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Comune di Fucecchio
Fucecchio. Giornata mondiale del diabete, l'amministrazione comunale di Fucecchio ringrazia il Meyer
La vicesindaca Emma Donnini è intervenuta al corso dedicato alla gestione del diabete in ambito scolastico
Per celebrare la Giornata mondiale del diabete, che ricorreva ieri 14 novembre, la vicesindaca e assessora alla scuola del Comune di Fucecchio, Emma Donnini, ha partecipato ad un corso dedicato alla formazione del personale docente e ausiliario sulla tutela del bambino con diabete di tipo 1 in ambito scolastico, promosso dall'Azienda Ospedaliera Universitaria Meyer IRCCS.
“Una giornata molto importante, alla quale ho voluto partecipare innanzitutto per ringraziare il Meyer per il costante impegno che ripone sul tema della formazione del personale scolastico - spiega la vicesindaca - in particolare per temi così delicati come quello del diabete. Un grazie speciale alla dottoressa Sonia Toni, SOC Diabetologia e Endocrinologia AOU Meyer IRCCS, alla dottoressa Paola Pisanti, consulente esterno esperto in malattie croniche del Ministero della Salute e al Consiglio delle Ragazze e dei Ragazzi del Meyer, in particolar modo a due ragazze affette da diabete di tipo 1, Viola Giunti e Rachele Pasquini, che hanno scelto di portare la loro importante testimonianza unendola così a quelle degli insegnanti e delle associazioni presenti”.

Riportiamo di seguito le testimonianze di Viola e Rachele, che saranno proposte alle scuole al fine di sensibilizzare l'intero mondo scolastico sull'argomento.

VIOLA GIUNTI
“La mia diagnosi è avvenuta solo dopo una settimana dall’inizio della scuola. Avevo 11 anni e da pochi giorni avevo iniziato la prima media, conosciuto nuovi compagni e nuovi insegnanti. Per me il diabete è stato un uragano che ha sconvolto la mia tranquilla vita da ragazzina. Da quel giorno esiste una vita prima e una vita dopo completamente diversa. Agli occhi degli altri posso sembrare una ragazza come tutte le altre e in salute, ma il diabete è una malattia invisibile e subdola e in ogni momento della mia giornata devo costantemente pensare a gestirla. Infatti, non posso dimenticarmene, devo stargli dietro con la testa e prendere continuamente decisioni sulla terapia, per mantenere quel delicato equilibrio tra iperglicemia e ipoglicemia, e questo condiziona tutte le mie attività e i miei pensieri. Prima di fare qualsiasi cosa (andare in motorino, in palestra, a scuola) devo sempre adeguarmi in base all’andamento della glicemia. In particolare, quando sono a scuola ho molte esigenze: devo fermarmi nelle ore di educazione fisica quando ho la glicemia bassa, devo mangiare zucchero o carboidrati durante le lezioni, devo andare più volte al bagno per iniettarmi l’insulina o per misurarmi la glicemia e usare il cellulare per contattarmi con i miei genitori in caso di emergenza. Quando è arrivato il momento di tornare a scuola mi sono sentita morire. Paura, terrore, senso di impotenza, angoscia, vergogna, il sentirsi diversa erano tutte emozioni che stavano sconvolgendo la mia vita. Infatti avevo una forte sensazione di vergogna su che cosa potessero pensare i miei compagni di classe. Questa vergogna me la sono portata dietro molto tempo, soprattutto quando dovevo misurare la glicemia, farmi l’insulina o semplicemente nel portare addosso sensore e microinfusore. Maturando e crescendo, però, sono riuscita a superare queste mie insicurezze. Inoltre, in quel momento avevo molta paura di scoprire se il diabete avrebbe cambiato anche le mie abitudini a scuola, oltre a quelle di tutti i giorni, e se i miei professori capissero davvero la mia malattia, accettandola senza farmi sentire diversa. Il mio ritorno, però, fu davvero inaspettato, e per questo mi ritengo una persona davvero fortunata. Infatti, dopo una chiacchierata con la preside mi sono subito sentita a mio agio, e dopo il mio professore di francese mi ha accompagnata in classe e i miei compagni mi hanno fatto un caloroso applauso. In quel momento mi sono sentita accolta e diciamo anche accettata. Un’altra cosa che è stata molto importante per me è che tutti i miei professori hanno voluto conoscere a fondo questa malattia e i rischi che può comportare, e questo mi ha fatto sentire non solo capita, ma anche al sicuro. Mi rivolgo a tutti gli insegnanti perché spero che tutti gli altri bambini possano ricevere un’accoglienza del genere. Non siate mai indifferenti alla malattia e soprattutto non abbiate paura di conoscerla.”

RACHELE PASQUINI
“Mi è stato diagnosticato il diabete mellito di tipo 1 nel 2020, andavo in terza media ed eravamo in piena pandemia mondiale, quindi diciamo che fin da subito il diabete non l’ho mostrato più di tanto. Ho iniziato le superiori e per il primo anno il diabete è sempre stata una cosa invisibile che mi accompagnava durante tutte le ore scolastiche: io sapevo che c’era, i miei professori sapevano che c’era e anche i miei compagni di classe lo sapevano, ma non ne parlavamo mai. Non conoscevo il diabete e facevo fatica ad accettarlo e mostrarlo alle persone della mia quotidianità, mi ci è voluto tanto tempo e lavoro ma alla fine ho iniziato a fare pace con una diagnosi che mi aveva fatto tanto male, che non avevo accettato ancora del tutto, che non ho ancora accettato del tutto e non so se mai lo farò. Avevo iniziato a fare pace con la diagnosi ma era comunque come se vivessi due vite, una era quella quotidiana, andavo a scuola, studiavo, uscivo con le amiche e facevo sport, l’altra una vita piena di numeri e confusione che molto spesso non riuscivo a controllare perché mi sembrava tutto troppo più grande di me, quella vita che nascondevo e non volevo mostrare agli altri, ma che inevitabilmente influiva sulla mia personalità. Cercavo di farlo capire ai miei professori, cercavo di spiegargli il perché alcune volte sembrassi così estraniata dalla classe, il perché spesso ero così stanca e distratta dopo aver passato nottate a lottare con il mio 250 di glicemia ma loro sembrava proprio non volessero capire. Poi c’erano gli sguardi, gli sguardi della classe quando chiedevo di uscire perché stavo poco bene, gli sguardi dei professori quando il micro suonava alle interrogazioni e alle verifiche e i commenti schifati perché facevo una puntura in classe per poter mangiare, oppure i gesti, ricordo benissimo gli sguardi dei miei professori quando andavo a dirgli che avevo glicemie molto basse, alcuni avevano reazioni indifferenti e mi dicevano che se dovevo mangiare dovevo farlo fuori dalla classe per non disturbare la lezione, altri reazioni esagerate e mi facevano distendere sui banchi. Così ho capito che i miei professori non sapevano niente di diabete, ho iniziato a consigliargli corsi da fare in ospedale e anche a cercare di spiegargli da sola come funzionava, ho cercato di farli entrare nella mia quotidianità e per me è stato un passo importantissimo. Ho anche capito però che quando si mostra una parte così importante di noi stessi si deve capire che ci sono persone che non riusciranno mai a comprendere al 100 per cento, come una mia professoressa, che mi disse che il corso per il mio salvavita non lo avrebbe fatto perché altrimenti poi sarebbe potuta essere scelta come accompagnatrice nelle gite. Ma come si fa a dire una cosa del genere ad una ragazza di 15 anni? Come si fa a dire che preferisci non saper utilizzare il mio salvavita, e quindi non saper intervenire se mai dovesse succedermi qualcosa, solo per non venire in gita? Oppure come un mio altro professore, che si rifiutò di fare il corso perché aveva paura degli aghi. Come puoi dirlo ad una ragazzina che a 13 anni si è trovata a farsene 6 al giorno di iniezioni? I professori come pensano che una persona si senta a sentire queste cose? Fa tanta rabbia, ma non ci si può fare niente. Sono comunque tanto grata, perché a parte alcuni casi molti miei professori non hanno esitato un momento, il corso lo hanno fatto, mi hanno portata in gita e si sono interessati, e per questo non li ringrazierò mai abbastanza anche perché so che ci sono ragazzi meno fortunati di me che in gita non ci possono andare. Ma l’episodio che nella mia esperienza con il diabete a scuola mi ha segnata di più è arrivato a febbraio di quest’anno, ero finalmente risultata vincitrice un bando della scuola che prevedeva un erasmus di un mese a Valencia, ero riuscita a vincere e solo 4 ragazzi di tutte le terze venivano selezionati. Ero felicissima e la mia professoressa di spagnolo mi aveva assicurato che il diabete non sarebbe stato un problema. Poi un giorno vengo convocata dal preside e mi dice che io l'erasmus non posso farlo perché sono diabetica. E' stata un po’ la mia presa di coscienza, il diabete non mi aveva mai ostacolata così tanto nella vita e per la prima volta ho preso coscienza di essere veramente diversa da tutti i miei compagni, e non importa quanto ci provavo, rimanevo sempre un passo indietro. Sapevo che era un'ingiustizia e le ho provate tutte ma lui non provava nemmeno ad ascoltarmi. Ho provato a spiegargli che ero completamente autonoma e che con la tecnologia di oggi arrivare a condizioni critiche è quasi impossibile, ma lui non conoscendo la malattia rimaneva sul no. È stato un periodo abbastanza brutto, sapevo di meritarmi l'erasmus ma allo stesso tempo ero impotente e non potevo farci niente. Mi sono sentita diversa e anche un po’ sola, perché anche se cercavo di spiegare la situazione agli altri nessuno capiva veramente come mi sentivo. Ho lottato tanto, per mesi, con mia mamma, i miei medici e la mia professoressa di spagnolo, scrivendo mail, firmando fogli e parlandoci e alla fine, anche se lui non era molto propenso, l'erasmus l’ho fatto e il diabete non mi ha impedito di fare niente che gli altri miei compagni facessero. Anzi, in questa esperienza il diabete lo devo anche ringraziare perché mi ha insegnato tanto, a prendermi cura di me stessa e ad essere autonoma. Quindi sì, anche se a volte non andiamo d’accordo lo ringrazio. E infine voglio ringraziare voi, voi che oggi siete qui e il corso avete deciso di farlo, e non è una cosa scontata lo so per esperienza. Perché il diabete a volte può fare paura, ma come tutte le cose se si impara a conoscerlo ne fa molta meno”.

15/11/2023 13.38
Comune di Fucecchio


 
 


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