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L’ERETICO TARTAGLIA TRA POESIA E PENSIERO
Convegno alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze con interventi di Sergio Givone, Adriano Marchetti e Marco Marchi. Sarà presentato il libro d’artista in 21 esemplari Ferdinando Tartaglia – Poesie inedite con 6 xilografie originali di Giampiero Guerri
‘Tra poesie e pensiero – l’eretico Ferdinando Tartaglia’ è il titolo di un importante convegno in programma giovedì 29 ottobre (ore 17) alla Biblioteca nazionale centrale di Firenze (Tribuna galileiana) sulla figura del leggendario ma misconosciuto prete, nonché poeta, teologo e pensatore anarchico, scomunicato nel 1946 e poi riabilitato poco prima della morte nel 1988.
Una iniziativa pensata e coordinata dalla presidente della Fondazione il Fiore Maria Grazia Beverini Del Santo, che prevede, dopo il saluto di Antonia Ida Fontana, direttrice della Biblioteca nazionale centrale di Firenze, gli interventi di Sergio Givone sul tema “Il passato e il futuro della religione secondo Tartaglia”, di Marco Marchi su “Le parole e l’origine” e di Adriano Marchetti, uno dei massimi studiosi di Tartaglia, su “L’invenzione poetica di Ferdinando Tartaglia”. Nell’occasione sarà presentato al pubblico il libro d’artista in 21 esemplari ‘Ferdinando Tartaglia – Poesie inedite’, a cura di Adriano Marchetti, con 6 xilografie originali di Giampiero Guerri, e Barbara Nomellini porterà il saluto di Germaine-Helèn Muhlethaler-Tartaglia, sua moglie e compagna di vita per diversi anni.
Come sostenuto da Roberto Saviano in un suo scritto del 2005 ‘Ferdinando Tartaglia – Fenomenologia di un’eresia anarchica’ (www.robertosaviano.it/documenti/9061/), Tartaglia è impossibile da etichettare, “potrebbe legittimamente essere fregiato d’ogni titolo e sfregiato d’ogni insulto”: “l’eretico, l’agitatore, il chierico studioso, l’eremita sessuofobo, il ripudiato, il riconciliato, l’anarchico, il politico rinnovatore, il poeta sublime, l’inetto freddoloso, il satiro fastidioso, il militante romantico”.
Nato a Parma nel 1916, è precocissimo sia come poeta che nella vocazione religiosa. A 15 anni riesce ad entrare in seminario a Parma per poi trasferirsi a Roma dove si laurea in teologia e nel 1939 viene ordinato sacerdote. In tutto il periodo precedente aveva già scritto moltissimo: poesie, saggi o abbozzi, frammenti vari. Ma soprattutto versi, visto che la sua produzione poetica risale quasi interamente a questi anni. E si tratta di grande poesia, perché “Tartaglia è un poeta di razza. – come dice Saviano – Un versatore grandioso. La sua parola non celebra, non ricorda, non bacia bellezze né vuole esser arte perfetta e intonata” e “l’urgenza religiosa - secondo Marchetti – non lascia spazio a una scrittura di fantasia, ma esige un lavoro di scavo sul piano del suono e del segno […] che accoglie molte stratificazioni, cadenze, calchi, gerghi, citazioni, devianze, deliri di assonanze e allitterazioni, metafore e metonimie, cortocircuiti logici”.
Dopo pochi anni di sacerdozio, durante i quali entra in contatto fra l’altro con l’eretico Ernesto Bonaiuti, viene scomunicato: è il 1946. Nel frattempo, si era trasferito a Firenze dove dal 1943 aveva iniziato una collaborazione con il pacifista Aldo Capitini ai Centri di orientamento sociale da lui fondati: delle specie di cellule di una nuova comunità aperta, dei luoghi di educazione al dialogo in cui tutti potevano partecipare liberamente. Nel 1947 dà vita insieme a Capitini al Movimento di Religione, che si oppone frontalmente alla Chiesa cattolica e propone una prospettiva politica anarcoide che intende oltrepassare sia l’individualismo capitalista che il collettivismo comunista. Ma nel 1949 l’esperienza di questo movimento è già conclusa: Tartaglia ne esce e fonda il Centro per la realtà nuova, sede dell’omonima casa editrice, a cui si dedicherà per il resto della vita. Una vita sempre più appartata e per alcuni anni vissuta insieme alla moglie Germaine-Helèn Muhlethaler, da cui poi si separerà pur mantenendo buoni rapporti.

Per informazioni,
Fondazione Il Fiore.
Tel: 055 224774, www.fondazioneilfiore.it

Postafazione al Libro d'Artista:
Ferdinando Tartaglia, Poesie inedite, a cura di A. Marchetti, con 6 xilografie originali di Giampiero Guerri


Il volto nascosto di Ferdinando Tartaglia

Il leggendario prete colpito sul finire della seconda guerra dalla massima scomunica, era nato a Parma nel 1916. Alla sua morte avvenuta a Firenze nel 1988 ha lasciato un’opera immensa quasi interamente ancora inedita. Essa comprende due grossi blocchi che s’illuminano reciprocamente: alcune migliaia di poesie e altrettante pagine che trattano argomenti di carattere filosofico, teologico, politico, scientifico, estetico. Dalla “consistenza noumenica” del linguaggio trae origine e destinazione ogni prova di superamento che sia in grado di “ fruire non solo del noto ma anche dell’ignoto”, attraverso tutte le “translinguazioni materiali del Discorso”, verso un ‘oltre’, “contro il non parlare universale, contro il vecchio clamore che tanto più cresce tanto meno dice, contro il vertice del silenzio”.
Forse è nell’opera di poesia – redatta perlopiù nei primi anni Trenta, durante la prima adolescenza – che si rivela maggiormente il volto nascosto di Ferdinando Tartaglia, là dove la parola è ‘ancora’ mancante di senso – non insensata secondo l’intonazione di una sperimentazione avanguardistica – ma il cui senso è perpetuamente da attendere. Né autobiografismo, né eterobiografismo. “Autobiografia è vacanza morta, oramai”, avverteTartaglia. La poesia mostra, sottraendosi alla logica oggettiva e soggettiva, le zone d’ombra e i livelli invisibili del pensare e tende a pronunciare l’ineffabile come in una sillabazione infantile. La parola, rimasta orfana, con le sue collere e imprecazioni, le sue invenzioni e ridondanze, velata da un dolore che supera le condizioni temporali in cui si situa, chiama dalla sua assenza la sua dicibilità.
L’esilio gnostico o eretico è accesso al dettato di questo verbo, non più pensato come l’unificante o il logos raccogliente bensì come autogerminazione e proliferazione della lingua, come entropia, riverberazione inesausta e disincantata nel suo stesso disincanto.
In Tartaglia l’urgenza religiosa non lascia spazio a una scrittura di fantasia, ma esige un lavoro di scavo sul piano del suono e del segno (non l’onomatopeico né il fonosimbolismo) che accoglie molte stratificazioni, cadenze, calchi, gerghi, citazioni, devianze, deliri di assonanze e allitterazioni, metafore e metonimie, cortocircuiti logici. Le parole, “intralacerate per endodistanziazione pura”, non mirano tanto agli effetti anomali di un registro espressionistico, quanto piuttosto a tradurre una pura ‘delogazione’ del logo.

Adriano Marchetti

26/10/2009 15.42
Supervisore


 
 


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