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Non-profit in provincia di Firenze
Nei panni di chi non vede. Quattro classi dell’alberghiero Buontalenti partecipano ad un progetto di formazione alla disabilità visiva
L’iniziativa è organizzata insieme all’Unione italiana ciechi e ipovedenti di Firenze, cui andrà parte del ricavato della serata
Calarsi nei panni di chi non vede per sperimentare in prima persona le difficoltà di chi non ha purtroppo il dono della vista. Giovedì 7 marzo quattro classi dell’istituto alberghiero Buontalenti parteciperanno all’Apericena siciliano al buio, che si terrà nella sede della scuola a San Bartolo a Cintoia.

L’iniziativa è organizzata insieme all’Unione italiana ciechi e ipovedenti di Firenze, cui andrà parte del ricavato della serata.

Il progetto è iniziato però stamani, con una giornata di formazione alla disabilità visiva per i ragazzi a cui hanno partecipato la dirigente Maria Francesca Cellai, il suo vice Adriano Ariani, Niccolò Zeppi, presidente provinciale Uic, e Sandra Minichini, formatrice Irifor e docente della primaria.

“Abbiamo spiegato ai ragazzi come noi ciechi ‘vediamo’ attraverso gli altri sensi e come ‘si accompagna’ un non vedente. Abbiamo parlato di riconoscimento tattile e anche di barriere architettoniche. Insomma, abbiamo fatto in modo che i ragazzi prendano un minimo di confidenza col mondo delle persone non vedenti e ipovedenti. Per questo motivo, abbiamo anche simulato una scena in cui loro sono bendati e, poi, accompagnati ad un tavolo”, spiegano Zeppi e Minichini.

“Quando questi ragazzi andranno a lavorare sapranno così come rapportarsi nei confronti di un non vedente che si presenta al bar o al ristorante”, prosegue Minichini.

Gli studenti hanno appreso una serie di ‘trucchi’, come quello di “sistemare il bicchiere a mezzogiorno, rispetto alla tazzina del caffè” ed hanno imparato a far sistemare al tavolo chi non può vedere.

Poi, la sera del 7 marzo, si ritroveranno avvolti dal buio. E sarà lì che, davvero, dovranno muoversi esattamente come i non vedenti. “Le difficoltà di tipo pratico saranno legate ad esempio a come riuscire a riempire il bicchiere con l’acqua - spiega Minichini -. I giovani sperimenteranno poi quanto cambi la relazione tra i non vedenti. Tra chi vede, quando non ci si conosce, c’è prima uno scambio di sguardi. Ma quando uno non vede? Ecco, per parlare con un non vedente bisogna sempre dire il suo nome. Importante dunque subito presentarsi. Ma poi le strategie possono essere molteplici. Starà ad ogni ragazzo idearle e metterle in pratica”.

“L'importanza di tali iniziative - dice la dirigente, Maria Francesca Cellai, - nasce dall'esigenza di formare i nostri studenti alla diversità, preparandoli ad affrontare con competenza le varie difficoltà che incontreranno nella futura professione. I ristoranti, i bar sono anche luoghi di socialità e non possiamo permetterci che in questo dialogo ci siano degli esclusi. In fondo, empatia significa immedesimarsi negli altri non usando solo i canonici cinque sensi ma anche l'intelligenza ed il cuore”.

29/02/2024 12.39
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