Arcidiocesi di Firenze
Giubileo della Speranza per il don Gnocchi
L'omelia pronunciata dall'arcivescovo di Firenze Gherardo Gambelli
Di seguito il testo dell'omelia pronunciata sabato 18 ottobre dall'Arcivescovo di Firenze, mons. Gherardo Gambelli, nella Basilica della SS. Annunziata, nella celebrazione eucaristica per il Giubileo della speranza del Centro di riabilitazione “Don Gnocchi” di Firenze. Alla messa hanno partecipato pazienti e familiari, operatori sanitari e amministratori e volontari.
"I santi hanno avuto la consapevolezza che l’intero universo e la nostra vita hanno un fondamento d’amore: l’amore di Dio Padre, che si è manifestato pienamente in Gesù Cristo.
Così fu San Luca, che avendo conosciuto i primi discepoli di Cristo, fu affascinato dalla loro vita, divenendo discepolo lui stesso. Annunciò l’amore di Cristo per i poveri, i malati, gli smarriti, i peccatori.
Così il beato don Carlo Gnocchi, giovane prete di Milano, inizia la sua attività sacerdotale come educatore della gioventù.
In seguito, vive la tragedia della Seconda guerra mondiale, accompagnando come cappellano il Corpo degli Alpini. Nella campagna di Russia fu sul punto di morire assiderato e fu salvato da un soldato.
Tornato a Milano, inizia la sua opera in favore dei mutilatini di guerra e fonda per loro istituti di cura e di formazione.
Poi rivolge la sua opera a favore dei poliomielitici e infine di tutti coloro che hanno bisogno di una qualche riabilitazione.
Lui stesso dice di avere scorto il volto di Cristo negli occhi dei bimbi, dei vecchi e dei morenti.
La sua opera si propone di ricostruire l’integrità della persona malata. Il suo metodo è: Non si cura la malattia, ma la persona che ha una malattia.
Ci vuole competenza medica e compassione, che secondo il senso etimologico della parola, significa patire insieme, portare insieme al malato il peso della malattia. Agire sempre con umanità, facendo agli altri quello che vorremmo fosse fatto a noi.
Oggi la Fondazione don Gnocchi gestisce una trentina di centri in tutta Italia e diversi presidi medici all’estero.
A Firenze è presente dal 1951, quando don Carlo ebbe dallo Stato in comodato gratuito il Collegio di Pozzolatico, e poi nell’attuale sede aperta nel 2011.
L’ultimo atto d’amore di don Carlo Gnocchi fu il dono delle cornee a due non vedenti: un bambino e una bambina di un suo istituto, che recuperarono la vista. Fu il primo trapianto di cornea in Italia, quando ancora non era definita la legislazione in materia.
Il Giubileo si propone di dare conforto e speranza ai pazienti, esprimere gratitudine agli operatori, renderli sempre più consapevoli dell’eredità lasciata da don Carlo, invitarli a contrastare la cultura dello scarto, offrire a tutti l’occasione per chiedere perdono delle mancanze d’amore e la grazia di sentirsi fratelli e sorelle di coloro che sono nella sofferenza.
Nella bolla di indizione del Giubileo della speranza, Papa Francesco ci ha ricordato l’importanza dell’attenzione premurosa ai malati come un cammino di speranza per ricevere attraverso di loro la luce del Signore. «Segni di speranza andranno offerti agli ammalati, che si trovano a casa o in ospedale. Le loro sofferenze possano trovare sollievo nella vicinanza di persone che li visitano e nell’affetto che ricevono. Le opere di misericordia sono anche opere di speranza, che risvegliano nei cuori sentimenti di gratitudine. E la gratitudine raggiunga tutti gli operatori sanitari che, in condizioni non di rado difficili, esercitano la loro missione con cura premurosa per le persone malate e più fragili.
Non manchi l’attenzione inclusiva verso quanti, trovandosi in condizioni di vita particolarmente faticose, sperimentano la propria debolezza, specialmente se affetti da patologie o disabilità che limitano molto l’autonomia personale. La cura per loro è un inno alla dignità umana, un canto di speranza che richiede la coralità della società intera».
In questo luogo di pellegrinaggio dedicato alla SS.ma Annunziata vogliamo affidare a Maria, madre di Gesù e madre nostra tutte le nostre preoccupazioni, i dolori e le attese. Come avvenne a Guadalupe nel 1531, ancora oggi Maria continua a ripetere a ognuno di noi: “Non ci sono forse qui io che sono tua madre?”. Aiutaci Maria a confidare nella tua intercessione, a sapere che Gesù è con noi tutti i giorni della nostra vita e ci dona il pane quotidiano, la forza per compiere la sua volontà nell’amore, la luce per camminare nella speranza, la fede per fare esperienza fin da ora della salvezza eterna".
18/10/2025 16.28
Arcidiocesi di Firenze