Musei Statali
Un nuovo capolavoro agli Uffizi. È Il mendicante moro di Giacomo Ceruti, il “pittore degli ultimi”
Il dipinto dell’originale artista settecentesco, noto per le sue avanguardistiche e realistiche rappresentazioni di persone appartenenti alle fasce sociali più umili, è stato appena acquistato dalle Gallerie degli Uffizi
Il mendicante moro
Giacomo Ceruti (Milano, 1698 – 1767)
117,5 × 93,5 cm
Olio su tela
1725–1730
Monumentalità, emozione, umanità
Lo sguardo del Mendicante moro, opera del pittore settecentesco Giacomo Ceruti, celebre per le sue raffigurazioni avanguardistiche che, con uno sguardo già borghese, si rivolgono al popolo dotando anche i più umili di individualità, è un distillato unico di composta intensità formale e sostanziale.
L’opera, realizzata dall’artista milanese nella prima metà del XVIII secolo, è appena entrata a far parte della collezione degli Uffizi. La nuova acquisizione, oltre ad arricchire il museo di un ulteriore capolavoro destinato a entrare nell’immaginario collettivo, ha un’importanza particolare anche per la completezza delle raccolte: fino ad oggi, infatti, le Gallerie possedevano soltanto un altro dipinto di Ceruti – Ragazzo con cesta di pesci e granseole, realizzato circa dieci anni dopo il Moro – di rilievo minore rispetto a quest’opera.
Il soggetto e la forza espressiva
Protagonista della tela è un uomo che, pur vestito di stracci e colto nel gesto di chiedere l’elemosina, viene rappresentato da Ceruti con la stessa solennità e dignità formale riservata ai ritratti nobiliari.
La fisionomia è indagata con estremo verismo: il fulcro emotivo del dipinto sono gli occhi, pupille nerissime in contrasto con la sclera candida — sofferenti, stanchi, ma allo stesso tempo vivi.
Il valore emotivo dell’opera risiede sia nella resa realistica del volto, chiaramente tratto da un soggetto reale, sia nello sguardo, che esprime una partecipazione umana profonda e priva di pietismo. Ceruti non mostra curiosità esotica, ma empatia e rispetto per l’individualità del suo modello, rivelandone la dignità interiore.
Contesto storico e artistico
Durante il Rinascimento e il Barocco, soggetti di origini africane compaiono con una certa frequenza nell’arte italiana — dai Magi ai paggi, fino alle ancelle dalla pelle scura.
Nel XVIII secolo, la rappresentazione più comune era quella dei cosiddetti “mori”, figure decorative presenti nella statuaria e nell’architettura. Spesso raffigurati mentre reggono piatti, urne o vasi, e vestiti con costumi moreschi o turchi, evocavano i servitori di corte dell’epoca.
In netto contrasto con questa tradizione ornamentale, il Mendicante moro di Ceruti restituisce invece un volto autentico e umano, inaugurando una nuova sensibilità nel modo di rappresentare le persone di umili origini.
10/11/2025 10.11
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