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Museo dell’Opera del Duomo
La Pietà di Michelangelo. Lo sguardo di Aurelio Amendola fra naturalismo e astrazione
Museo dell’Opera del Duomo, Sala del Paradiso, Firenze 8 settembre 2022 - 9 gennaio 2023
“Quando fotografa i marmi di Michelangelo, Aurelio ‘diventa’ Michelangelo e s’addentra nei percorsi di pensiero e di spirito di lui”, afferma Antonio Natali, curatore della mostra “La Pietà di Michelangelo. Lo sguardo di Aurelio Amendola fra naturalismo e astrazione” che apre al pubblico il prossimo 8 settembre nel Museo dell’Opera del Duomo a Firenze in occasione dei 726 anni dalla Fondazione dell’Opera di Santa Maria del Fiore (8 settembre 1296).

Terminato il restauro della Pietà di Michelangelo detta Pietà Bandini, nel settembre 2021, conservata nel Museo dell’Opera del Duomo a Firenze, l’Opera di Santa Maria del Fiore ha commissionato una campagna fotografica del gruppo scultoreo ad Aurelio Amendola, grande interprete dell’opera di Michelangelo e autore di fama mondiale. Il frutto di questo lavoro, è ora presentato nella sala del Paradiso del Museo, dove per la prima volta viene realizzata un’esposizione. In mostra trentadue immagini fotografiche in bianco e nero, stampate in grande formato (70 x 100 cm e 100 x 100). Una sequenza d’immagini che da un lato tocca i sensi di chiunque osservi le sue foto, dall’altro, aiuta un occhio critico a scoprire dettagli inediti.

Amendola torna ad interpretare la Pietà Bandini dopo averla fotografata nel 1997 e terminato il delicato restauro, commissionato e diretto dall’Opera di Santa Maria del Fiore e finanziato dalla Fondazione non profit Friends of Florence, che ha saputo restituire la bellezza a uno dei capolavori più intensi e tormentati del grande artista.

“La scultura è tutto per me, lavorando con le luci cerco di renderla viva, farla parlare. Questo è sempre stato il mio intento”, racconta Amendola, che per ritrarre la Pietà Bandini ha scelto di non utilizzare delle luci diffuse, perché scrive Natali: “Non c’è lume che possa avvolgere omogeneo una materia tanto tormentata. E Aurelio non solo seconda l’invenzione originaria ma ulteriormente rafforza, anzi, la luce e per converso viepiù abbuia gli scuri. E le ombre sbattono con profili netti sulle superfici, chiare fino al candore. E il cuore del riguardante ne trasale”.

“Amendola – prosegue Natali - partendo dall’intero, avanza con l’obiettivo fotografico fino a incunearsi nei vuoti, nei sottosquadri, nei meandri d’una materia inquieta. Vi si muove quasi fosse – il suo – un esame autoptico; e, come in una dissezione, scopre e mette a nudo piaghe anche ripulsive sfuggite all’occhio, com’è quell’immagine ripresa di lato, da destra, che denuda la sezione verticale della coscia, mozzata di netto, con l’impudica rivelazione d’un foro quadrato per il perno d’un trapianto dell’arto. Foto d’impatto forte; anche perché in una sola veduta Aurelio poeticamente esibisce tutta la gamma degli stadi di lavorazione del marmo: dall’appena sbozzato al compiuto, dall’ancóra informe gamba di Maria cioè, – rugosa e scabra come una scultura parigina d’inizio Novecento (di Modigliani o Brâncu?i o di Henri Gaudier-Brzeska) –, al torso di Cristo, polito e fulgente come una pietra a lungo lucidata. Aurelio è sicuramente affascinato dalla capacità di Michelangelo d’essere soavemente forbito e nel contempo, però, potente”.

Amendola ha fotografato, nel corso della sua lunga carriera, tutte le opere scultoree del grande artista rinascimentale. A partire dal primo libro del 1994, “Un occhio su Michelangelo. Le tombe dei Medici nella Sagrestia Nuova di S. Lorenzo a Firenze dopo il restauro”, che gli valse il premio Premio Oscar Goldoni per il miglior libro fotografico dell’anno, alle celebri immagini del David fotografato, come mai prima di allora, nella sua piena sensualità. Con il David, Amendola “inaugura” un nuovo modo di raccontare Michelangelo che diventa un punto di riferimento per tutte le sue immagini successive.

Oltre a Michelangelo, Amendola si è dedicato alla scultura antica che dichiara “essere la sua passione”. Passione nata fotografando il Pulpito di Sant’Andrea di Giovanni Pisano a Pistoia nel 1969. Amendola è anche un grande interprete del contemporaneo, capace di entrare in empatia con gli artisti, assorbendone stile e intensità. Lo testimoniano i ritratti di alcuni dei più grandi artisti contemporanei e del Novecento: da Alberto Burri a Marino Marini, con cui ha avuto un rapporto speciale, Mario Ceroli, Giorgio De Chirico, Nicola De Maria, Jannis Kounellis, Roy Lichtenstein, Piero Manzù, Mimmo Paladino, Claudio Parmiggiani, Michelangelo Pistoletto, Giò Pomodoro, Gianni Ruffi, Mario Schifano, Giuliano Vangi, Emilio Vedova, per citarne solo alcuni. Celebri i ritratti di Andy Warhol, tra cui quelli realizzati a New York poco prima della sua morte, probabilmente gli ultimi che lo ritraggono.

La mostra sarà accompagnata da un catalogo realizzato da La Mandragora casa editrice.


INFORMAZIONI

Museo dell’Opera del Duomo, Firenze

Piazza Duomo 9, Firenze

Aperto tutti i giorni dalle ore 9.00 alle ore 19.45. Chiusura ogni primo martedì del mese

Ingresso con biglietto che include la visita oltre che del Museo anche del Battistero e di Santa Reparata costo 15.00 euro

Sito web: https://duomo.firenze.it/it/home


Aurelio Amendola



Nato a Pistoia il 19 gennaio 1938, nel corso della sua eccezionale carriera di fotografo d’arte si dedica intensamente ai temi del contemporaneo, arrivando a raccogliere una vera e propria Galleria di Ritratti dei più celebri maestri del Novecento: De Chirico, Pomodoro, Schifano, Lichtenstein, Warhol e molti altri. Prezioso il sodalizio con Marino Marini e Alberto Burri, indimenticabili compagni di strada e di vita. In parallelo, Amendola si distingue per celebri fotografie sulle sculture del Rinascimento italiano e per quelle dedicate alla tradizione classica, comprendendone intimamente volumetrie e contrasti, offrendo ogni volta un punto di vista scostato dall’approccio documentaristico, ispirato da una visione tattile, emotiva, sensoriale. I suoi esordi sono contrassegnati dal celebre volume Il pulpito di Giovanni Pisano a Pistoia (1969). L’interesse per l’antico si radica poi in numerosi altri lavori fotografici, da Donatello, Canova e Bernini, fino a Michelangelo. Ai marmi di quest’ultimo consacra numerosi cataloghi, mostre, monografie. Nel 1994 con il volume Un occhio su Michelangelo (dedicato alle Cappelle Medicee a Firenze) vince il Premio Oscar Goldoni per il miglior libro fotografico dell’anno.

Amendola ha costantemente sperimentato azzardi, intrecci e accostamenti, calando l’antico nel contemporaneo o assegnando al contemporaneo un trattamento di matrice classica. Accanto alla ritrattistica e alla statuaria antica, si è cimentato anche nella poetica dei luoghi, raccontandone il genius architettonico: il Duomo di Milano, Matera, San Galgano, la Collezione Gori Fattoria Celle di Santomato, Il Vittoriale degli Italiani, il grande Cretto di Burri di Gibellina.

Le sue opere fanno parte di prestigiose collezioni private e pubbliche; tra queste, Fondazione Maramotti di Reggio Emilia, GAM di Torino, Fondazione Arnaldo Pomodoro di Milano, MAXXI di Roma, Fondazione Alberto Burri di Città di Castello, Uffizi, Palazzo Fabroni di Pistoia, Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia.

Incalcolabili le esposizioni nazionali e internazionali, innumerevoli i riconoscimenti: tra tutti, premio Cino da Pistoia (1997); il diploma Accademico Honoris Causa in Arti Visive e titolo di Accademico d'Italia (2014, Accademia di Belle Arti di Catanzaro); e il premio Una vita per l’arte (Gaeta, 2016).

Nel 2015, per Sky Arte HD, è uscito il docu-film L’occhio sull’Arte. Storia di Aurelio Amendola (prodotto da Piero Mascitti e Didi Gnocchi, diretto da Beatrice Corti), a lui interamente dedicato. Nel novembre 2021 ha realizzato la mostra “An Eye on Michelangelo and Bernini” presso The Society of the Four Arts a Palm Beach (Usa). Sempre nello stesso anno la sua città natale, Pistoia, gli ha dedicato un’ampia antologica che nel 2022 è stata esposta al Castello Svevo di Bari.


Museo dell’Opera del Duomo

Il Museo dell’Opera del Duomo a Firenze, diretto da Timothy Verdon, completamente rinnovato e ampliato alla fine del 2015, conserva una collezione unica al mondo di scultura del Medioevo e del Rinascimento fiorentino: 750 opere tra statue e rilievi in marmo, bronzo e argento, tra cui capolavori dei maggiori artisti del tempo da Michelangelo a Donatello, Arnolfo di Cambio, Lorenzo Ghiberti, Andrea Pisano, Antonio del Pollaiolo, Luca della Robbia Andrea del Verrocchio. Tra le opere più celebri esposte nel Museo: La Pietà Bandini di Michelangelo, le tre monumentali Porte del Battistero, tra cui la Porta del Paradiso di Lorenzo Ghiberti, e alcuni dei capolavori di Donatello come i Profeti e la Maddalena. Fondato nel 1891, negli ambienti trecenteschi dove Michelangelo scolpì il David, per raccogliere le opere eseguite nei secoli per i monumenti della Cattedrale di Firenze, lo storico Museo dell’Opera del Duomo presentava uno spazio insufficiente per ospitare la vasta collezione, di cui buona parte costituita da opere monumentali. Per questo nel 1997 l’Opera di Santa Maria del Fiore ha acquistato un grande fabbricato attiguo al museo. Dall’unione dei due edifici è nato il nuovo Museo dell’Opera del Duomo, che ha aperto al pubblico alla fine del 2015, e che dispone di quasi 6.000 metri quadri di superficie espositiva, più che raddoppiata rispetto al passato, e 25 sale su tre piani. Nucleo centrale del museo è la spettacolare Sala del Paradiso (36 metri x 20 x 20), dove su un lato è stato realizzato un colossale modello (in resina e polvere di marmo) in scala 1:1 dell’antica facciata del Duomo di Firenze di Arnolfo di Cambio, costruita a partire dal 1296, mai finita e distrutta nel 1587. Sull’altro lato della sala, di fronte, sono esposte le tre Porte del Battistero.

Pietà Bandini - Firenze 2022 (© Aurelio Amendola - Fonte Opera del Duomo)

07/09/2022 13.41
Museo dell’Opera del Duomo


 
 


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