Login

MET



Controlli voce Chiudi controlli
: Volume:  1 Velocità  1 Tono:  1
Arcidiocesi di Firenze
Borsa, graticola e stelle. L'omelia di Gambelli per San Lorenzo
Il testo della predicazione dell'arcivescovo di Firenze proclamata nella Basilica
Le parole della preghiera colletta, che abbiamo recitato all’inizio di questa celebrazione, vogliono aiutarci a cogliere la bellezza e il senso profondo della festa odierna di San Lorenzo: “O Dio, l’ardore della tua carità ha reso san Lorenzo fedele nel ministero e glorioso nel martirio: fa’ che amiamo ciò che egli ha amato e viviamo ciò che egli ha insegnato”. Nella figura dei santi, siamo invitati a riconoscere la forza dell’amore di Dio che trasforma i cuori delle persone, rendendole capaci di compiere il bene non con tristezza, né per forza, ma volentieri, con gioia. Infatti, come ci ricorda san Paolo nella prima lettura, Dio ama chi dona con gioia. Possiamo allora lasciarci contagiare da questa gioia, vincendo la tentazione di pensare che il cammino della santità ci renda meno umani. Dio, al contrario, vuole che noi abbiamo la vita, la vita in abbondanza. Potremmo riflettere sulla figura e sull’esempio di San Lorenzo facendo ricorso a tre immagini (la borsa, la graticola, le stelle).
La borsa ci ricorda il servizio che il diacono Lorenzo svolgeva, verso la metà del III secolo nella comunità cristiana di Roma, come amministratore della cassa. Come ben sappiamo, durante la persecuzione, l’imperatore Valeriano gli promise salva la vita se gli avesse portato i tesori nascosti della Chiesa. L’indomani Lorenzo si presentò a corte con alcuni poveri, dicendo: “Ecco questi sono i nostri tesori eterni, non vengono mai meno, anzi crescono”. Gesù ci dice che laddove è il tuo tesoro, là sarà pure il tuo cuore. Ognuno di noi potrebbe oggi interrogarsi: “Dov’è il mio tesoro?”. Si tratta in definitiva di porsi la domanda sul senso della vita: “Perché vivo?”, o meglio: “Per chi vivo?”. Se siamo onesti, molte volte ci accorgiamo che ci sono tanti idoli nella nostra vita che prendono il posto di Dio: la ricerca dell’avere, del potere, della gloria umana. Proprio a causa di questo, spesso sperimentiamo quegli stessi sentimenti del figlio minore della parabola del Padre misericordioso, che dopo essersi allontanato da casa, si ritrova solo e desideroso di mangiare le carrube di cui si cibano i porci che sta pascolando. È importante in questi momenti saper rientrare in noi stessi, combattere la vergogna e metterci in cammino, sapendo che Dio non ci giudica, ma ci accoglie per quello che siamo. Gesù è quel chicco di grano di cui ci parla il Vangelo di oggi che cade a terra e morendo non rimane solo. Salendo sulla croce egli occupa l’ultimo posto per non lasciarci soli, perché nessuno possa mai sentirsi escluso dal suo amore misericordioso. Lorenzo ha saputo aprirsi alla bellezza di questa buona notizia del Vangelo e parlando dei tesori eterni, rappresentati dai poveri, mostra di aver ben assimilato la parola di Gesù: “Quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi e ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti”. Accogliendo l’amore gratuito del Signore è diventato capace di riconoscere la dignità e la ricchezza di ogni creatura umana, soprattutto quelle dei più piccoli e insignificanti agli occhi del mondo.
La seconda immagine è quella della graticola sulla quale, secondo la tradizione, san Lorenzo fu arso vivo. Si tratta molto probabilmente di un elemento leggendario, con cui fin dall’inizio il martirio di San Lorenzo è stato interpretato come il compimento di un cammino di offerta al Signore. Lorenzo ha vissuto fino in fondo quel culto spirituale di cui parla San Paolo nella Lettera ai Romani, che consiste nel non conformarsi alla mentalità di questo mondo, ma a lasciarsi trasformare rinnovando il modo di pensare per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto (cf. Rm 12,1-2). L’immagine della graticola si avvicina a quella della grata del carcere e anche a quella di una scala. Michelangelo la rappresenta proprio così nell’affresco del Giudizio Universale della Cappella Sistina. La grata e la scala. Nel mese di luglio, più o meno negli stessi giorni, nella nostra città un giovane si è suicidato nel carcere di Sollicciano, mentre un altro si è arrampicato sulle impalcature della cupola del Duomo per fare un video da diffondere sui social. Questi eventi ci interrogano profondamente: da una parte una persona talmente disperata da non trovare più alcun senso alla propria vita fino al punto di togliersela e dall’altra un coetaneo che si espone a incredibili rischi solo per essere visto e incrementare il numero di like sul suo profilo. San Lorenzo, secondo la tradizione, è morto giovane all’età di 33 anni, in nome della fedeltà al Vangelo, dopo aver scalato le vette più difficili dei monti dell’egoismo e dell’indifferenza. Come lui, ancora oggi grazie a Dio, molti giovani sono capaci di gesti coraggiosi di generosità e di solidarietà che non sono certo quello di salire sulla cupola di notte e di nascosto -. Ma noi adulti, sappiamo davvero aiutarli a realizzare i loro sogni più belli? Una strada da percorrere potrebbe essere quella tracciata dal Venerabile Giorgio La Pira che nel suo primo discorso in Consiglio Comunale del 5 luglio 1951, elencava gli obiettivi della Giunta con queste parole: “C’è poi un terzo obiettivo che è forse il più importante. Firenze rappresenta nel mondo qualche cosa di unico. Ora, qual è il bisogno fondamentale del nostro tempo, dopo quelli che vi ho accennato? Dare allo spirito dell'uomo quiete, poesia, bellezza! Tutti quelli che, da qualunque parte del mondo, vengono a Firenze trovano qui la quiete: la trovano nell'aria, nelle linee architettoniche degli edifici, nei volti degli uomini. Firenze ha nel mondo il grande compito di integrare con i suoi valori contemplativi, l'attuale grande civiltà meccanica e dinamica. I nostri grandi scrittori, poeti, artisti hanno assegnato a Firenze questo compito nel mondo e noi faremo il possibile per far diventare la nostra città sempre più il centro dei valori universali”. La quiete sui volti è strettamente legata alla quiete del cuore, a quella pace che si conquista quando impariamo a vincere l’egoismo, l’orgoglio, l'avidità, la falsità a scapito degli altri. La vera via della pace, come ci ricorda papa Francesco è quella che passa dall’impegno perché tutti abbiano una casa, una terra, un lavoro. Vorrei esprimere, in tal senso, la mia vicinanza ai lavoratori di tutte le aziende in difficoltà, come quelli della piana fiorentina coinvolti nella crisi della pelletteria e del comparto moda, e ai dipendenti della ex GKN che chiedono il pagamento degli stipendi e attendono la definizione di un piano che possa concretamente offrire una definitiva e positiva soluzione ai loro problemi.
La terza immagine è quella delle stelle. La notte dedicata al martirio di San Lorenzo è legata in maniera indissolubile al fenomeno delle stelle cadenti. La tradizione ha voluto associarle alle lacrime versate dal santo durante il suo supplizio o ai carboni ardenti su cui subì il martirio. San Paolo nella lettera ai Filippesi esorta i cristiani a essere come astri nel mondo: “Fate tutto senza mormorazioni e senza critiche, perché siate irreprensibili e semplici, figli di Dio immacolati in mezzo a una generazione perversa e degenere nella quale dovete splendere come astri nel mondo, tenendo alta la parola di vita” (Fil 2,14-16). “Se uno serve me, il Padre lo onererà”, ci ricorda Gesù nel Vangelo di oggi. L’immagine della stella mi ricorda una bella storia.
C'era una volta un uomo molto austero e santo che aveva fatto voto di non toccare né cibo né bevanda fino al tramonto. L'uomo sapeva che il suo sacrificio piaceva al Cielo, perché ogni sera sulla montagna più alta della valle, appariva una stella luminosa visibile a tutti. Un giorno l'uomo decise di scalare la montagna e un ragazzo del villaggio insistette per andare con lui. A causa del caldo e della stanchezza, presto entrambi ebbero sete. L'uomo incoraggiò il bambino a bere, ma egli rispose: «Lo farò solo se anche tu bevi». Il pover’uomo era in grave imbarazzo: non voleva rompere il suo voto, ma non voleva nemmeno far soffrire la sete al piccolo. Alla fine bevve e il bambino fece lo stesso. La sera l'uomo non osava guardare al cielo, per paura che la stella fosse scomparsa. Si può quindi immaginare il suo stupore quando, dopo un po' di tempo, alzò gli occhi e vide che sulla montagna brillavano due meravigliose stelle.
Aiutaci, Signore, per intercessione di San Lorenzo martire, a lasciarci trasformare dalla forza del tuo amore fedele e misericordioso, perché vivendo con coerenza la nostra fede possiamo testimoniare che c’è più gioia nel dare che nel ricevere, che le ingiustizie non sono invincibili, che il male si vince solo con il bene. "Allora brillerà fra le tenebre la nostra luce, la nostra tenebra sarà come il meriggio" (Cf. Is 58,10).

10/08/2024 19.31
Arcidiocesi di Firenze


 
 


Met -Vai al contenuto