Redazione di Met
MANIFESTAZIONE IN RICORDO DI DON LUIGI STEFANI A FIRENZE
Il 18 ottobre, dopo il reading di Marcellina Ruocco, concerto del pianista Riccardo Sandiford. Il 19 cerimonia degli Alpini, benedizione del bassorilievo di Marko Lukolic e messa celebrata dal Cardinale Piovanelli. Ingresso libero a tutte le iniziative
“Dalmata, sacerdote, alpino, cappellano della Misericordia di Firenze”. Così viene ricordato, nell’epigrafe sotto al nuovo bassorilievo di Marko Lukolic a lui dedicato, Don Luigi Stefani (Zara 18 ottobre 1913 – Firenze 7 ottobre 1981), prete solare ed estroverso, sempre pronto al perdono, ma mai arrendevole nelle dispute, di cui si celebra il 18 e il 19 ottobre a Firenze il centenario della nascita.
Una celebrazione che si aprirà venerdì, alle 17, all’auditorium di Santa Apollonia con un reading dell’attrice Marcellina Ruocco dalle pagine di ‘Una eredità di fede e di amore’ (l’ultimo saluto-confessione di Don Stefani, scritto quando sapeva che stava per morire) e il concerto, alle 18, di Riccardo Sandiford, che suonerà in quest’occasione tre capolavori della letteratura pianistica sia per l’innovazione stilistica che per l’afflato metafisico: la Fantasia in do minore Kv 475 di W. A. Mozart, la Sonata op. 81 ‘Les Adieux’ di L. van Beethoven e i Klavierstücke op 118 di J. Brahms.
La manifestazione, organizzata dagli Amici dell’Opera giovanile del fraterno soccorso in collaborazione con la Misericordia e la Presidenza del consiglio comunale di Firenze, proseguirà il giorno successivo con una cerimonia dell’Associazione Nazionale Alpini la mattina, alle 10,30, al cimitero di Soffiano, poi con la benedizione del bassorilievo realizzato da Marko Lukolic presso quella che fu, in via delle Oche 4, la dimora fiorentina di Don Stefani (ore 16,30) e, infine, alle 17,30, con la santa messa celebrata dal Cardinale Silvano Piovanelli con il coro degli Alpini.
Come ben sintetizzato da Maurizio Naldini in un articolo sulla Nazione del 2 ottobre 2011, in occasione del trentesimo anniversario della morte, Don Luigi Stefani fu per certi versi un «prete scomodo», spesso «controcorrente» con «le sue battaglie in nome della fede e della carità». Basti pensare a quanto da lui stesso ricordato nel testo ‘Una eredità di fede e di amore’: la difesa della chiesa di Dante o la critica della «cacciata del latino dalla liturgia». Oppure a ciò che sosteneva da giovane quando era «Cappellano delle carceri giudiziarie di Zara»: che, in fondo, tutti i carcerati, per il fatto di vivere tale condizione sociale e umana, sono da ritenere innocenti e comunque da assistere nel migliore dei modi. D’altronde, come osserva Maurizio Naldini richiamando quel testo, certi aspetti del suo carattere sempre positivo ma indomito sono ben riassunti dalle stesse disposizioni per il funerale: la richiesta di essere sepolto con «in testa il cappello di alpino», che la bara fosse «avvolta nel tricolore con lo scudo sabaudo», che si suonasse l’Ave Maria di Schubert, che si portassero molti fiori «che ho amato come le mie montagne» e, infine, appunto, che la messa fosse celebrata in latino.
Ma ecco alcuni cenni biografici. Prete a 23 anni nella natìa Zara, dopo l’esperienza di cappellano delle carceri, divenne segretario dell’arcivescovo. In seguito fu cappellano degli Alpini al seguito della Brigata Tridentina in Albania. Tornato in patria, aiutò i deportati greci e sloveni rischiando la vita. Sfidò le SS e i fascisti, finendo anche arrestato. Rifiutò un riconoscimento che il governo jugoslavo voleva dargli per la partecipazione alla lotta di liberazione del popolo slavo. Passato da Venezia, approdò nel 1945 a Firenze, che divenne la sua città di adozione. Qui fu punto di riferimento dei profughi dalmati e istriani. Fu cappellano per 30 anni della Misericordia, a cui fu indissolubilmente legato. Si dedicò per molti anni all’insegnamento presso vari istituti fiorentini, fra cui l’Istituto Agrario, il Sacro Cuore, il Liceo linguistico di via Ghibellina e il Don Gnocchi di Pozzolatico. Per primo a Firenze creò un consultorio familiare e, nel 1955, fondò l’Opera giovanile del fraterno soccorso “Antonio Rosmini”, in cui coinvolse centinaia di giovani in attività di carità e aiuto ai bisognosi. Andò in Ungheria nel 1956 ad aiutare i ribelli in fuga dai carri armati sovietici, riuscendo a portarne diversi in Italia. Nel 1959 fondò lo Sprone, spazio per giovani artisti in Oltrarno. E negli anni ’70 fu parroco di Santa Margherita in Santa Maria de’ Ricci di via del Corso, con l’annessa chiesa di Dante, che riuscì a far restaurare e riconsacrare al culto cattolico, e a cui dedicò ben tre pubblicazioni.
16/10/2013 12.51
Redazione di Met