
Julienne = Zuppa di legumi minuti
St. Germain = Zuppa di piselli stacciati
Parmentier = Zuppa di patate schiacciate
Santè = Zuppa di legumi
Omelette = Frittata avvolta
Omelette finerbes = Frittata avvolta con prezzemolo
Purèe di patate = Patate schiacciate
Croquettes di… = Polpettine di ….
Mousse di fegato d’oca = Spuma di fegato d’oca
Pollo in aspic = Pollo in gelatina
Carrè di vitello = Lombata di vitello
Entrecòtes = Braciola di Lombo
Rumpsteack = Braciola di costata
Roastbeef = Lombo di bue
Tournedos = Medaglioni di filetto di bue
Chàteaubriand = Doppio trancio di filetto di bue
Beefsteck =Trancio di filetto di bue
Goulach = Spezzatino di manzo con paprika
Gigot di … = Cosciotto di ….
Vol au vent di … = Sfogliatine di….
.in salmì = Infuso di vino
Noisette di vitello = Nocettine di vitello
Wusten = Salsicciotti affumicati
Flan di…. = Sformato di…
Crème Caramelle = Crema Caramellata
Pudding = Bodino
Souflèe = Gonfiato
Crèpes = Frittelle dolci
Beignet di…= Frittelle di…
Chantilly = Panna montata
Marrons Glacèe = Castagna candita
Negli Anni Trenta le restrizioni erano date dalle sanzioni e dalla mancanza di materie prime; oggi – in un periodo di difficoltà economica – si deve cercare di mantenere la qualità tenendo conto delle ristrettezze e di una produzione che sia ecologicamente sostenibile e a chilometro zero.
IL CASTAGNACCIO
Altre ricette di Petronilla, 1935 Potete avere farina di castagne? Allora, un consiglio: con quella dolcissima farina preparate ai vostri ragazzi, per l'ora della merenda, un bel castagnaccio che, sulla tavola, li attenda. Per fare questo dolce che, oltre essere sostanzioso, economico (non richiede nemmeno zucchero), squisito (e sia caldo che freddo), in pochi minuti viene anche fatto, comperate 2 etti di farina di castagne; versatela in una insalatiera; unite un pizzico di sale e 3 cucchiai d'olio d'oliva; mescolate; e aggiungete a poco a poco (e sempre rimescolando con l'indispensabile cucchiaio di legno) acqua fredda fino a che otterrete un impasto né troppo sodo, né troppo molle, e assolutamente scevro di grumi (attente a schiacciarli tutti!). Lasciate lì, qualche ora, a riposare.
Ungete con olio d'oliva la tortiera; versatevi l'impasto in modo che vi si spanda; e ricordate che il castagnaccio, per riuscir ben cotto, e con la sua crosticina croccante, deve essere sempre piuttosto largo e parecchio basso. Spargetene la superficie (a seconda del gusto e della possibilità del borsellino) o di soli pignoli, o di soli semi di finocchio, o di pignoli e di uva sultanina, e anche (se volete) di gherigli di noci e persino di pezzetti di cedro candito. Il castagnaccio (così o cosà guarnito) cucinatelo in forno o fra la brage fino a che colore, odore e crosta vi assicureranno ch'è ben cotto, e... Vedrete la gioia dei ragazzi, sentirete le loro espansioni grate quando, ritornati affamati dalla scuola, e corsi in cucina alla ricerca di un po' di pane per la merenda, troveranno invece lì, sulla tavola, ad attenderli, il castagnaccio profumato e ancora fumante! E la gioia dei nostri ragazzi, non è sempre la più grande delle gioie anche per noi, che siamo le loro mamme?

17/11/2012 17.07
Fondazione Palazzo Strozzi



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dal: 20/11/2012
fino al: 20/11/2012
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