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Legautonomie Toscana
PRIME VALUTAZIONI SUI PROVVEDIMENTI TREMONTI-GELMINI DOPO LA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE N. 200 DEL 2 LUGLIO 2009
Legautononie: "Autonomie locali protagoniste per lo sviluppo economico e sociale delle rispettive comunità"
Una sentenza che riconosce e consacra la funzione fondamentale e la responsabilità istituzionale delle autonomie regionali e locali per la scuola, sottolineandone il ruolo di protagoniste per lo sviluppo economico e sociale delle rispettive comunità.
E’ questo, in estrema sintesi, il nucleo essenziale della significativa sentenza n.200 del 24 giugno 2009 della Corte Costituzionale che, decidendo sui ricorsi proposti da alcune Regioni, ha dichiarato illegittime le lettere f-bis e f-ter del comma 4 dell’art.64 della legge 133/08.
Anche se la Corte in questa sentenza ha affrontato soltanto un primo e preliminare aspetto del complesso “pacchetto scuola” dell’attuale governo, la pronuncia assume grande importanza poiché ha chiarito e definito il quadro relativo all’articolazione delle responsabilità istituzionali sulla scuola.
Ne discende ora la necessità di impostare per questo settore, di così vitale importanza per la società italiana e per le sue comunità territoriali, un rapporto di effettiva ed efficace “leale collaborazione” tra le diverse istanze istituzionali; un rapporto che non potrà essere più concepito in termini, più o meno larvati, di sovra ordinazione o di impropria gerarchia (praticata anche se non conclamata), tra lo Stato e i diversi livelli autonomistici che costituiscono, con pari dignità, la Repubblica. Un rapporto in cui la cooperazione istituzionale si realizza attraverso un aperto, non formale, e dunque fecondo incontro dialettico, in grado di contemperare tutte le diverse esigenze da considerare.
L’impegno comune sarà dunque quello di ricercare una sintesi adeguata a quelle esigenze, per promuovere da un lato lo sviluppo locale e dall’altro, nel quadro strategico complessivo delineato nella sua responsabilità dal governo nazionale, l’efficace integrazione delle diverse potenzialità regionali in una sinergia tra esperienze e modelli, non necessariamente sovrapponibili, ma tutti ugualmente capaci di arricchire il fondamentale patrimonio nazionale dato dalle risorse umane che soprattutto la scuola può conservare e incrementare nell’interesse di tutti.

L’enfasi posta su questo aspetto del giudizio della Corte non può, tuttavia, farci trascurare gli altri importanti tasselli di un mosaico che si va delineando con maggiore nettezza rispetto al passato, ma che ancora è ben lontano dal considerarsi interamente definito. Per l’assetto compiuto del quadro istituzionale della nostra scuola sarà necessario attendere l’esito dell’annunciato e prevedibile contenzioso che potrà derivare, e la stessa Corte non ne esclude l’eventualità, da altri delicati aspetti dell’irrituale e assai poco lineare procedimento normativo adottato con l’obiettivo prioritario di assicurare, con opzione che ha illegittimamente assorbito perfino il rispetto di elementari regole giuridiche, il conseguimento di risultati di finanza pubblica, anche in sé discutibili.
I ricorsi proposti dalle Regioni, come è noto, riguardavano, in questa prima fase, la contestazione, con argomentazioni diverse ma tutte sostanzialmente coincidenti, dell’invasione, operata dall’art.64, nelle materie attribuite costituzionalmente alla legislazione concorrente e dunque alla competenza regionale.
E’ dunque rimasta per il momento estranea alla valutazione della Corte Costituzionale ogni pur possibile censura sulla legittimità del processo di delegificazione che, sempre in base all’art.64, investe le materie attinenti le norme generali sull’istruzione.

La Corte, tuttavia, esplicitando i motivi della decisione, ha esaminato anche i criteri proposti per la delegificazione dal comma 4 dell’art.64:
a) razionalizzazione ed accorpamento delle classi di concorso, per una maggiore flessibilità nell'impiego dei docenti;
b) ridefinizione dei curricoli vigenti nei diversi ordini di scuola anche attraverso la razionalizzazione dei piani di studio e dei relativi quadri orari, con particolare riferimento agli istituti tecnici e professionali;
c) revisione dei criteri vigenti in materia di formazione delle classi;
d) rimodulazione dell'attuale organizzazione didattica della scuola primaria ivi compresa la formazione professionale per il personale docente interessato ai processi di innovazione ordinamentale senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica;
e) revisione dei criteri e dei parametri vigenti per la determinazione della consistenza complessiva degli organici del personale docente ed ATA, finalizzata ad una razionalizzazione degli stessi;
f) ridefinizione dell'assetto organizzativo-didattico dei centri di istruzione per gli adulti, ivi compresi i corsi serali, previsto dalla vigente normativa;
f-bis) definizione di criteri, tempi e modalità per la determinazione e l'articolazione dell'azione di ridimensionamento della rete scolastica prevedendo, nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente, l'attivazione di servizi qualificati per la migliore fruizione dell'offerta formativa;
f-ter) nel caso di chiusura o accorpamento degli istituti scolastici aventi sede nei piccoli comuni, lo Stato, le regioni e gli enti locali possono prevedere specifiche misure finalizzate alla riduzione del disagio degli utenti.

E’ bene aver presente dunque in proposito, che la Corte, pur riconoscendo l’appartenenza all’area delle norme generali sull’istruzione (di competenza statale) delle materie elencate dalla lettera a) alla lettera f) dell’art.64, non è entrata nel merito, né avrebbe potuto farlo sulla base del tema da decidere nei procedimenti promossi dai ricorsi delle Regioni, della correttezza e legittimità dei criteri e dei principi delegificanti la normativa attinente le norme generali sull’istruzione, né dunque – tanto meno – del rispetto dei principi costituzionali in materia di delega sulle fonti normative. Per non dire di tutte le altre questioni aperte di legittimità degli atti amministrativi, estranee alla competenza della Corte Costituzionale, e di competenza dei Giudici ordinari ed amministrativi.

Resta dunque una amplissima area di questioni di legittimità, anche costituzionale, sulle quali dovranno pronunciarsi i giudici: mentre alcune iniziative in merito sono state annunciate (anche dalle stesse Regioni dinanzi alla Corte Costituzionale per conflitto di attribuzioni), altre potranno essere assunte, da parte di tutti i soggetti interessati: enti locali, organizzazioni sindacali, docenti, altri lavoratori.

La Lega, per l’importanza che annette alle questioni aperte sulla scuola, oltre ad aver attivato un gruppo di lavoro composto da esperti del settore per fornire ogni informazione e/o documentazione utile, sarà a fianco degli enti locali che intendessero assumere iniziative giudiziarie.
A questo scopo, sottoscriverà nei prossimi giorni una convenzione con l’Associazione “Rete Legale per le Autonomie ”, un network di studi legali con sede in Roma (presso avv. Sebastiano Capotorto – Piazza Mazzini n. 27 – 00195 Roma), che si è resa disponibile, e che potrà essere contattata ai seguenti indirizzi di posta elettronica:

sebastianocapotorto@yahoo.it
avvocatolorusso@studio-lorusso.it


Le possibili iniziative legali

L’illegittimità dei provvedimenti posti in essere dal governo consente a tutti gli interessati – Regioni, Enti Locali, organizzazioni professionali e/o sindacali, lavoratori docenti e non docenti, genitori – di opporsi utilmente alla loro efficacia con gli strumenti, giurisdizionali e non, che indichiamo di seguito:

a) Diffida ai Direttori Generali, Dirigenti degli Uffici Scolastici Provinciali e Dirigenti Scolastici a non applicare le circolari ministeriali applicative di atti illegittimi o addirittura inesistenti.
b) Diffida al Ministro perché si astenga dal continuare a sollecitare l’applicazione di atti illegittimi o addirittura inesistenti.
c) Impugnativa davanti al TAR del Lazio dei regolamenti governativi (anche in quanto disciplinano i criteri per la determinazione degli organici regionali e provinciali).
d) impugnativa dinanzi ai TAR territorialmente competenti degli atti di esecuzione dei regolamenti governativi.
e) Impugnativa davanti al Giudice del Lavoro territorialmente competente per contestare le eventuali dichiarazioni di soppressione e/o i trasferimenti di ufficio.

I ricorsi avverso i regolamenti

Finora è stato pubblicato (in data 2 luglio) il DPR n. 81 del 20 marzo 2009, peraltro dichiarato parzialmente incostituzionale e, a nostro avviso, da ritenere travolto dalla sentenza della Corte n. 200 del 2 luglio 2009. Se il Governo non lo ritira, potrà essere impugnato con ricorso al TAR del Lazio per contestarne la legittimità anche (ma non solo) alla luce di quella pronuncia.
Possono impugnarlo in primo luogo direttamente dinanzi alla Corte Costituzionale le Regioni alle quali il regolamento, come ha riconosciuto la Corte con la sentenza 200/09, ha illegittimamente sottratto la competenza legislativa attribuita dall’ art. 117 Cost.
Possono altresì impugnarlo dinanzi al TAR Lazio, oltre alle Regioni, anche Comuni e Province e tutti gli altri soggetti interessati.


Ricorsi al Giudice del lavoro avverso i trasferimenti di ufficio e le mancate nomine per effetto delle soppressioni dei posti.

Le cause devono essere promosse dai singoli insegnanti, assistiti da un legale, in relazione alla loro specifica posizione davanti al Tribunale del luogo di servizio.
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La Rete Legale per le Autonomie - ReLegA è a disposizione per suggerimenti, assistenza, ed eventuali iniziative giudiziarie (anche, se necessario, di domiciliazione a Roma per iniziative assunte da altri legali dinanzi a giudici di diversa competenza territoriale).
La Rete Legale per le Autonomie – ReLegA ha sede presso l’avv. Sebastiano Capotorto – Piazza Mazzini n. 27 – 00195 Roma, e potrà essere contattata ai seguenti indirizzi di posta elettronica:
sebastianocapotorto@yahoo.it
avvocatolorusso@studio-lorusso.it


22/07/2009 13.56
Legautonomie Toscana


 
 


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